4 Lug 2023

Delusione Europa, la legge di ripristino della natura non sarà vincolante? – #758

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La legge europea sul ripristino della natura è in dirittura di arrivo ma l’ostracismo di alcuni gruppi parlamentari rischiano di depotenziarla moltissimo. Intanto si affievoliscono le proteste in Francia, mentre si accentua la frattura sociale. Parliamo anche del primo caso di sindaco dell’ultradestra eletto in Germania, del bombardamento israeliano su un campo profughi a Jenin, e degli Usa che vogliono avviare delle sperimentazioni di geoingegneria.

Mancano 24 ore alla pubblicazione ufficiale della legge europea sul ripristino della natura. Domani, 5 luglio, la Commissione presenterà il cosiddetto Food and Biodiversity Package, il pacchetto sul cibo e la biodiversità, di cui fa parte la Legge sul Ripristino della Natura. Il provvedimento è considerato l’ultimo tassello del Green Deal e della Strategia per la Biodiversità e il primo tentativo europeo di preservare e migliorare la qualità dei suoli del continente. 

Ancora oggi, sebbene la presentazione ufficiale sia domani, si continuano a fare modifiche – anche sostanziali – al testo. Il tutto avviene sullo sfondo di uno scontro tra Commissione e gruppi dell’Europarlamento che si sta svolgendo dietro le quinte. Gruppi guidati dal PPE, il partito popolare europeo, di centrodestra, che stanno cercando di affossare o perlomeno depotenziare la misura. 

Il problema è che molte di queste modifiche sono peggiorative e stanno indebolendo l’impianto di una legge che per la prima volta dava degli obiettivi vincolanti per i singoli stati di protezione e ripristino dei propri ecosistemi. 

La storia del provvedimento è travagliata fin dal principio: la prima bozza di proposta, uscita a giugno 2022, è stata sepolta dalle critiche provenienti soprattutto dal partito popolare europeo (PPE). Il testo è stato quindi riscritto, ma nuovamente, sulla riscrittura si è aperto un dibattito presto diventato scontro politico.

Leggo da un articolo su Rinnovabili.it: “L’ultima vittima del tesissimo scontro tra Commissione e gruppi dell’Europarlamento che si sta svolgendo dietro le quinte è un pezzo fondamentale della proposta: gli obiettivi vincolanti sui livelli di inquinamento e sul degrado dei suoli.

Scontro che, a giudicare dall’ultima bozza, vista in anteprima da Reuters, se lo sta aggiudicando il PPE. L’introduzione di target vincolanti è un passaggio chiave e qualificante della proposta, senza il quale viene di fatto svuotata di senso. Invece di dover presentare alla Commissione un piano in cui si spiega con quali misure si intende rispettare gli obiettivi, ogni Stato membro si potrà limitare a tener traccia di alcuni fattori che incidono negativamente, come l’erosione o l’eccesso di fosforo dovuto all’uso di fertilizzanti.

Al contrario, la prima proposta della Commissione puntava al ripristino di almeno il 20% dei suoli europei entro il 2030 per poi salire al 100% entro il 2050, includeva target specifici per gli impollinatori e l’obbligo di tagliare del 50% l’uso di pesticidi. Tutti punti avversati dai grandi sindacati dell’agribusiness, da cui derivano i principali driver di degrado ambientale affrontati nella proposta legislativa.

Ai sindacati ha teso la mano il PPE, che da mesi si è impuntato per costringere la Commissione a fare dietrofront. Anche a costo di infrangere quel gentlemen’s agreement con i Socialdemocratici per cui le divergenze si possono sempre risolvere con un compromesso in fase di negoziato. La settimana scorsa, questa spaccatura all’Europarlamento è emersa in tutta la sua gravità con un voto finito pari in commissione Ambiente. Se anche il voto in plenaria, previsto per il 10 luglio, dovesse dire di no, la proposta sarebbe automaticamente bocciata”. 

Per questo assistiamo a questi lavori frenetici per trovare una quadra che possa passare il vaglio dell’Europarlamento. Col rischio però di rendere tremendamente inefficace tutto il provvedimento. A questo proposito vi segnalo una iniziativa che sta girando per sostenere l’approvazione della Nature restoration law. La trovate sotto Fonti e articoli. Non so se servirà a qualcosa, onestamente, ma nel dubbio, io ho firmato.

Ieri parlavamo delle proteste in Francia esplose nell’ultima settimana dopo l’uccisione di un diciassettenne di nome Nahel M da parte di un agente di polizia. Gli aggiornamneti ci dicono che alla fine Macron non ha dichiarato nessuno stato d’emergenza, a differenza da quanto trapelato ieri sera, e che nella notte tra domenica e lunedì le proteste sono state meno violente e partecipate rispetto ai giorni scorsi.Usando un metro del tutto parziale, ma in qualche forma significativa, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha detto che in tutto il paese sono state arrestate 157 persone, a fronte delle 718 che erano state arrestate nella notte precedente. Come racconta il Post, “La situazione è stata prevalentemente calma un po’ dappertutto, con solo piccoli scontri tra manifestanti e polizia nelle periferie di Parigi, a Lione e Marsiglia, non paragonabili a quelli di giovedì, venerdì e sabato quando migliaia di manifestanti avevano attaccato le stazioni di polizia di varie città, saccheggiato negozi, incendiato centinaia di veicoli e si erano scontrati con i poliziotti, ferendone in tutto più di 700”.Uno degli episodi che sta facendo più discutere è quello “accaduto nella notte tra sabato e domenica a L’Hay-les-Roses, piccola città a sud di Parigi. All’1:30 di notte un gruppo di manifestanti ha attaccato l’abitazione del sindaco, Vincent Jeanbrun, mentre lui si trovava in municipio”.“Secondo la procura, un gruppo di persone si è radunato fuori da casa di Jeanbrun, dove si trovavano sua moglie Melanie Nowak e le sue figlie, di 5 e 7 anni.Cercando di scappare con le figlie dal giardino sul retro, mentre gli aggressori lanciavano fuochi d’artificio e petardi contro di loro, Nowak si è rotta una gamba. È stata ferita anche una delle figlie. Tuttavia, se le proteste si sono affievolite, la reazione a quelle proteste sembra invece aver preso piede. Leggo sul Fatto Quotidiano che “Uno dei fenomeni segnalati nelle ultime ore è quello di gruppi di estrema destra che sono scesi in piazza minacciando i manifestanti. Un gruppo è stato avvistato ieri sera a Lione ma è stato respinto subito dalla polizia che ha disperso l’inizio di corteo – nel quale sono state notate mazze da baseball e saluti romani da parte dei giovani – utilizzando gas lacrimogeni”. “Vari video sui social mostrano i giovani mentre gridano slogan come “Siamo a casa nostra” e “La Francia ai francesi”. In contemporanea, continua a fare scalpore la raccolta fondi per l’agente di polizia accusato di aver ucciso il 17enne: ieri ha superato il milione di euro. La descrizione della raccolta fondi è un generico: “Sostegno alla famiglia dell’agente di polizia di Nanterre Florian M, che ha fatto il suo lavoro e ora sta pagando un prezzo pesante”.Ciò per ribadire un po’ la sensazione di venerdì: ci sono una spaccatura sociale e una polarizzazione molto forti, in Francia. Ora, io non sono nella testa del poliziotto che ha sparato, non voglio fare retorica, davvero, né* dare contro al mostro di turno, non so cosa gli sia passato nella testa, come stia adesso, se sia distrutto dal rimorso o pensi di aver fatto la cosa giusta. Ma al netto di ciò, trovo davvero difficile pensare che un poliziotto che ha ucciso con un colpo a bruciapelo un diciassettenne abbia “fatto il suo lavoro”. 

A proposito di avanzata delle destre, dalla Germania continuano ad arrivare segnali da non sottovalutare. Non so se ricordate il “Caso Sonneberg, il circondario della Turingia che appena una settimana fa ha scelto di farsi amministrare da un ‘landrat’ dell’Afd, l’estrema destra tedesca con nemmeno troppo celate simpatie neonaziste. Ecco, ieri è arrivata la notizia che lo stesso schieramento politico ha anche il suo primo sindaco. La corrispondente dalla Germania di Repubblica Tonia Mastobuoni scrive “Un altro fazzoletto sperduto nella vecchia Germania est conquista le prime pagine dei giornali: Raguhn-Jessnitz, villaggio di ottomila anime della Sassonia-Anhalt, ha eletto ieri il primo sindaco dell’ultradestra tedesca.Hannes Loth ha battuto il suo rivale, l’indipendente Nils Naumann, con il 51% dei voti dopo una campagna elettorale incentrata su temi locali (aveva promesso più fondi per i pompieri, più asili nido ecc)”.Di nuovo, parliamo di un piccolo comune, che ha un peso politico nazionale ininfluente, tuttavia sono segnali di qualcosa che è importante leggere e non ignorare. Come spiega un articolo del Post, “Da diversi mesi il partito continua a crescere nei sondaggi, dopo alcuni anni in cui la sua popolarità era calata.Ci sono vari fattori che stanno contribuendo alla crescita di AfD, tra cui le lacune del governo in carica, sostenuto da Socialdemocratici, Verdi e Liberali, e a cui AfD sta facendo un’opposizione serrata. Il consenso per AfD sembra particolarmente alto nelle zone dell’ex Germania est, come la Sassonia-Anhalt, dove il contesto economico e sociale è più problematico e in cui negli ultimi anni il consenso per i partiti più istituzionali si è molto ridotto”.Di nuovo: non è che la Germania è diventata improvvisamente nazista. Ma di nuovo, sono segnali che dobbiamo cogliere e cercare di decodificare.

Ieri mattina presto, anzi nella notte fra domenica e lunedì, c’è stato una grossa operazio militare israeliana in un campo profughi a Jenin, in Palestina. Ne parla Luigi Mastrodonato su Lifegate:“L’attacco – scrive – ha visto l’utilizzo di droni come non succedeva da tempo ed è una delle operazioni più vaste degli ultimi anni. Il bilancio è di cinque palestinesi uccisi e decine di feriti. I gruppi di combattenti palestinesi hanno risposto all’attacco e la tensione nell’area è sempre più palpabile.Jenin si trova in territorio palestinese, ma è tra le aree occupate da Israele in violazione degli accordi del 1967 e dove prosegue il processo di costruzione di colonie. Il campo profughi di Jenin è un piccolo spazio dove sono rinchiusi circa 11mila palestinesi. Donne, uomini, bambini vivono in questo ghetto nel nord della città, costruito nel 1950 e considerato da Israele un rifugio del terrorismo palestinese. Nel campo vivono in effetti alcuni dei protagonisti della resistenza armata palestinese, vale a dire membri di organizzazioni come Hamas o come il Jihad islamico delle Brigate Jenin, responsabile di diversi  attentati contro cittadini israeliani negli ultimi tempi. L’operazione di Israele è stata volta proprio a colpire queste realtà, ma per farlo si è tradotta in un attacco indiscriminato su una piccola area sovraffollata e con metodi molto violenti. Come racconta ancora l’articolo “L’attacco è stato compiuto tanto da terra attraverso un commando di soldati nell’ordine delle migliaia, quanto via aerea attraverso il bombardamento con droni. L’uso dei droni da parte di Israele era stato abbandonato da tempo, ma dall’inverno scorso, con l’insediamento del governo Netanyahu di estrema destra, è tornato in voga. Le cinque persone palestinesi morte non sappiamo se fossero semplici civili o membri dei gruppi armati. I feriti sono almeno 28 e l’operazione è stata definita come una di quelle più su larga scala degli ultimi anni. Anche nella mattina di ieri, lunedì 3 luglio, Israele è andata avanti con i bombardamenti.Ovviamente tutto ciò ha portato a proteste, rivolte e controffensive da parte palestinese. La folla è scesa in strada in diversi centri della Cisgiordania per alzare la voce contro la violenza israeliana e nei pressi di Ramallah un uomo palestinese è stato ucciso dall’esercito israeliano.Ci sarebbero stati scontri a fuoco proprio nei pressi del campo profughi di Jenin tra miliziani palestinesi e soldati israeliano. In generale la tensione tra Israele e Palestina sta raggiungendo livelli molto alti negli ultimi mesi. Il nuovo governo Netanyahu sta mantenendo un approccio molto aggressivo, sia dal punto di vista militare che per quanto riguarda le decisioni dell’esecutivo. Nei giorni scorsi Israele ha annunciato un piano di costruzione di oltre 5mila case illegali in Cisgiordania, così da indebolire il controllo palestinese sul territorio. Solo in questi primi sei mesi del 2023 i palestinesi uccisi per mano dell’esercito israeliano sono già stati 180, mentre la stessa sorte per mano palestinese è toccata a 24 cittadini israeliani.Non è che ci sia molto da commentare, non trovate?

Torniamo a parlare di geoingegneria. Qualche giorno fa raccontavamo di come la Commissione europea abbia aperto una discussione sul tema nel tentativo di far approvare una sorta di protocollo globale che regolamenti le sperimentazioni nel campo dell’ingegneria climatica. Nel frattempo però gli Stati Uniti non stanno a guardare e dovrebbero avviare a breve un programma di studio delle tecniche di gestione della radiazione solare. Ne parla un articolo su Rinnovabili.it. Il programma studio, leggo, non è stato pensato “perché sia già oggi in programma di usare la geoingegneria per contrastare la crisi climatica, ma per farsi trovare pronti per il suo “possibile uso”. È la conclusione a cui arriva un rapporto di 44 pagine della Casa Bianca, richiesto dal Congresso, sull’opportunità di schermare una parte dei raggi solari in arrivo sulla Terra per ridurre l’aumento della temperatura globale.Certo, il rapporto non dà un supporto entusiastico all’idea di mettere in campo la gestione della radiazione solare insieme alle misure di mitigazione e adattamento. Ma il semplice fatto che i principali inquinatori mondiali stiano dando dignità all’idea della geoingegneria – la settimana scorsa lo ha fatto l’Europa, anche se con toni molto più cauti – porta nel dibattito pubblico un tema che, fino a relativamente poco tempo fa, era confinato al dibattito scientifico e restava fuori da quello politico.Comunque, in che consiste questo tipo di ricerca? Si tratta di “Un programma di ricerca sulle implicazioni scientifiche e sociali della modificazione della radiazione solare. Ovvero sistemi che mirano ad aumentare la quantità di luce solare riflessa nello spazio. Le tecnologie SRM rientrano principalmente nella categoria meccanica e chimica e sono progetti cercano prevalentemente di alterare l’interazione naturale della Terra con il sole. Come si legge nel rapporto: “Un programma di ricerca volto a migliorare la quantificazione degli effetti dell’implementazione di potenziali metodi SRM sul sistema terrestre dovrebbe coinvolgere osservazioni, sperimentazione e modellazione”. Non solo gli esperimenti in laboratorio, in un ambiente controllato, ma anche quelli outdoor: “Gli esperimenti all’aperto sarebbero preziosi in combinazione con studi di modello e di laboratorio per comprendere i processi coinvolti nel potenziale impiego di SRM. Gli esperimenti all’aperto trarrebbero beneficio dallo sviluppo e dalla verifica delle tecnologie di iniezione dell’aerosol, dei sistemi di osservazione e degli strumenti di analisi”.Insomma, per capire se una tecnologia del genere funziona o no non basta testarla in laboratorio, va testata all’aria aperta. Solo che il rischio di fare cazzate è abbastanza elevato.

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