13 Ott 2022

Quale pace vogliamo? – Io Non Mi rassegno #599

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Nel nostro Paese si stanno moltiplicando le manifestazioni della pace, ciascuna cavalcata da un partito diverso, ciascuna con un’idea di pace diversa in testa. Ma sono davvero utili a costruirla, la pace, quella vera? Intanto sul fronte ucraino ci sono segnali di timida apertura al dialogo da parte di Putin e Biden, mentre prosegue la guerra dei microchip fra Usa e Cina. In Europa, due iniziative dei cittadini europei, una per la tutela delle api e l’altra per vietare i pesticidi di sintesi, sbarcano in parlamento. E sul finire della puntata, torna la leggendaria rubrica “trova il bias”!

MANIFESTAZIONI PER LA PACE

Sul Post ieri è uscito un articolo dal titolo “Nel centrosinistra si litiga sulle manifestazioni per la pace” in cui si spiega molto accuratamente come M5S, Pd e Azione (poi possiamo discutere sulla definizione di centrosinistra, ma di questi stiamo parlando) abbiano deciso ciascuno di aderire a una diversa manifestazione per la pace. 

Il PD, tramite il segretario Enrico Letta, ha annunciato la sua partecipazione al sit-in davanti all’ambasciata russa a Roma di oggi, giovedì, organizzato da un gruppo di associazioni, fra cui Base Italia e Liberi Oltre. Alla stessa manifestazione parteciperà anche +Europa.

Giuseppe Conte, qualche giorno prima, aveva annunciato che il M5S avrebbe partecipato a una «grande manifestazione pacifista» in programma a novembre a Roma (probabilmente sabato 5), organizzata da ARCI, ACLI e molte altre associazioni. 

Infine Carlo Calenda ha annunciato che avrebbe organizzato un’altra manifestazione, la terza, stavolta a Milano e per mostrare un sostegno molto più esplicito all’Ucraina. Infine, il 21-22-23 ottobre la Rete italiana pace e disarmo, un’associazione pacifista piuttosto grossa, organizzerà iniziative in molte città italiane.

L’articolo spiega anche quali sono le richieste delle varie manifestazioni, da quella a cui partecipa il M5S, che chiede sostanzialmente la pace, la de-escalation e lo stop all’invio di armi all’Ucraina, a quella a cui partecipa il Pd, in cui le richieste sono il ritiro delle truppe Russe e il ristabilimento dei confini nazionali ucraini pre-2014, quindi prima dell’annessione della Crimea, a quella più vaga di Azione che sarà “più marcatamente in sostegno dell’Ucraina”.

Comunque la cosa che mi ha colpito della situazione descritta dall’articolo non è tanto il fatto che si abbiano posizioni e idee diverse sul conflitto in Ucraina, cosa legittima e anche sacrosanta. L’affermazione di Calenda “chiedere la pace e al tempo stesso lo stop all’invio di armi all’Ucraina significa chiedere agli ucraini di arrendersi”, è a mio avviso un’affermazione sensata (nonostante venga da Calenda) tanto quanto lo è “Continuare a inviare armi significa continuare ad alimentare il conflitto e a far morire persone”. 

Quello che mi colpisce però è che di fronte a un problema complesso, con radici complesse, con soluzioni inevitabilmente complesse come una guerra che coinvolge molti attori, direttamente o indirettamente, la prima cosa che ci viene in mente è frammentarci in rivoli di persone ognuno con la sua idea di come dovrebbe andare la cosa (spesso abbastanza vaga) e scendere in piazza per dire al mondo che abbiamo ragione noi.

Per carità, è sacrosanto il diritto a manifestare, tanti paesi al mondo nemmeno lo riconoscono e siamo dei privilegiati a poterlo fare (e spesso è anche utile, come abbiamo visto nella puntata di ieri per quanto riguarda le manifestazioni di FFF e XR) ma altre volte ho l’impressione che lo usiamo un po’ a casaccio, per inerzia, senza chiederci che senso ha. Davvero pensiamo che organizzare quattro manifestazioni diverse per chiedere quattro scenari diversi sia una buona idea? Ma mettiamo che Putin stia lì a seguirle in streaming in cerca di consigli su come risolvere la faccenda, non è risulta un po’ confusionaria la cosa?

I problemi complessi necessitano soluzioni complesse che tengano conto dei punti di vista di tutti gli attori coinvolti. Per cui, almeno come esercizio, sarebbe utile avviare delle tavole di confronto, facilitate, con metodi collaborativi, per far lavorare l’intelligenza e la creatività collettive. Questa discesa in piazza somiglia invece, in molti casi, soprattutto quelli che vedono coinvolti direttamente i partiti, a una strategia di posizionamento in cui l’importante non è veramente avvicinarsi alla pace ma mostrarsi e mettersi a presidio di una certa posizione.

Purtroppo, questa cosa la vediamo in tanti aspetti della vita politica, e la stessa predominanza dei partiti (partiti=divisi) fa sì che questo approccio diventi nell’immaginario comune l’unico possibile. Non è un caso che il buon vecchio Olivetti, che due o tre cose le aveva capite, già cinquant’anni fa scrivesse un libro dal titolo “Democrazia senza partiti”.

RAPIDI AGGIORNAMENTI SULL’UCRAINA

Visto che siamo in tema e che ieri abbiamo saltato a piè pari l’argomento, ne approfitto per qualche rapido aggiornamento sull’Ucraina. la notizia di questi giorni è che Putin parteciperà al G20 in Indonesia a novembre e che in vista dell’incontro arrivano dei lievi segnali di distensione. 

L’altro ieri Biden intervistato dalla Cnn ha detto che «Putin non è un pazzo, è un attore razionale. Ma ha completamente sbagliato i suoi calcoli nell’invadere l’Ucraina». Un messaggio tutto sommato distensivo se pensiamo che mesi fa Biden lo aveva definito un assassino, un macellaio e cose del genere. 

Sull’altra sponda, il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha dichiarato che la Russia è pronta a considerare un’eventuale proposta di incontro tra Putin e Biden al G20 di novembre in Indonesia se questa venisse inoltrata. Dopodiché Biden ha detto nuovamente alla Cnn che “non intende” parlare con Vladimir Putin al G20, ma prenderebbe in considerazione un incontro qualora il presidente russo volesse parlare ad esempio del rilascio di Brittney Griner, l’americana in carcere in Russia. Del tipo, ci vediamo solo se parliamo di altro. 

Insomma, non si capisce, e visto che abbiamo già visto altre volte aperture di questo genere che si sono concluse con un nulla di fatto, meglio prendere tutto con le pinze e continuare a seguire l’evolversi dei fatti.

GUERRA DEI CHIP USA-CINA

intanto il giornale dell’Istituto per gli Studi di politica Internazionale, ISPI online, pubblica un articolo che spiega la cosiddetta guerra dei chip fra Stati Uniti e Cina. Una guerra che si gioca a colpi di dazi, controlli e limitazioni sulle esportazioni. 

Dall’inizio della settimana le borse cinesi chiudono in rosso, proprio per via delle azioni dei principali produttori di chip che hanno iniziato la settimana con un crollo da 9 miliardi di dollari. Il motivo? I nuovi controlli sulle esportazioni annunciati venerdì scorso dall’amministrazione Biden, che bloccano la vendita alla Cina di semiconduttori realizzati con tecnologia americana ovunque nel mondo, oltre a impedire ai cittadini statunitensi di lavorare con i produttori di chip cinesi senza autorizzazione esplicita. 

La Casa Bianca prosegue così nel suo progetto di limitare l’accesso cinese a tecnologie e conoscenze critiche, per rallentarne i progressi tecnologici e militari.

Ad oggi sono tre le nazioni che si spartiscono i maggiori primati nell’industria tecnologica: gli Stati Uniti, nello sviluppo di software; Taiwan, leader nella produzione di semiconduttori; e la Cina, maggiore produttore ed esportatore di terre rare. Per molti decenni i tre stati hanno collaborato in qualche forma, avendo economicamente e tecnologicamente bisogno l’uno dell’altro. Questa strana forma di collaborazione, in cui intrecci economici facevano da contraltare a una comunque notevole distanza politica, prendeva il nome di “ambiguità strategica”. Un nome particolarmente azzeccato, che rende l’idea di come il rapporto fosse volutamente ambiguo e gli attori in gioco fossero disposti a chiudere gli occhi su tanti aspetti pur di continuare a fare profitti e sviluppo tecnologico. 

Adesso questo equilibrio precario sembra ancora più precario, vista la crescente assertività cinese nello stretto di Taiwan (446 intrusioni aeree solo ad agosto), e le garanzie americane sull’aiuto all’isola in caso di attacco cinese.

In un periodo di rinnovato nazionalismo economico, anche l’Occidente comincia a riconsiderare l’importanza strategica dei chip. Per questo l’Ue ha varato il suo “Chips Act” da €43 miliardi, seguito ad agosto dai $53 miliardi in sussidi all’industria dei semiconduttori annunciati da Biden. Non solo: in continuità con l’agenda Trump, il presidente americano ha proposto “Chip 4”, un’alleanza con Taiwan, Giappone e Corea del Sud per coprire (e garantire) l’intera catena di approvvigionamento dei semiconduttori. Alleanza che però stenta a decollare probabilmente per il timore delle aziende coreane di perdere l’enorme mercato cinese, e la minaccia cinese di limitare a quel punto l’esportazione di terre rare.

GUERRA PER LA TERRA IN CONGO

A proposito di guerra, ogni tanto è bene ricordare che sebbene sia l’unico conflitto che compare sul 99% dei giornali, non è l’unico conflitto del mondo. Considerate che al mondo ci sono circa una sessantina di guerre (guerra più guerra meno, a seconda delle classificazioni) di cui quasi nessuno parla. Tant’è che se cercate guerre nel mondo, il primo articolo che compare lo abbiamo scritto noi su Italia che Cambia.

Perché vi ricordo questa cosa? perché ieri Green Report ha pubblicato un articolo che fa luce su un conflitto davvero poco raccontato, che sta avvenendo in Congo. Una guerra per la terra, che si sta espandendo fino a occupare tutto l’Ovest del Paese, un Paese ricchissimo di risorse ma che è il quinto più povero del mondo.

Leggo dall’articolo: “A luglio, a Kwamouth, nella parte occidentale della Repubblica democratica del Congo (RdC) si sono scatenate micidiali violenze inter-comunitarie che hanno costretto migliaia di persone ad abbandonare le loro case. Ieri Angele Dikongue-Atangana, rappresentante dell’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) nella RdC,  ha detto che «Sono state uccise più  di 142 persone, alcune delle quali decapitate».

Il conflitto ha avuto inizio nella provincia Mai Ndombé. Negli ultimi mesi sono stati massacrati contadini, insegnanti e capi tribali e i membri delle forze di sicurezza inviati sui luoghi degli scontri per riportare la calma sono stati presi in ostaggio, sono state bruciate  case e scuole e le lezioni non sono riprese all’inizio dell’anno scolastico.

Al centro della disputa ci sarebbe il possesso dei terreni agricoli fra due comunità, Teke e Yaka. L’UNHCR ha spiegato che «Al 6 ottobre, circa 27.000 persone, la maggior parte delle quali donne e bambini, sono sfollate a causa delle violenze e necessitano di assistenza di emergenza nelle province di Kwilu e Mai Ndombé. Inoltre, 2.600 persone hanno cercato rifugio nella Repubblica del Congo dopo aver attraversato il fiume Congo in canoa. Molti di loro sono stati separati dai loro familiari durante la traversata».

Di fronte all’esplosione di questa feroce violenza, il governo ha negoziato con i leader locali e ha dispiegato l’esercito per ristabilire l’ordine ma la situazione della sicurezza rimane tesa e il conflitto sembra estendersi a nuove aree del paese. 

Intanto, forti piogge hanno reso più difficile mettere in salvo i civili e diverse strade essenziali sono diventate impraticabili per i veicoli umanitari che trasportavano aiuti salvavita. Molti hanno lasciato le loro fattorie e campi e hanno lasciato i raccolti nei granai, il che potrebbe aggravare la crisi alimentare.

Ecco, questa è la situazione. È un conflitto, orribile, che ha fatto scappare 30mila persone di casa. Un conflitto per le risorse, che rischia di aggravare la crisi delle risorse. Non so cosa si può fare in questi casi, oltre a inviare aiuti umanitari, ma penso che già informare ci rende più consapevoli (anche dei nostri privilegi).  

PETIZIONI UE (SALVARE LE API E PESTICIDI SINTETICI)

Va bene andiamo un po’ veloci perché abbiamo tante notizie. Due articoli, uno di GreenReport e l’altro di Rinnovabili.it parlano di due diverse Iniziative dei cittadini europei, una per la salvaguardia delle api, l’altra per il bando ai pesticidi sintetici. 

Le Ice sono lo strumento di democrazia diretta presente nell’architettura europea che permette ai cittadini, se raggiungono almeno un milione di firme raccolte in almeno in sette stati membri, di portare una istanza all’attenzione del parlamento europeo che è chiamato a legiferare in merito.

Ora, si tratta di un meccanismo che funziona e non funziona, e non sempre le normaitve europee rispecchiano la volontà che ha spinto i cittadini a promuovere quelle azioni, ma anche solo come cartina di tornasole di una certa sensibilità trovo interessante che queste due petizioni abbiano raggiunto agevolmente il milione di firme.

SEGNALAZIONI

Va bene, momento segnalazioni. Vi segnalo, come approfondimento, la lettura di sue articoli. Il prmo lo pubblica Valori, è a firma di Marco Piccolo, presidente di Fondazione Finanza Etica, e ripercorre le motivazioni che hanno spinto alla nascita della finanza etica.

Il secondo è invece scritto da George Monbiot, firma del Guardian e uno dei giornalisti ambientali più conosciuti e influenti al mondo che scrive un articolo (solo per anglofoni) dal titolo “Faccio parte della coalizione anti-crescita che Liz Truss ama odiare”. Li trovate entrambi sotto fonti e articoli in fondo alla pagina Rassegna stampa di Italia che Cambia.

DART E L’ASTEROIDE

Intanto scrive il Post che la NASA ha confermato di essere riuscita a deviare il percorso orbitale dell’asteroide Dimorphos con la propria missione DART (Double Asteroid Redirection Test). La sonda si era schiantata sul piccolo corpo celeste il 27 settembre scorso a circa 11 milioni di chilometri dalla Terra, nell’ambito di un test molto importante per verificare la possibilità di evitare in futuro disastrose collisioni di asteroidi con il nostro pianeta. I risultati, ben al di sopra delle aspettative, hanno confermato che la tecnologia di deviazione funziona e che potrebbe essere applicata su scale maggiori, nel caso in cui venisse identificato un asteroide pericoloso per la Terra.

TROVA IL BIAS – COSA HA DETTO GRETA SUL NUCLEARE?

l’ultima notizia di oggi segna il ritorno della rubrica più amata, nonché unica, di Io Non Mi rassegno: trova il Bias! 

Ieri molti articoli titolavano con la notizia che Greta Thunberg sarebbe a favore del nucleare. Prendiamo ad esempio l’articolo del Post, segnalatomi dal collega Paolo Cignini. Il titolo del pezzo è: “Secondo Greta Thunberg la Germania fa male a chiudere le centrali nucleari”. Oppure Tg Com 24 che titola: “Greta Thunberg pro nucleare: “Cattiva idea chiudere centrali””

Poi però se si ascolta l’intervista integrale di Greta Thunberg, intervistata dalla giornalista tedesca Sandra Maischberger per il canale tedesco Das Erste, le cose stanno un po’ diversamente. Greta stava criticando il piano energetico tedesco e ha detto che se l’alternativa è aprire nuove centrali a carbone, allora meglio non chiudere quelle nucleari, se sono già attive. L’accento, comunque, era più sull’insensatezza dell’aprire nuove centrali a carbone che sulla sensatezza del nucleare.

Ora vi chiedo: di quale bias cognitivo è caduto vittima il titolista del Post, così come quello di TG Com 24? La risposta, come sempre, nella puntata di domani.

FONTI E ARTICOLI

#pace
il Post – Nel centrosinistra si litiga sulle manifestazioni per la pace

#Ucraina
Internazionale – In questa fase della guerra in Ucraina il negoziato sembra impensabile

#guerra dei chip
Ispi online – Usa-Cina: la guerra dei chip

#Congo
Greenreport – La guerra per la terra del Congo: 142 persone uccise e quasi 30.000 sfollate

#Ice
Greenreport – Convalidate dalla Commissione Ue 1 milione di firme per salvare api e agricoltori
Rinnovabili.it – Basta pesticidi sintetici: i cittadini europei lo gridano con 1 milione di firme

#finanza etica
Valori – Collegialità, responsabilità e valori. Come nacque l’idea di una finanza etica

#decrescita
The Guardian – I’m part of the ‘anti-growth coalition’ Liz Truss loves to hate – and I’m proud of it

#asteroidi
il Post – DART ha davvero deviato l’asteroide

#Greta #trova il bias
GreenMe – Cosa ha detto davvero Greta Thunberg sul nucleare in Germania
il Post – Secondo Greta Thunberg la Germania fa male a chiudere le centrali nucleari

#comunità energetiche
Ansa – Enea, in Italia potenziale per 130mila comunità energetiche

#tassonomia verde
GreenReport – L’Austria fa causa all’Ue contro il nucleare il gas nella Tassonomia verde. E il Lussemburgo si aggiunge

#Ue
Internazionale – L’Ue tra Nobel per la pace e guerra ai migranti

#camion elettrici
Rinnovabili.it – Solo camion elettrici in strada entro il 2035? È possibile Solo camion elettrici in strada entro il 2035? È possibile

#Ita Airways
la Repubblica – Ita Airways, i consiglieri dell’Economia tolgono i poteri ad Altavilla. Assemblea dei soci l’8 novembre per l’aumento di capitale

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