11 Ott 2022

La vendetta di Putin – Io Non Mi Rassegno 597

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Dopo l’attacco ucraino di sabato al ponte che collega Russia e Crimea, la vendetta russa non si è fatta attendere. Una pioggia di missili è caduta su Kiev e altre città provocando morte e devastazione. E fra le righe dei discorsi di Putin e altri ministri russi si può cogliere un cambio di strategia. Intanto continua la diatriba in Europa sul gas, mentre il continente – e il mondo intero – rischia di sprofondare nella recessione economica. Intanto due articoli svelano le conseguenze del caldo estremo in Inghilterra e delle inondazioni in Pakistan. E mentre l’Icao millanta strategie per voli aerei a emissioni nette zero, l’associazione professionale degli avvocati inglesi fa una proposta rivoluzionaria: e se dessimo diritti legali anche ad altri animali, alberi, fiumi ed entità inanimate?

KIEV SOTTO ATTACCO, PUTIN SI VENDICA PER IL PONTE IN CRIMEA

Da ieri mattina è partita una violenta ritorsione – o una vendetta – russa per il ponte fatto esplodere in Crimea da parte degli ucraini. L’attacco – scrive il Post – è iniziato alle 8,30 (le 7:30 in Italia), con l’esercito russo che ha bombardato un’area centrale di Kiev e numerose altre città, con decine di missili che hanno colpito obiettivi civili. 85 in tutto sarebbero i missili lanciati nella giornata, una vera e propria pioggia. A sera, alte colonne di fumo si levavano dal centro. Le stazioni della metropolitana sono state subito adibite a rifugi.

Oltre che a Kiev, sono state segnalate esplosioni a Dnipro, Leopoli, Zaporizhzhia e diverse altre città, con numerosi morti e feriti, secondo quanto riportato dallo stesso presidente ucraino Zelensky. È un attacco indirizzato esclusivamente a obiettivi civili, che non ha scopo di colpire elementi strategici (tipo depositi di armi o quartier generali dell’esercito, come a volte avviene), ma semplicemente di mostrare i muscoli e spaventare l’avversario. Kiev, in particolare, non veniva bombardata da diversi mesi e si respirava un clima di semi-normalità, dopo gli attacchi nelle prime settimane della guerra.

Ieri commentavamo dei messaggi abbastanza espliciti mandati dal governo americano a quello ucraino, con Washington che ammoniva Kiev di non esagerare e non portare attacchi sul suolo russo (attacchi come quello del ponte in Crimea, ma anche come l’omicidio della giornalista Darya Dugina). La linea di Washington sembra delinearsi in quel limbo sottile che sta fra il fornire tutte le armi e gli aiuti necessari all’Ucraina per respingere l’invasione, ma al tempo stesso scoraggiare la volontà di andare oltre, farsi prendere la mano (soprattutto adesso che le cose militarmente sembrano sorridere agli ucraini) e sconfinare in territorio russo. 

Fatto sta che uno dei motivi ipotetici per cui l’amministrazione Biden voleva evitare che l’Ucraina si spingesse troppo oltre era proprio scongiurare violente ritorsioni, cosa che puntualmente è avvenuta. E il fatto che si sia trattato di una ritorsione, una vendetta, non è un’ipotesi campata in aria, anzi non è nemmeno un’ipotesi. Lo ha detto proprio papale papale il presidente russo Vladimir Putin. Spiega l’inviato del Corriere della Sera Mauro Imarisio: “Poco prima dell’inizio della riunione del Consiglio di sicurezza, Vladimir Putin ha fatto un breve discorso, trasmesso in diretta sui principali canali televisivi. Non ha usato la parola vendetta per giustificare i bombardamenti ancora in corso su tutta l’Ucraina, ma ci è andato molto vicino”.

Nell’articolo di Imarisio ci sono due aspetti che mi hanno colpito. Il primo è la dialettica di Putin che parla dell’attacco come di terrorismo e dice senza mezze misure che «l’Ucraina si è praticamente posta allo stesso livello delle formazioni terroristiche internazionali». Stesso registro usato dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Medvedev, che ha dichiarato: “La risposta della Russia all’atto terroristico compiuto dallo Stato fallito dell’Ucraina colpendo il ponte di Crimea è “la distruzione diretta dei terroristi”. Usare questo termine secondo il giornalista del Corriere non è un fatto casuale, ma è indice dell’intenzione di trattare gli ucraini come la Russia ha trattato i terroristi negli ultimi anni, come l’Isis, che la Russia ha combattuto in Siria con bombardamenti a tappeto, oppure come i ribelli ceceni alla fine degli anni Novanta. 

L’altro aspetto interessante – si fa per dire – dell’analisi è che questa risposta molto violenta – di Putin – non parlo del discorso ma dei bombardamenti – sarebbe tesa principalmente a soddisfare l’ala ultranazionalista della società e delle istituzioni russe, che negli ultimi tempi sta facendo forti pressioni sul Cremlino. In pratica c’è tutto un pezzo della società russa che addirittura considera la strategia di Putin troppo morbida e sta diventando insofferente verso gli insuccessi militari, e la tendenza verso l’estremizzazione del conflitto da parte del Cremlino potrebbe essere in parte dovuta anche alla necessità di tenere a bada la situazione interna.

Vi leggo qualche esempio tratto sempre dall’articolo del Corriere: Sergey Aksionov, deputato russo capo della Repubblica di Crimea, ha commentato così: «Finalmente è cambiato l’approccio all’Operazione militare speciale. È dal primo giorno che lo ripeto: se azioni come queste, fatte per distruggere le infrastrutture del nemico, fossero state compiute ogni giorno, a maggio sarebbe già finito tutto e il regime di Kiev non esisterebbe più. Spero soltanto che il nostro ritmo non rallenti».

Ramzan Kadyrov, presidente della Cecenia che sta cercando di scalare posizioni nel cosiddetto partito della guerra totale ci va giù ancora più pesante: «Tu, miserabile Zelensky, cosa ti aspettavi? Di cosa ti lamenti? Cosa pensi, che tu puoi e gli altri no? Ti avevamo avvertito, Zelensky, che la Russia non ha ancora cominciato a fare sul serio, e allora basta lamentarti come un gaglioffo, ma siccome non sei ancora saltato per aria, fai meglio a fuggire. Corri Zelensky, corri, datti alle gambe senza voltarti indietro, fuggi verso l’occidente, se ci riesci. Ora sì che sono finalmente soddisfatto di come sta andando la nostra Operazione militare speciale».

IL GOVERNO TEDESCO PAGHERÀ LA BOLLETTA DEL GAS DI DICEMBRE 

Torniamo a parlare di gas, di prezzo del gas nello specifico. Mentre l’Unione europea continua a rimanere appesa e impantanata senza trovare un accordo, prosegue la politica dell’”ognuno per sé Dio per tutti” guidata dal governo tedesco. Scrive il Guardian che “Lo Stato tedesco pagherà l’intera bolletta mensile del gas di dicembre per tutte le famiglie e le piccole e medie imprese”.

In realtà non si tratta ancora di una misura approvata, ma di una proposta di un comitato di esperti a cui il governo ha dato il compito di formulare un piano per il prezzo del gas. È comunque probabile che il governo seguirà quanto proposto. Questa misura rientra nel famoso piano da 200 miliardi per contenere il prezzo del gas (o meglio per non far pesare gli aumenti sulle spalle dei cittadini e delle cittadine) annunciato dal cancelliere Sholtz a fine settembre. A questo rimborso totale una tantum seguirebbe, la prossima primavera, uno schema di sovvenzioni più differenziato, progettato per limitare le bollette ma incentivare comunque i cittadini a risparmiare energia.

Le forti critiche piovute al governo tedesco dai partner europei per queste misure di sostegno interno non sono dovute solo a una questione di principio, che sarebbe stato meglio muoversi tutti assieme come Unione che singolarmente come stati. Ci sono anche, soprattutto, questioni economiche dietro.

Abbassando le bollette alle proprie aziende la Germania infatti dà loro un enorme vantaggio competitivo in termini di costo della produzione rispetto alle corrispettive degli altri paesi europei, al punto che la Polonia ha accusato la Germania di “distruggere” il mercato interno dell’UE.

In generale, la sensazione sempre più forte è quella di un’Europa allo sbando, con pochi punti fermi, travolta dagli eventi e senza la forza politica e l’unione necessarie a fare fronte comune. Che è spaccata internamente, mentre verso l’esterno non ha nessuna voce in capitolo su temi centrali come l’energia o più in generale una guerra combattuta sul suo territorio. 

Tutto ciò in un clima economico abbastanza cupo, in cui l’Europa e forse il mondo intero, sembrano sull’orlo della recessione, come scrive ieri Alessandro Lubello su Internazionale. Una recessione dovuta a una sorta di tempesta perfetta in cui la pandemia ha spinto gli Stati a indebitarsi moltissimo confidando nella ripresa economica successiva, ripresa che è stata stroncata dal conflitto in Ucraina e dalla conseguente impennata del costo dell’energia e delle materie prime che a loro volta hanno fatto impennare i costi di produzione.

Quindi: tanta liquidità e costi di produzione alti si traducono in aumento dell’inflazione. Che le banche centrali vogliono combattere alzando i tassi d’interesse. Solo che, a differenza di altre volte, questa volta l’inflazione non dipende dalla cattiva gestione economica degli stati ma da fattori esterni, endogeni, tipo per l’appunto guerra e pandemia (nonché come ci ricordava Marco Vighi in una puntata di Inspirazioni, da una enorme bolla speculativa nel mondo della finanza che le banche hanno provato a tappare buttando soldi là dentro). E in questa situazione una politica monetaria rigida potrebbe avere effetti nefasti a livello sociale fra popolazioni già provate. Quindi stiamo attenti, ecco. 

LA SINISTRA DEL GOVERNO SPAGNOLO

In un contesto del genere è molto importante applicare misure fiscali che abbiano bene in testa l’equità sociale. Cosa che non voleva fare il nuovo governo inglese di Lizz Truss, che aveva in mente di finanziare a debito un taglio dell’imposta sui redditi più alti, che avrebbe portato l’aliquota maggiore dal 45 al 40 per cento (misura poi ritirata per via della risposta molto negativa dei mercati finanziari). Cosa che invece sta provando a fare il governo spagnolo, a cui il Post dedica un approfondimento dal titolo “Il governo spagnolo, di sinistra”. 

Negli scorsi giorni il governo spagnolo ha annunciato che nel 2023 e nel 2024 chiederà un contributo di solidarietà, cioè di fatto una nuova tassa, agli spagnoli più ricchi. La misura fa parte di un più ampio pacchetto che ha l’obiettivo di rendere il sistema fiscale spagnolo più equo e meno oneroso per le persone più povere, maggiormente colpite dai rincari dell’energia e dall’inflazione.

Questa misura andrà a finanziare una serie di agevolazioni che permetteranno di pagare meno tasse al «50 per cento dei lavoratori» e alle piccole e medie imprese. Ed è solo l’ultima di una serie di leggi con una forte impronta sociale, redistributiva, di lotta alla povertà. Non ve le dico tutte, leggetevi nel caso l’articolo, ma solo a mo’ di esempio.

All’inizio del 2022 è stata approvata un’importante riforma del mercato lavoro che limita fortemente l’uso del contratto a tempo determinato, rafforza il contratto a tempo indeterminato e ha fatto calare per la prima volta dopo 14 anni i disoccupati sotto i 3 milioni di individui.

Nel 2020 il governo ha introdotto l’ingreso minimo vital, un reddito minimo garantito per legge, simile al reddito di cittadinanza italiano. Successivamente sono stati approvati anche l’innalzamento del salario minimo e una legge per la maggior tutela dei rider. E tante altre cose, fatte dal governo Sanchez pur con una maggioranza parlamentare davvero fragile. Ma con le idee piuttosto chiare, a quanto pare. L’articolo del Post non lo dice, ma un po’ lo sottintende, con il titolo scelto, che in fin dei conti è ancora possibile fare delle buone politiche “di sinistra”. Forse per ricordarlo alla nostra classe politica di sinistra.

CALDO ESTREMO IN INGHILTERRA E “CARNEFICINA CLIMATICA” IN PAKISTAN

Va bene, ci avviamo verso la conclusione tornando a parlare di clima. Due articoli, uno pubblicato da Rinnovabili.it e l’altro da GreenReport, mostrano gli effetti della crisi climatica su due paesi molto diversi: Gran Bretagna e Pakistan. 

In Inghilterra un report della Health Security Agency mostra che le ondate di calore che quest’estate hanno portato i termometri britannici oltre i 40°C hanno provocato almeno 2.803 morti da caldo estremo tra la popolazione con almeno 65 anni. Si tratta del dato più elevato dal 2004, quando la Gran Bretagna ha iniziato a raccogliere queste statistiche. 

In Pakistan la situazione è ben più drammatica. Il capo dell’Onu Antonio Guterrez ha descritto quello che è successo e sta succedendo in Pakistan come «Una carneficina climatica oltre ogni immaginazione. Le inondazioni che hanno devastato il Pakistan quest’estate coprono un’area tre volte più grande di quella del mio stesso paese, il Portogallo. Sono indignato per la sinistra equazione dell’ingiustizia climatica subita dalla gente di questo Paese. Il Pakistan è responsabile di meno dell’1% delle emissioni globali di gas serra, ma sta pagando un prezzo esorbitante per il cambiamento climatico provocato dall’uomo».

Guterres ha ricordato quali sono le conseguenze sulla popolazione pakistana di un disastro climatico probabilmente mai visto in queste dimensioni e durata: «Molti hanno perso tutto: le loro case, il loro bestiame, i loro raccolti, il loro futuro. Vite travolte dalle onde e i più vulnerabili tra loro, i bambini, rappresentano un terzo dei morti e dei feriti. Mentre incombe un disastro per la salute pubblica, con il rischio di epidemie di colera, malaria e dengue che potrebbero mietere più vittime delle inondazioni, i 1500 ospedali distrutti promettono di complicare la risposta sanitaria. Quanto alle devastazioni inflitte ai raccolti e al bestiame, potrebbero generare una crisi alimentare che mette a rischio la prossima stagione della semina.  Sullo sfondo di un’impennata della carestia, più di 15 milioni di pakistani potrebbero sprofondare nella povertà».

Insomma, la crisi climatica incombe su tutti e tende a causare i danni maggiori nei paesi che ne sono meno responsabili. Bisogna prendere delle misure urgenti e allora ne vediamo al volo due, di attualità in questi giorni.

VOLI AEREI VERSO NET ZERO NEL 2050?

La prima è che ieri l’Icao (l’agenzia dell’Onu che regola l’aviazione civile) ha annunciato con grande soddisfazione di aver finalmente adottato una roadmap per la neutralità climatica entro il 2050. Bene, direte voi. Insomma, mica tanto. Innanzitutto l’Icao non può imporre nessuna risoluzione ai paesi che ne fanno parte, quindi il target non è vincolante, è solo un obiettivo verso cui tendere. E visto che facciamo fatica a rispettare i target vincolanti, figurarsi quando non lo sono.

Poi, guardando il piano, che viene illustrato da un articolo su Rinnovabili.it, è davvero poco poco concreto. Non si parla mai di riduzione dei voli, anzi siamo in un contesto in cui è stata previsto un aumento dei voli, e si parla genericamente di voli a impatto zero. Che equivale a non avere la minima idea di come fare.

Perché non esistono voli a impatto zero, né a basso impatto, né sono all’orizzonte tecnologie che possano consentire nemmeno di immaginare di effettuare voli a basso impatto sui numeri attuali o persino maggiori. Quindi, ecco, possiamo tranquillamente classificare questi proclami come fuffa, o greenwashing.

DARE DIRITTI LEGALI AD ANIMALI, FIUMI E ALBERI

Una cosa molto più interessante è invece il rapporto pubblicato dalla Law Society britannica dal titolo “Law in the emerging Bio-age”. Il rapporto sostiene che per riportare in equilibrio il rapporto tra uomo e sistemi viventi bisogna riconoscere diritti anche agli animali non umani e ad altre entità naturali come boschi e fiumi. Senza un quadro legale al passo con l’epoca in cui viviamo, che tenga conto della crisi climatica e delle possibilità delle biotecnologie, l’umanità non sarà in grado di affrontare le nuove sfide. 

Ora, vi potrà sembrare un concetto un po’ naif: noi siamo qua in mezzo, a guerre, siccità, pandemie, crisi climatiche, e quello che proponi è far decidere anche i fiumi, le farfalle, gli alberi. Eppure è tutt’altro che naif. Lo so che se fossi un politico e proponessi una cosa del genere probabilmente finirei per settimane sfottuto a Propaganda Live, ma è esattamente quello che servirebbe. Prendere decisioni, fare leggi, agire prendendo sempre in considerazione i bisogni e i punti di vista di tutti gli elementi dell’ecosistema. Pensate che le forme più avanzate di democrazia deliberativa e sociocrazia lo fanno già, includono nelle decisioni anche esseri e entità non umane.

FONTI E ARTICOLI

#Ucraina-Russia
Corriere della Sera – Il discorso di Putin e il massiccio attacco di oggi all’Ucraina (per soddisfare l’ala ultranazionalista russa)
il Post – Il gravissimo bombardamento russo in Ucraina

#gas
The Guardian – Germany to pay December gas bills for households and businesses

#recessione
Internazionale – La minaccia della recessione diventa globale

#Spagna
il Post – Il governo spagnolo, di sinistra

#caldo estremo
Rinnovabili.it – Gran Bretagna, almeno 2.800 morti da caldo estremo per le heat wave estive

#inondazioni #Pakistan
Greenreport – In Pakistan una carneficina climatica oltre ogni immaginazione

#aerei
Greenreport – Voli aerei, Icao: obiettivo globale net zero per il 2050, ma è volontario. T&E: obiettivo vuoto

#diritti
The Guardian – Give legal rights to animals, trees and rivers, say experts

#Iran
il Post – Nel corso delle proteste contro il regime in Iran sono state uccise 185 persone tra cui 19 bambini, secondo la ong Iran Human Rights

#scontri
Il Caffé Geopolitico – Tagikistan e Kirghizistan: nuovi scontri di confine

#Nobel economia
il Post – Il Nobel per l’Economia a Ben S. Bernanke, Douglas W. Diamond e Philip H. Dybvig

#plastica
La Svolta – Indonesia: ti pago se peschi plastica

#aborto
GreenMe – Nuove storiche sentenze negli Usa: in Ohio e Arizona bloccate le restrizioni all’aborto (ma non è finita)

#elezioni Austria
il Post – Le elezioni presidenziali in Austria sono state vinte dal presidente uscente Alexander Van der Bellen al primo turno https://www.ilpost.it/2022/10/10/austria-elezioni-presidenziali-alexander-van-der-bellen/

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