17 Mar 2023

Pensioni: Macron scavalca il Parlamento, è caos – #691

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In Francia Macron ha deciso di usare un potere straordinario per bypassare il parlamento e approvare la discussa riforma delle pensioni, scatenando il caos. Parliamo anche del caso del drone americano abbattuto da un caccia russo sul Mar Nero, della decisione del Cremlino di disboscare intere aree per lasciar spazio a sistemi di difesa, di un po’ di notizie sugli alberi e infine – ebbene sì – del ponte sullo stretto di Messina.

Ieri lo avevamo accennato, e in effetti è successo. Intendiamoci, non è che fosse stata una mia intuizione, semplicemente alcuni giornali francesi riportavano questa possibilità come sempre più concreta, e evidentemente avevano ragione. Di cosa sto parlando? Del colpo di reni di Macron, che ha deciso di approvare con la forza il suo piano pensioni ricorrendo a uno strumento considerato di emergenza, un articolo della Costituzione francese che da al governo il potere, in situazioni eccezionali, di aggirare il Parlamento.

Un evento talmente raro da occupare le homepage e le prime pagine dei giornali non solo francesi, ma di tutta Europa, e anzi, di tutto il mondo cosiddetto occidentale. 

Leggo da un articolo di Angelique Chrisafis sul Guardian: “Il governo francese ha utilizzato i controversi poteri costituzionali speciali per imporre un aumento dell’età pensionabile, in mezzo a scene caotiche in parlamento in cui i deputati della sinistra radicale hanno cantato la Marsigliese a squarciagola per impedire al primo ministro, Élisabeth Borne, di parlare.

Il presidente, Emmanuel Macron, ha deciso all’ultimo minuto di evitare un voto parlamentare e di far passare il suo impopolare piano di innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. Pochi minuti prima che i deputati della Camera bassa dovessero votare, Macron stava ancora tenendo una serie di frenetiche riunioni con alti esponenti politici e ha improvvisamente scelto di usare poteri speciali invece di rischiare un voto che sembrava destinato a perdere. Ha scelto di invocare l’articolo 49.3 della Costituzione, che dà al governo il potere di aggirare il Parlamento”.

Probabilmente Macron – come si fa in questi casi – ha fatto e rifatto i conti e alla fine ha giudicato realistico che la legge non passasse nella votazione al parlamento. E invece di accettare la possibile sconfitta ha deciso di forzare la mano. A quanto pare, ne parlavamo anche ieri, molti parlamentari hanno cambiato le proprie posizioni in merito per via delle oceaniche proteste che hanno sconvolto la Francia in questi giorni. Il partito di Macron non ha la maggioranza all’Assemblea, dopo le elezioni dello scorso anno, quindi contava sull’appoggio dei Repubblicani, che però hanno iniziato appunto a presentare delle defezioni. poi possiamo ragionare se fossero defezioni “di comodo” o sincere, ma non so quanto sia rilevante, qui. Comunque fatto sta che, tornando ai fatti di ieri, Macron ha forzato la mano.

A quel punto “I parlamentari di sinistra hanno gridato “Dimissioni! Dimissioni!” a Borne e i membri del partito di sinistra radicale France Unbowed hanno cantato l’inno nazionale così forte che Borne non è riuscita a parlare e la sessione è stata sospesa prima che lei tentasse di farsi sentire di nuovo. I politici di sinistra l’hanno definita una grave sconfitta e un segno di debolezza da parte del governo. Molti hanno invitato i sindacati a intensificare gli scioperi in corso da gennaio contro le modifiche alle pensioni. A quanto pare oggi i politici dell’opposizione chiederanno un voto di sfiducia al governo.

Alcuni membri del parlamento hanno persino invocato maggiori mobilitazioni. Insomma, Macron avrà anche ottenuto la sua vittoria sulla riforma delle pensioni. C’è da capire a quale prezzo, e cosa succederà adesso. Intanto ieri sera una grande folla si è radunata una grande folla di fronte al Parlamento in Place de la Concorde, luogo simbolico della rivoluzione, dove ci sono stati anche scontri con la polizia e molte proteste contro una legge che stando ai sondaggi vede contrari quasi l’80 per cento degli elettori.

C’è stato un incidente militare che ha coinvolto un drone americano e un caccia russo che sta facendo molto discutere in queste ore. In pratica ieri il Comando europeo dell’esercito americano ha diffuso un video che documenta lo scontro avvenuto martedì tra un drone statunitense e un aereo da caccia russo, che ha causato la perdita del drone nel Mar Nero. A detta di molti giornali e analisti, questo incidente rappresenta il più grave episodio di conflitto tra un mezzo militare americano e uno russo dall’inizio della guerra in Ucraina. 

Ora, che cosa mostra il video? In pratica la telecamera, posta sulla parte posteriore del drone, riprende la coda e l’elica del drone e da dietro si vede arrivare un caccia russo che si avvicina e quando lo ha quasi raggiunto gli rilascia addosso del carburante. Una manovra che, hanno spiegato fonti militari statunitensi, ha probabilmente la finalità di oscurare gli strumenti ottici del drone e portarlo ad abbandonare l’area.

Poi, si vede sempre nel video, la stessa manovra viene compiuta una seconda voltae questa volta l’aereo urta il drone, la telecamera perde il segnale per circa un minuto dopo di che riprende, inquadrando l’elica danneggiata.

Dopo questo incidente c’è stata una breve chiamata telefonica, cosa rara di recente, fra i ministri della difesa americano e russo, in cui sostanzialmente la Russia ha lamentato le provocazioni americane sul Mar Nero e gli Usa l’aggressività russa.

Ora, dietro a questo episodio ci sono diverse questioni e domande. La pubblicazione del video è arrivata dopo che il Cremlino aveva smentito che un caccia russo avesse abbattuto un drone americano, per smentire ufficialmente la versione russa. È una cosa abbastanza rara, a quanto pare, che l’esercito americano rilasci alla stampa filmati militari di questo genere. 

Poi c’è la domanda: ma il drone americano aveva diritto (diciamo così) di trovarsi in quell’area? Era una ricognizione o era una provocazione? E l’abbattimento del drone invece che significa? È un errore o è anche questa una provocazione, un gesto intimidatorio?

Le risposte a queste domande fin qui sono molto parziali, e di parte. Poi approfitto di questo episodio per fare una considerazione più generale: ora, non ho motivi specifici per ritenere che questo filmato possa essere falso (suppongo che non lo sia) ma come giornalisti (e come esseri umani nati e cresciuti in un’altra epoca) dobbiamo abituarci a pensare che un video non per forza è una prova. Oggi è davvero facilissimo creare un video in pochi minuti che sembri in tutto e per tutto reale. 

Ultima questione, la più rilevante: ma quanto è importante questa storia? Devo dirvi la sncera verità: non l’ho capito. Mi pare onestamente che i giornali abbiano dato una rilevanza esagerata a questo fatto, forse perché viene preso come un piccolo pezzetto di una potenziale escalation. Però fin qui la cosa in sé non mi pare così rilevante. Magari mi sbaglio.

Restiamo in tema conflitto, ma per andarne a esplorare uno dei tanti effetti collaterali ambientali. Riporta Ansa, ripresa da diversi giornali che “Dopo aver installato la contraerea sui tetti degli edifici, Mosca perde i suoi parchi e disbosca le sue foreste per lasciare spazio a sistemi di difesa aerea, tra i timori di un attacco alla capitale russa. A riferirlo è un articolo di The Insider, sottolineando che i siti vengono ripuliti per soddisfare i requisiti del ministero della Difesa per proteggere la capitale.

Secondo quanto riferito, i campi dell’Accademia agricola Timiryazev di Mosca sono stati il primo luogo all’interno dei confini della città a testimoniare l’installazione di sistemi di difesa aerea e di un radar multifunzionale 92H6E per rilevare e tracciare bersagli aerei. “È per la protezione di Mosca”, ha spiegato un ufficiale di pattuglia citato da The Insider.

Anche il parco nazionale dell’Isola degli Alci, il più antico della Russia situato a nordest della capitale e terza foresta “urbana” più grande del mondo per dimensioni, ha visto il dispiegamento di sistemi S-400 alla fine di gennaio, insieme ad altri sistemi radar. L’arrivo dell’antiaerea – scrive The Insider – ha suscitato indignazione tra gli ambientalisti e la gente del posto, in quanto la zona fa parte di un’area naturale protetta speciale.

Nel distretto di Pechatniki, nel sudest della città, circa 100 ettari di foresta della Riserva Kolomenskoye sono stati disboscati. “La foresta è stata rapidamente distrutta, con lavori che si sono protratti giorno e notte. Il ritmo è stato incredibile”, scrive il portale, sottolineando la preoccupazioni tra la gente del posto per il fatto che la Chiesa dell’Ascensione, patrimonio mondiale dell’Unesco ospitato nell’area, possa essere a rischio, mentre esperti avvertono che la costruzione di strutture militari vicino a edifici alti mette in pericolo i residenti.

Gli impatti e le conseguenze ambientali del conflitto sono fra gli aspetti meno citati e presi in considerazione dai giornali, perché sul momento possono sembrarci preoccupazioni secondarie, quasi irrilevanti se non naive. “pensi alle piante quando muoiono le persone”. A parte che ovviamente non è che uno debba scegliere per cosa dispiacersi, si può serenamente soffrire per entrambi i motivi, ma una foresta distrutta è uno dei segni più indelebili, che resterà per centinaia di anni. 

Visto che siamo in tema, restiamoci con un po’ di notizie legate alle foreste e agli alberi. Partiamo da uno studio pubblicato da Nature e riportato da Rinnovabili.it. secondo il quale, ancora oggi, la deforestazione viaggia molto più veloce (almeno 4 volte) della riforestazione. 

“Anche se negli ultimi anni si moltiplicano gli sforzi per il ripristino delle foreste tropicali, il ritmo della deforestazione continua a essere ben superiore. Il bilancio di carbonio pende dal lato delle motoseghe: in tutto il mondo, gli alberi abbattuti rilasciano 4 volte più CO2 di quanta ne riescano a sequestrare le aree in via di ripristino.

È la conclusione a cui arriva la prima valutazione globale sull’impatto netto della deforestazione nelle fasce tropicali. Secondo lo studio il ripristino delle foreste tropicali – incluse le foreste degradate che si riprendono dai danni causati dall’uomo e le foreste secondarie che ricrescono in aree precedentemente disboscate – rimuovono ogni anno almeno 107 milioni di tonnellate (Mt) di carbonio dall’atmosfera nei tropici. Questa quantità sequestrata, tuttavia, basta appena per controbilanciare il 26% (21-34%) del carbonio rilasciato ogni anno a causa della deforestazione.

La foresta tropicale più “attiva”, ma anche quella che subisce più danni, è quella del Borneo. È qui che si concentra sia la quota maggiore di rilasci di carbonio, principalmente a causa del disboscamento ad alta intensità di alberi con elevato valore economico, sia la quota più grande di sequestro di CO2”.

Se su larga scala i numeri sono ancora abbastanza impietosa, su piccola scala possiamo però cogliere dei progetti e delle inversioni di tendenza interessanti. Sempre da Rinnovabili.it racconta il caso di New York, e di un suo quartiere in particolare, Broadway. La prossima settimana infatti partirà un progetto che, almeno nelle attese, trasformerà il volto di uno dei più iconici quartieri di New York. 

Il piano promosso dal Sindaco Adams, che si chiama Broadway Vision, “creerà nuovi spazi pubblici, riducendo notevolmente il traffico della caotica strada, proponendo per alcuni tratti unicamente la circolazione ciclo pedonale”.

Il progetto da 375 milioni di dollari della nuova Broadway di New York crea spazi pubblici sicuri e vivibili, accessibili a tutti, provando a ridurre significativamente il traffico e l’uso dei mezzi privati e creando nuove aree di verde pubblico.

Ho trovato interessante anche come il sindaco Adams ha commentato l’iniziativa “Due anni fa, la pandemia ha devastato Midtown e i nostri quartieri degli affari, ma ci ha dato l’opportunità di reinventare i nostri spazi pubblici. A partire da questa settimana, la nostra visione di Broadway prenderà vita con nuovi spazi pubblici vibranti e strade più sicure da Madison Square a Herald Square. Midtown è tornata e New York City è tornata”. Vuoi vedere che la pandemia alla fine, qualche frutto che sta germogliando l’ha portato?

Ultima notizia a tema alberi, sono due notizie in una, almeno per me. Poi capirete perché. Sandra Laville sul Guardian racconta di una iniziativa che vuole introdurre tutele per gli alberi antichi, considerandoli alla stregua di monumenti storici. Questa iniziativa nasce in occasione di un fatto brutto, ovvero l’abbattimento notturno di oltre 100 alberi da parte del consiglio comunale di Plymouth, effettuata nonostante la significativa opposizione locale.

Di conseguenza una organizzazione chiamata Woodland Trust ha fatto partire una petizione che sta raccogliendo migliaia di adesioni per introdurre una legge di tutela degli albe

Andy Egan, responsabile delle politiche di conservazione del Trust, ha detto al Guardian: “Abbiamo più tutele per gli edifici che per gli alberi. Il nostro albero più antico, il tasso di Fortingall in Scozia, ha circa 3.000-5.000 anni – è la più antica entità vivente in Europa, ma non ha lo stesso livello di protezione della Cattedrale di San Paolo. Nessuno penserebbe che sia accettabile abbattere St Paul’s per costruire un altro Shard, ma gli alberi non sono protetti allo stesso modo”.

Una frase che mi ha fatto riflettere. ma ancora di più mi ha fatto riflettere l’esempio che la giornalista riporta subito dopo, come esempio di tutela virtuosa degli alberi. “Le protezioni per gli alberi sono limitate in Inghilterra e Galles. Gli ordini di protezione degli alberi possono essere annullati da un’autorizzazione edilizia. L’Italia invece ha recentemente approvato una legge che garantisce a 20.000 alberi la protezione legale come monumenti naturali. Il Woodland Trust sta valutando se una legislazione simile possa essere perseguita nel Regno Unito”. Interessante. 

Allora, oggi non abbiamo molto tempo per cui mi riprometto di riparlarvene più diffusamente nei prossimi giorni, tanto non  che lo costruiranno domani, e probabilmente nemmeno il giorno dopo, ma tocca tornare a parlare di Ponte sullo stretto.

Tocca parlarne perché è uscita due giorni fa la bozza di Decreto legge “recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente” che a detta dei giornali riapre la partita del Ponte sullo Stretto.

Leggo dal sito dell’Ansa, che riporta alcuni estratti del decreto: “Ritorna la società Stretto di Messina Spa alla quale “partecipano Rfi, Anas, le Regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51%, il Ministero dell’economia, che esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero delle infrastrutture, al quale ultimo sono attribuite funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa”.

La concessione affidata alla società “ha una durata di trent’anni decorrenti dall’entrata in esercizio dell’opera”. “Eventuali proroghe dei termini per la realizzazione dell’opera – continua il testo – determinano corrispondenti slittamenti della durata della concessione”. “Il cronoprogramma di realizzazione dell’opera, con la previsione che il progetto esecutivo è approvato entro il 31 luglio 2024”. E’ la data indicata per il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina dalla bozza del Decreto legge recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente.

Non so, per darvi un’impressione lampo, frutto di qualche chiacchiera con il nostro direttore Daniel Tarozzi, mi sono fatto l’impressione che il Ponte sullo stretto sarà l’opera più costosa mai realizzata in Italia, dove per mai realizzata significa che non verrà mai realizzata. Ma mentre non viene realizzata, costa miliardi di euro.

In chiusura vi segnalo che oggi esce la nostra video storia della settimana. Questa settimana Ezio Maisto ci porta a conoscere la storia di Mondeggi Bene Comune, un presidio di agricoltura contadina diventato negli anni un simbolo delle lotte per il cambiamento verso una società più equa, solidale ed ecologica. Se non la conoscete, ma anche se la conoscete ovviamente, il consiglio è di non perdervela.

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