17 Apr 2023

Lula, Xi e gli altri: superare l’egemonia del dollaro – #711

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La visita del presidente brasiliano Lula a Pechino e il suo incontro con il leader cinese Xi Jinping sono più di un normale incontro fra capi di stato. Sono i prodromi, forse, di un nuovo ordine mondiale, o perlomeno testimoniano la volontà di rottura di quello esistente. A partire dal superamento dell’egemonia del dollaro come moneta di scambio. Parliamo anche del convoglio di carri armati diretti in Ucraina e di come i giornali hanno riportato la notizia, di un enorme incendio in un allevamento intensivo in Texas e di qualche aggiornamento sulla vicenda dell’orsa e del runner in Trentino.

La settimana scorsa c’è stato un incontro molto importante di cui i giornali europei hanno parlato relativamente poco, forse perché non riguardava nessun leader europeo, ma che mostra come questa sia un epoca in cui l’ordine globale sembra davvero sul punto di cambiare notevolmente. L’incontro in questione, durato parecchi giorni, ha riguardato il Presidente Brasiliano Inacio Lula Da Silva e quello cinese Xi Jinping che si sono visti in casa di quest’ultimo, a Pechino, per diversi giorni.

Ora, non c’è niente di nuovo o di particolarmente importante di per sé nell’incontro fra due leader di due paesi, ma la cosa interessante è ciò di cui hanno parlato.

Prima però facciamo un po’ di contesto, facendoci aiutare dall’articolo del solito Pierre Haski su Internazionale: “Il Brasile e la Cina sono entrambi componenti dei Brics, il club di paesi emergenti che comprende anche Sudafrica, India e Russia. Con l’ascesa dei Brics, negli anni duemila, Lula aveva creduto alla nascita di un mondo alternativo in occasione del suo primo passaggio al potere. Ma il club non ha mantenuto le sue promesse, soprattutto in ragione del peso smisurato della Cina rispetto agli altri partner e alle sue ambizioni di superpotenza.

Tornato al comando, Lula ha rapidamente preso la via di Pechino, non prima però di compiere un viaggio a Washington. Le sue dichiarazioni dimostrano che non ha abbandonato la visione di un mondo post occidentale in cui i Brics ricoprirebbero un ruolo centrale”.

Ma veniamo all’oggetto dell’incontro, che a quanto pare è stato fortemente voluto proprio da Lula: “Il presidente brasiliano ha sviluppato un’idea in particolare, che riguarda la Cina ma non solo: mettere fine al dominio del dollaro nel campo della finanza mondiale. Lula ha dedicato a questo obiettivo una parte importante di un suo discorso, raccontando con falsa ingenuità di domandarsi “ogni sera perché tutti i paesi dovrebbero effettuare i propri scambi commerciali in dollari. Perché non possiamo commerciare usando la nostra moneta? Chi ha deciso che il dollaro dev’essere la moneta di riferimento soppiantando il sistema aureo?”.

L’aspetto più interessante della vicenda è che Lula ha pronunciato queste parole, fortemente applaudite, nella sede della Banca per lo sviluppo dei Brics, un’istituzione che fa concorrenza a quelle di Bretton Woods fondate dopo la guerra, tra cui la Banca mondiale. Il presidente ha assistito all’insediamento della nuova dirigente della banca dei Brics, che non è altro che l’ex presidente brasiliana Dilma Rousseff.

Il club dei paesi emergenti è sicuramente pieno di contraddizioni, a cominciare dal fatto che comprende anche la Russia, bersagliata dalle sanzioni e con un presidente incriminato dalla Corte penale internazionale.

D’altronde la questione della “dollarizzazione” degli scambi commerciali è un cavallo di battaglia anche e soprattutto della Cina. Lo yuan cinese è sempre più usato, al punto di aver quasi superato l’euro. E persino il presidente francese Emmanuel Macron, nel suo inco9ntro della scorsa settimana sempre a Pechino con Xi, aveva pronunciato una frase che inizialmente era passata inosservata: “Non dobbiamo dipendere dall’extraterritorialità del dollaro”.

Ovviamente intaccare il principio dell’universalità del dollaro come misura di scambio significa anche attaccare l’egemonia politico-economica degli Usa, che non esiste più nella realtà, ma che ancora domina le convenzioni. A ciò aggiungeteci anche che c’è un piano di creare una moneta unica sudamericana, tipo l’euro in Europa concettualmente. Insomma, è un momento di crisi degli equilibri costituiti, indubbiamente. 

Fra l’altro proprio di questo ha parlato Donald Trump, fresco di incrimnazione, alla convention della Nra. La Nra sarebbe la National Rifle Association of America, un’organizzazione che difende i diritti (se si può usare questa locuzione in questo caso) dei possessori di armi da fuoco. Altrimenti detta la principale lobby delle armi, negli Usa.

Comunque, al di là del luogo, Trump ha detto: “Negli Stati Uniti regna il disordine. La nostra economia sta crollando. L’inflazione è fuori controllo. La Russia si è alleata con la Cina, è impensabile. L’Arabia Saudita, un grande popolo, si è unita a Cina, Russia, Iran, Corea del Nord. Hanno formato insieme una coalizione minacciosa e distruttiva. La nostra valuta sta crollando e presto cesserà di essere lo standard mondiale, che sarà la nostra più grande sconfitta in 200 anni. Solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile pensare che una cosa del genere potesse accadere. Ma succede davanti ai vostri occhi. Siamo una nazione in rovina. Siamo una nazione in declino”.

Ovviamente Trump usa queste informazioni in maniera del tutto strumentale alla sua campagna elettorale, e la sua lettura die fatti del mondo è molto molto parziale, però non credo che abbia tutti i torti nell’individuare questo sconquasso nella pancia dell’ordine mondiale, e il lento declino degli Usa.

Restando più o meno in tema, c’è una notizia, anzi un filmato, che è rimbalzato molto in questi giorni fra social e giornali. Si tratta di un breve video girato da un uomo presso la stazione ferroviaria di Udine che mostra il passaggio di un treno merci con a bordo decine di cannoni semoventi. 

Il governo poi ha spiegato che si tratta di “semoventi di artiglieria su cingoli” diretti in Ucraina e farebbero parte di un pacchetto di aiuti militari “deliberato dal governo precedente e che vengono consegnati questa settimana”. 

Comunque, vi riporto questa notizia minore per commentarne in realtà un dettaglio, piccolo, ma a mio avviso significativo. Ho notato che quasi tutti i giornali che pubblicano la notizia hanno scelto un titolo che contiene una parola: stupore. 

Repubblica: Udine, stupore alla stazione: passa un treno carico di cannoni semoventi italiani

Tg La7: Udine, stupore al passaggio dei carri armati 

Leggo: Carri armati sul treno in stazione a Udine, stupore ai binari. «Sono diretti in Ucraina 

Rai News: Carri armati italiani sfilano alla stazione di Udine: stupore tra i passeggeri

il Mattino: Carri armati sul treno in stazione a Udine, stupore ai binari

E così via.

Ora, io ho visto il filmato. praticamente non si vedono persone, si vedono solo i carri armati sfilare, e si sente l’autore del filmato bofonchiare qualcosa che sembra più un improperio che altro. 

Poi mi sono anche chiesto: ma se io avessi assistito a una scena del genere, quale sensazione avrei provato? Probabilmente inquietudine. Stupore è un sostantivo con una lieve accezione positiva, è un po’ meno di meraviglia ma è comunque tendenzialmente una sensazione piacevole. 

Ho il sospetto che lo stupore non sia la sensazione provata dalle persone che hanno visto passare i carri armati, ma sia più il tentativo dei giornali, per restare fedeli alla loro linea editoriale, di normalizzare la guerra. 

Spostiamoci negli Usa, in Texas per l’esattezza, dove un’esplosione in un caseificio avrebbe ucciso 18mila mucche. “Il numero – spiega su Lifegate Carlotta Garancini – è una stima delle autorità locali ed è probabilmente al ribasso, perché non comprenderebbe altri animali sopravvissuti, alcuni dei quali rimasti feriti in modo grave tanto da dover essere abbattuti. 

L’incendio sarebbe partito probabilmente da un macchinario utilizzato nelle stalle – un sistema di scarico dei fumi del letame, – e alimentato poi dal gas metano. Tutto ciò è accaduto in un grande allevamento a Dimmitt, in Texas. 

Si tratta con ogni probabilità dell’incendio più grave che ha coinvolto il bestiame dal 2013, ovvero da quando si sono cominciate a fare statistiche a riguardo. Ma non di certo l’unico. Leggo infatti sempre su Lifegate che dal 2013 sono rimasti uccisi negli incendi quasi 6,5 milioni di animali da allevamento.

Ora uno potrebbe dire, vabbè erano animali comunque destinati al macello, e non facevano una gran bella vita, quindi è una tragedia fino a un certo punto. Probabilmente in Texas più che incendio lo avranno chiamato barbecue. Ok, scusate il black humor. Ma il punto è che sono sempre di più gli aspetti di criticità degli allevamenti intensivi:

  • c’è l’aspetto etico e legato alle sofferenze degli animali che vi sono rinchiusi
  • c’è l’aspetto delle emissioni climalteranti
  • c’è l’antibiotico resistenza
  • ci sono le zoonosi, i rischi di salti di specie di virus e funghi
  • ci sono i problemi sociali che ne derivano (settimane fa vedevamo l’esempio della Spagna)
  • Ci sono i problemi per la salute dettati da un sovraconsumo di carne, spesso imbottita da antibiotici
  • E adesso si aggiunge questo aspetto che non conoscevo, legato anche alla poca sicurezza di questo luoghi sia per gli animali allevati che per quelli allevanti, diciamo, gli esseri umani.

Insomma, direi che i motivi per lasciar perdere gli allevamenti intensivi non mancano, che dite?

Un aggiornamento volante sulla questione dell’ orso, anzi dell’orsa che ha ucciso il giovane uomo trentino mentre stava correndo. L’orsa è stata identificata nell’esemplare JJ4. Gli orsi trentini hanno questi nomi particolari. In pratica i primi orsi sloveni rilasciati in Trentino all’interno del progetto “Life Ursus” avevano dei nomi propri, i loro figli prendono l’iniziale dei due genitori + un numero che identifica l’esemplare all’interno della cucciolata. 

In questo caso JJ4 discende Joze (maschio rilasciato nel 2000) e Jurka. Ecco, comunque lla novità oltre al fatto che è stata identificata, che ha a sua volta dei cuccioli, è che il Tar ha sospeso l’ordinanza di abbattimento dell’ orsa Jj4 firmata lo scorso 8 aprile dal presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, accogliendo il ricorso contro il provvedimento presentato nei giorni scorsi dall’associazione Lav.

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