25 Lug 2023

Meteo e clima, come andare oltre allarmismo e negazionismo? – #773

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Molti giornali stanno gridando da giorni all’allarme meteo per il caldo e il maltempo usando toni spesso apocalittici. La situazione, un po’ apocalittica, lo è davvero, ma soffiare sul fuoco dell’allarmismo non sembra una buona soluzione. Come si fa, dunque, a fare un’informazione climatica responsabile? Parliamo anche del mistero sulla morte del giornalista Andrea Purgatori, del Parlamento israeliano che approva la prima parte della riforma sulla giustizia, degli incendi in Grecia e del piccolo miracolo climatico in California.

Gli eventi climatici estremi continuano a bersagliare il nostro paese. A Milano, piogge e vento forte hanno causato alberi abbattuti, strade allagate e tetti scoperchiati. I Sicilia le temperature estreme stanno causando continui blackout. A Olbia tre voli non sono atterrati per la pista troppo rovente, mentre a Monza un temporale ha distrutto persino delle abitazioni. 

Mentre la crisi climatica imperversa, ha iniziato però a imperversare anche un dibattito, che devo dire ho trovato interessante sul tema del meteo. Che mi ha fatto riflettere anche perché tira molto in ballo il tema dell’informazione. In pratica, ci sono alcuni meteorologi che hanno iniziato ad accusare la stampa di fare terrorismo mediatico sul tema del meteo e del caldo estremo e questa cosa mi ha portato a fare un po’ di riflessioni e devo dire anche un po’ di autocritica. Ma ci arriviamo. Intanto vediamo cosa è successo.

L’argomento del dibattito sarebbe che molti giornali hanno scelto toni piuttosto allarmistici per descrivere l’ondata di caldo estremo che sta attraversando l’Italia e diverse altre parti del mondo, secondo alcuni meteorologi sparando anche temperature esagerate.

Ad esempio Paolo Sottocorona, meteorologo di La 7, ha detto in trasmissione che i giornali hanno gonfiato l’allarme sul meteo in maniera esagerata. Da lì si è scatenato un certo putiferio mediatico, con Sottocorona che è stato accusato di essere negazionista climatico da varie parti. 

Il meteorologo ha risposto in una intervista a Repubblica, dicendo “La crisi del clima è grave. Ma non serve sparare temperature esagerate. Non sono mai stato un negazionista. Da 50 anni tutti i giorni osservo il tempo. Il cambiamento è sotto agli occhi di tutti”. 

“Penso che l’auto su cui ci troviamo stia sbandando e occorra intervenire al più presto. Ma non sopporto le esagerazioni. In Italia abbiamo registrato ieri 40 gradi, e solo in alcune zone. Chi inventa nomi come Caronte e preannuncia che arriveremo a 47 gradi sapendo che non è vero, solo per avere più clic al proprio sito, andrebbe denunciato per procurato allarme”. Il riferimento è ovviamente al sito ilmeteo e probabilmente anche una frecciata a Repubblica che ne ospita di tanto in tanto gli articoli, tipo quello che abbiamo commentato ieri. 

“Proprio perché non è una sciocchezza andrebbe trattato con equilibrio”, spiega ancora, aggiungendo “Oggi viviamo in un mondo in cui tutto è urlato, ma non si possono esporre le persone a messaggi terroristici. Molti italiani sono anziani, una buona quota non ha l’aria condizionata. Sapere che domani ci saranno 47 gradi genera ansia. È come se io scendessi in strada urlando che sta per arrivare un terremoto”.

Quando la giornalista Elena Duse chiede che a fare quelle previsioni sono i suoi colleghi risponde, di nuovo “Arrivano dai siti di meteorologia che mettono in giro nomi spaventosi come Caronte e che vivono dei clic delle persone angosciate. È da quando sono entrato in Aeronautica, nel 1972, che si parla di istituire un ordine dei meteorologi, ma non si è mai fatto nulla. Perché se io prescrivo una cura medica giustamente mi arrestano, ma nessuno fa nulla di fronte a previsioni meteo così sparate? La mia è una crociata contro le esagerazioni” […] Può darsi che in qualche località italiana si tocchi un picco per breve tempo. Ma non in modo diffuso, non c’è alcun dato a sostenere una previsione del genere. Almeno non ancora”.

Alla domanda “il nostro governo fa abbastanza per contrastare la crisi climatica?”, la replica:

“Nessuno fa abbastanza. E’ necessario cambiare la nostra fonte di energia. Non possiamo più basarci sui combustibili fossili. E bisogna agire in fretta, perché siamo già in ritardo”.

Alla voce di Sottocorona si è aggiunto poi anche Mario Giuliacci, il famoso colonnello Giuliacci, che ha dato manforte al collega in un’intervista su Libero in cui dice che questa non sarà almeno in Italia l’estate più calda di sempre. 

Ora. Al netto del fatto che in queste esternazioni ci possa essere un po’ uno strizzare l’occhio al governo e a politiche climatiche diciamo poco attive, penso che ci sia un pezzetto di verità in tutto ciò. Nell’articolo che commentavamo venerdì, pubblicato su Repubblica a firma de ilmeteo, si parlava di scenari apocalittici, di vette oltre i 47 gradi e cose di questo genere.

Devo dire che oggi, alla luce di queste riflessioni, ci vedo sì un lato positivo nel collegare direttamente e inequivocabilmente il tema del meteo a quello del clima, ma anche una buona dose di allarmismo mediatico. 

Che da un lato ingigantisce le temperature – un po’, nel senso che il caldo record c’è stato davvero, ma a quanto pare leggermente meno record di quello che era stato previsto – e dall’altro usa toni apocalittici, che forse non aiutano.

Ora, come spesso accade, a livello mediatico si stanno creando due fazioni: chi soffia sul fuoco dell’allarmismo e chi dall’altro lato nega persino cje esista il fenomeno del cambiamento climatico, portando argomentazioni del tipo “d’estate ha sempre fatto caldo”, “il clima è sempre cambiato”.

Ora, non possiamo nasconderci dietro un dito. Ormai abbiamo cataste, cumuli di prove  che il cambiamento climatico dipenda dalle emissioni di gas climalteranti come risultato delle azioni umane. E abbiamo altrettante prove che la situazione sia drammatica. Vicina al punto di non ritorno. Quindi capisco certamente di più chi fa allarmismo rispetto a chi nega il problema. Ma dall’altra parte credo che siano entrambe risposte umane disfunzionali di fronte a un problema. Negarne l’esistenza o andare nel panico. 

Sono entrambe disfunzionali, perché il panico non aiuta a cambiare, non aiuta a fare scelte sagge e pensate, non aiuta a risolvere i problemi. Nel panico non facciamo cambiamenti, ci rifugiamo nelle certezze, perché ogni cosa nuova che facciamo sarebbe un disastro, proprio per via del panico. 

Ma quindi come si fa? Come si fa a non negare l’urgenza e la drammaticità della crisi climatica, ma al tempo stesso facendo un tipo di informazione responsabile?

Mi sono ricordato che qualche giorno fa, sul gruppo Facebook del Transition Network era stato condiviso uno studio che aveva qualcosa a che fare con questa tematica. Si chiama “Ridurre l’ansia climatica personale è fondamentale per l’adattamento” ed stato pubblicato su

Nature Climate Change.

Gli autori fanno cercano di capire qual è il modo più costruttivo di affrontare la crisi climatica e giungono a concludere che consista nell’adottare strategie personali di adattamento. In pratica, di fronte all’eco-ansia, alla solastalgia, o chiamatela come vi pare, la cosa migliore è fare qualcosa a livello personale, per ridurre il rischio dell’impatto del cambiamento climatico sulle proprie vite. Quindi apportare un cambiamento nelle proprie vite, nelle proprie abitudini. 

Queste azioni, anche apparentemente piccole, secondo gli autori, possono non solo ridurre l’ansia, ma anche far nascere in chi le compie una percezione di autoefficacia e speranza, che a sua volta catalizza un’azione collettiva di adattamento. 

Infatti “È dimostrato che le azioni personali per ridurre il cambiamento climatico non solo hanno benefici nell’estremità negativa dello spettro delle emozioni, ma hanno anche il potenziale di catalizzare la “gemella buona” dell’ansia: la speranza. Infatti, promuovendo la speranza, le azioni per il clima a livello personale hanno il potenziale di catalizzare i benefici a livello di gruppo, tra cui un’elevata percezione di autoefficacia collettiva e un’azione collettiva di adattamento”.

Quindi, ecco, anche un’azione piccola, che apparentemente non salverà il genere umano dall’estinzione e non avrà un impatto così significativo, potrebbe per una serie di retroazioni generare effetti a catena su tutto il sistema. In questo senso, ci do una pacca sulla spalla, pat pat, perché con Italia che Cambia da anni cerchiamo di fare proprio questo. Raccontare chi queste azioni le compie e aiutare questo effetto moltiplicatore. 

Dal canto mio, proverò a dare le notizie sul meteo e sul clima con un pelo ancora di attenzione in più agli effetti che generano.

Piccola pausa dalle notizie, prendo un breve spazio per dirvi che esiste una newsletter dedicata a INMR. Fin qui l’abbiamo utilizzata in maniera molto basica, ma da settembre inizieremo una serie di attività nuove dedicate proprio agli iscritti alla newsletter. Ad esempio, la rubrica “Trova il bias” diventerà un appuntamento fisso mensile, un vero e proprio gioco a premi riservato agli iscritti alla newsletter, con un premio vero, oltre ovviamente alla solita maglietta autografata da Cingolani. 

Quindi, il consiglio è: iscrivetevi alla newsletter, la trovate qui in sovrimpressione nel video su YT oppure in descrizione sia del video YT che del podcast, su Spreaker, Spotify, Apple podcast, Google podcast (o ovunque lo ascoltiate) o infine sulla pagina Rassegna stampa di ICC, cliccando sull’apposito bottone, o direttamente qui. Mi raccomando.

C’è una sorta di mistero, che circonda la morte di Andrea Purgatori, uno dei giornalisti d’inchiesta più noti del nostro paese, noto soprattutto per aver lavorato sulla strage di Ustica e sul rapimento di Emanuela Orlandi. 

È un caso davvero assurdo, che potrebbe essere forse uno dei peggiori casi di malasanità noti in Italia (perlomeno fra quelli che riguardano personaggi conosciuti) o forse persino nascondere qualcos’altro. Uno di quei casi su cui probabilmente Purgatori avrebbe indagato. Vi provo a ricostruire la vicenda a partire da un articolo di Valeria Di Corrado sul Messaggero.

A fine aprile il giornalista, che godeva apparentemente di buona salute, si fa una serie di esami per via di un senso di spossatezza che non lo abbandona, esami da cui risultano alcuni valori sballati. Ai primi di maggio si reca dal Professor Gianfranco Gualdi, responsabile della radiologia della clinica Pio XI. Gualdi è considerato un luminare, conosciuto anche come il radiologo dei Papi, dal 1981 è consulente radiologo del Vaticano, è stato anche responsabile del servizio di Radiodiagnostica per la Roma Calcio dal 1977 al 2000. Insomma, non uno di primo pelo.

La diagnosi di Gualdi è tremenda. Tumore al polmone con metastasi al cervello, da qui la scelta di sottoporlo ad una radioterapia ad alto dosaggio all’encefalo. Purgatori viene quindi sottoposto ad una pesantissima terapia radiologica ad altissimo dosaggio, che sembra aggravare le condizioni del giornalista, che il 12 giugno si sottopone ad una Tac presso un laboratorio della Sapienza. Qui un altro professore molto noto, Alessandro Bozzao, professore di neuroradiologia a La Sapienza e responsabile dell’unità relativa al Sant’Andrea, fa una scoperta assurda. La tac non rileva infatti la presenza di metastasi al cervello, ma solo tracce di ischemie cerebrali. Un quadro confermato anche da un’ulteriore risonanza effettuata in un’altra struttura, in cui un altro luminare avrebbe detto ai parenti di Purgatori che non solo le metastasi al cervello non c’erano, ma anche che “è del tutto impossibile confondere delle metastasi con delle ischemie cerebrali”. 

Tra Gualdi e Bozzao, i due professori, ci sarebbe stata anche una lite furibonda con accuse reciproche a cui avrebbe assistito la famiglia di Purgatori. In questo quadro clinico, prenderebbe forma l’ipotesi che a causare il decesso di Purgatori, debilitato anche dalla radioterapia, possa essere stata un’infezione al cuore: una pericardite settica. 

Comunque, dopo la morte di Purgatori è scattato da parte della famiglia l’esposto in Procura. I pm hanno chiesto ai propri consulenti di indicare «l’epoca della morte, la causa della stessa, i mezzi che la hanno determinata e ogni altra circostanza utile». Avranno 60 giorni per spiegare se siano stati commessi «atti di imprudenza, negligenza e a chi siano addebitabili». 

I medici dovranno verificare, partendo proprio dalla tac che verrà eseguita martedì, se vi fossero realmente delle metastasi al cervello e se il decesso di Purgatori sia stato determinato dagli effetti collaterali della radioterapia all’encefalo. Bisognerà insomma stabilire se vi sia un nesso causale tra la terapia somministrata sulla base di un’eventuale diagnosi errata e la morte del giornalista. 

È una di quelle storie da seguire con attenzione. E sulla quale mantenere una certa cautela. La sento già quella vocina nel mio e nel vostro cervello che inizia a immaginare trame oscure legare alla scomparsa di Emanuela Orlandi, allo Ior, al Vaticano. Sicuramente è una traccia interessante da seguire, ma Purgatori stesso ci avrebbe insegnato che prima di fare ipotesi specifiche, è bene raccogliere delle prove. Per adesso, è una vicenda strana di malasanità. In futuro, vedremo.

Il parlamento israeliano ha approvato la prima parte della contestata riforma della giustizia proposta dal governo di destra di Benjamin Netanyahu, che prevede misure per togliere alcuni poteri alla Corte Suprema e affidarli al governo. Durante il voto l’opposizione ha lasciato l’aula in segno di protesta. Da mesi la riforma è la questione politica più discussa in Israele, regolarmente al centro di proteste estese ed eccezionali. Chi vi si oppone la considera infatti una minaccia per la democrazia. Il voto è stato accompagnato da nuove proteste fuori dal parlamento israeliano, che vanno avanti dal fine settimana: ci sono stati anche scontri con la polizia e almeno 19 persone sono state arrestate.

La parte votata oggi è quella che impedirà alla Corte di bloccare le decisioni del governo sulla base del concetto legale di “irragionevolezza”, cioè la possibilità della Corte Suprema di intervenire sui provvedimenti amministrativi approvati dal governo e abolirli se li ritiene in qualche modo “irragionevoli”. È uno strumento che negli ultimi anni la Corte ha usato in più occasioni, per esempio impedendo a Netanyahu di assegnare il ministero dell’Economia a un suo alleato che era stato condannato per frodi fiscali.

La Grecia è alle prese con la gestione di una serie di incendi che stanno mettendo in crisi alcune isole e distruggendo ettari di vegetazione e anche centinaia di abitazioni. Nel fine settimana sono state evacuate oltre 19mila persone dall’isola di Rodi, una meta turistica molto frequentata in questo periodo. Come racconta un articolo del Post, il ministero greco del Cambiamento climatico e della Protezione civile ha detto che quella che sta interessando Rodi è «la più grande evacuazione a causa di un incendio» nel paese. Nel frattempo hanno cominciato a svilupparsi decine di incendi che hanno portato a nuovi ordini di evacuazione in altre isole greche, tra cui Corfù ed Eubea.

Secondo Konstantia Dimoglidou, una portavoce della polizia greca, complessivamente sarebbero state evacuate oltre 30mila persone, in tutta la Grecia, di cui circa 6-7000 sarebbero turisti italiani.

In California, invece, è successo qualcosa di anomalo, che il Washington Post definisce un miracolo. ’I californiani si stavano preparando per un altro anno di siccità incessante nel 2023. Invece, hanno avuto mesi di pioggia incessante e alcune delle nevicate più abbondanti mai viste.

I californiani temevano che le raffiche di calore primaverile avrebbero rapidamente trasformato la neve in alluvioni, aggiungendosi alla devastazione provocata da una serie di tempeste invernali. Ma, fino a poco tempo fa, le temperature sono rimaste misericordiosamente fresche, consentendo uno scioglimento lento e costante.

Il risultato: Un ritorno dell’acqua in California che ha cancellato le mappe della siccità, ha alimentato i sistemi di irrigazione da tempo a secco e ha fatto sperare che, dopo mesi in cui l’acqua è uscita dalle porte, i bacini idrici termineranno il periodo estivo pieni.

È stata una trasformazione netta, con paesaggi aridi e fiumi scroscianti sostituiti da laghi gonfi, cascate zampillanti e cime innevate. Invece di pompare acqua di falda per mantenere le colture, gli agricoltori hanno accesso a canali pieni che trasportano più acqua di quanta ne possano utilizzare. È un’eccezione, in tempi di crisi climatica, ma una eccezione molto piacevole.

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