6 Lug 2022

La teoria dell’evoluzione va ripensata? – #556

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La teoria dell’evoluzione moderna, che mette insieme la teoria di Darwin con le scoperte sui geni di Mendel con aspetti della paleontologia e dell’analisi statistica, è alla base della nostra spiegazione su come si è evoluta la vita sulla terra. Solo che sempre più scienziati pensano che non spieghi alcuni aspetti fondamentali e notano al suo interno delle grosse incongruenze. Siamo forse sul punto di vedere dei grossi cambiamenti nel campo della biologia?

Visto che sotto la puntata di ieri, in cui proponevo una puntata speciale sulla teoria dell’evoluzione, sono arrivati parecchi commenti entusiasti, ho pensato di farla subito, prima che scemasse l’entusiasmo. Partiamo da un articolo davvero molto ben fatto del Guardian, che mette in fila tutti gli elementi che abbiamo a disposizione, a partire dalle incongruenze nella teoria attuale. 

L’autore dell’articolo, il giornalista scientifico e ricercatore Stephen Buranyi, parte affermando che per quanto possa sembrare strano, gli scienziati non conoscono ancora le risposte ad alcune delle domande fondamentali su come si è evoluta la vita sulla Terra. E fa l’esempio degli occhi. Da dove vengono esattamente? La spiegazione classica ci dice che questi organi incredibilmente complessi si sono evoluti gradualmente grazie alla spinta delle selezione naturale. Se a una creatura con una vista scarsa capita di produrre una prole con una vista leggermente migliore, grazie a mutazioni casuali, quella piccola parte di vista in più dà loro maggiori possibilità di sopravvivenza. Più a lungo sopravvivono, più hanno la possibilità di riprodursi e di trasmettere i geni che li hanno dotati di una vista leggermente migliore. Alcuni dei loro figli potrebbero, a loro volta, avere una vista migliore di quella dei genitori, rendendo più probabile che anche loro si riproducano. E così via. Generazione dopo generazione, per milioni di anni, i piccoli vantaggi si sommano e alla fine arriviamo ad ottenere creature in grado di vedere bene come gli esseri umani, le aquile, le linci.

Questa è la storia di base dell’evoluzione, raccontata sui libri e accettata come buona dalla maggior parte degli scienziati. Solo che c’è un problema: secondo un numero crescente di scienziati, ci sono diversi buchi ed è complessivamente grossolana e fuorviante.

Tornando all’esempio degli occhi, in genere di parte da metà della storia, senza spiegare come si sia evoluto il primo occhio, e ancor prima come si siano evolute cellule sensibili alla luce, lenti e iridi. E come componenti così delicati e facilmente disgregabili si siano uniti per formare un unico organo. Perché il vantaggio evolutivo arriva dopo, quando l’occhio è bello e fatto, ma come si arriva a creare un occhio? Questo la teoria non lo spiega.

E questo vale per moltissimi organi complessi. ll primo occhio, la prima ala, la prima placenta. E non è l’unico problema legato alla teoria (ma gli altri li vediamo dopo). Per spiegare queste incongruenze è utile dare un’occhiata a come la teoria dell’evoluzione si è… evoluta!

Nei primi anni del Novecento, spiega il Post, nacque l’esigenza di mettere ordine in numerose discipline scientifiche, elaborando degli impianti teorici che tenessero insieme i frutti delle scoperte effettuate fino ad allora, in modo da presentarli in modo organico e condiviso. I campi della fisica e della chimica si erano già dotati da tempo di teorie e leggi fondamentali, mentre la biologia era rimasta un po’ indietro e c’era il timore che le sue varie sottodiscipline rimanessero separate tra loro riducendo le possibilità di scambio di conoscenza.

La teoria dell’evoluzione delle specie di Darwin sembrava la candidata ideale per diventare uno dei fondamentali della biologia, ma già verso la fine dell’Ottocentoera considerata incompleta perché non spiegava come avvenisse il passaggio di determinate caratteristiche attraverso le generazioni. E fu solo grazie alla riscoperta degli studi di Gregor Mendel sui caratteri ereditari che fu possibile iniziare a colmare le lacune lasciate irrisolte da Darwin, aggiungendo però alcune complicazioni alla sua teoria.

Al tempo stesso, l’unione delle due teorie dava vita a nuove complessità, perché il fatto che alcune variazioni casuali non passassero necessariamente alla generazione successiva ogni volta ma si perdessero era difficile da integrare nella teoria darwinista. 

Alla fine si decise di non risolvere il problema o, meglio, di mettere insieme alcuni dei capisaldi sull’evoluzione da Darwin in poi in una sorta di teoria evoluzionistica rivista e aggiornata che fu chiamata “Sintesi moderna dell’evoluzione” che mette assieme la teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale di Darwin, le scoperte sull’ereditarietà di Mendel, le evidenze fornite dallo studio delle specie antiche e le caratteristiche genetiche delle popolazioni con la loro rilevanza statistica.

Intanto la biologia iniziava a essere sempre più diffusa come disciplina nelle università e nei centri di ricerca, con le scoperte sul DNA e la sintesi moderna divenne il suo principale punto di riferimento. E lo è ancora oggi. Sebbene siano sempre di più gli scienziati che notano diverse incongruenze.

Abbiamo già parlato all’inizio della sua difficoltà nello spiegare, all’interno di una teoria lineare e basata sulla gradualità, i salti evolutivi che hanno portato alla creazione, ad esempio, degli organi complessi. Un altro enorme problema sono le tempistiche: i tempi della selezione naturale basata sul caso dovrebbero essere molto più lunghi di quelli che osserviamo nella realtà Addirittura ci sono studi che mostrano come alcuni adattamenti evolutivi al contesto, che secondo la teoria dovrebbero richiedere migliaia o milioni di anni, avvengano persino all’interno di una singola generazione. 

Un esempio? Il Polypterus senegalus è un pesce dotato sia di branchie sia di polmoni, per quanto molto primitivi, che può respirare sia dentro che fuori dall’acqua, anche se preferisce di gran lunga rimanere immerso. Un gruppo di ricerca ha provato a prendere alcuni giovani esemplari che avevano sempre vissuto immersi e a lasciarli fuori dall’acqua. Hanno notato un rapido cambiamento delle loro caratteristiche: alcune strutture ossee, i muscoli e le pinne hanno subìto mutazioni per rendere più semplici i movimenti fuori dall’acqua; i polmoni si sono espansi e gli altri organi interni si sono spostati per rendere possibile questa crescita polmonare. Tutto ciò all’interno del ciclo di singoli individui.

Quindi sembra che il contesto agisca come una leva sui geni, ed è plausibile che le mutazioni non siano esclusivamente casuali.

Infine c’è l’epigenetica, quella branca della genetica che studia come alcuni avvenimenti (malattie, traumi) possano alterare l’attività dei geni, senza che però avvenga una mutazione nella sequenza del DNA, e come ciononostante queste modifiche passono essere poi trasmesse ad altre generazioni.

Tutte queste cose hanno portato già nel 2014 otto scienziati a pubblicare sulla rivista Nature un articolo che si chiedeva: “La teoria evolutiva ha bisogno di un ripensamento?” e si rispondeva “Sì, con urgenza”. Chiedevano una nuova concezione dell’evoluzione che fosse più flessibile, meno dogmatica e tagliata con l’accetta e potesse fare spazio alle nuove scoperte. Il nome che hanno dato a questo nuovo quadro Sintesi Evolutiva Estesa.

La sintesi evolutiva estesa non vuole riscrivere da zero tutta la teoria evolutiva. Ci sono alcuni principi evolutivi fondamentali che nessuno scienziato mette seriamente in discussione. Tutti, ad esempio, concordano sul fatto che la selezione naturale svolge un ruolo, così come la mutazione e il caso. Il loro punto è la pretesa della teoria moderna di spiegare esattamente come questi processi interagiscono è velleitaria e grossolana, perché in realtà non solo non sappiamo come interagiscono, ma potrebbero essercene molti altri che ignoriamo completamente e che svolgono un ruolo nell’evoluzione. Solo che all’interno di una teoria già bella e confezionata non c’è spazio né per ricercarli né per integrarli. 

Lì per lì la proposta degli otto scienziati sollevò un piccolo polverone nel mondo scientifico, ma fu ben presto accantonata. Solo che nel frattempo le prove a favore della necessità di una rivisitazione della teoria dell’evoluzione moderna sono aumentate e sono diventate un po’ troppe per essere ignorate. Nel mondo scientifico si sono ormai create 2-3 fazioni distinte, la prima che difende a spada tratta la teoria dell’evoluzione così com’è, la seconda che invece ne vuole rivedere profondamente le basi, e poi c’è chi cerca in qualche modo di mediare fra le due. C’è anche chi ritiene che sia sbagliato cercare un’unica teoria che metta tutto assieme e che sia meglio assecondare lo sviluppo delle singole discipline.

Ovviamente ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro. Fatto sta che la biologia sembra essere sul punto di compiere un passaggio storico, e solo la storia ci dirà di che portata è stato. Mi viene in mente quel periodo verso la fine dell’Ottocento in cui gli scienziati pensavano che la fisica teorica fosse quasi giunta a conclusione e che fossimo in grado di spiegare ogni processo. Mancavano solo 2-3 robe che non tornavano, come ad esempio lo spettro di emissioni elettromagnetiche dei materiali al variare della temperatura. Ecco da quelle inezie, da quelle due tre robe emersero due teorie che avrebbero rigirato la fisica come un calzino: la teoria della relatività (anzi le teorie della relatività) e la meccanica quantistica.  

Io non so se per la biologia siamo di fronte a un momento simile. probabilmente no. Ma pur sempre eccitante vedere uno dei capisaldi della scienza contemporanea vacillare sotto i colpi della ricerca.

FONTI E ARTICOLI

#evoluzione
The Guardian – Do we need a new theory of evolution?
il Post – La teoria dell’evoluzione va ripensata?

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