21 Set 2017

Jamadda, l'ecovillaggio in Giamaica nato dal sogno di un'italiana

Scritto da: Ezio Maisto

Capitata per caso in un paesino sulla costa giamaicana, Ramona vi ha fondato un ecovillaggio in permacultura nel quale visitatori e comunità locale si scambiano esperienze e know-how. Dopo tre anni di iniziative per preservare la cultura locale dal colonialismo economico, Jamadda è diventato una delle più rilevanti avanguardie del cambiamento di tutta l’isola, al punto che è stato scelto dall’ONU per rappresentare la Giamaica alla prossima Conferenza Mondiale del Turismo Sostenibile.

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GLI INVERNI AL CALDO
In seguito alla crisi economica del 2008, che aveva causato la riduzione del suo impegno come formatrice e consulente aziendale in Italia, Ramona Bavassano – ligure di nascita e salernitana di adozione – inizia a dedicare i suoi inverni al volontariato in giro per il mondo, supportando progetti etici e rientrando in Italia solo con l’inizio della primavera. Dopo anni di impegno per il Corporate Social Forum in Brasile, per gli zapatisti in Messico, per le donne imprenditrici in India, per un progetto di permacultura in Thailandia e per il SAELAO project in Laos, nel 2012 decide di concedersi una vacanza pura, ossia un viaggio senza scopi ulteriori. Ma il suo incontenibile spirito d’iniziativa avrebbe finito per avere la meglio anche stavolta.

 

È il novembre 2012 e Ramona si trova in Honduras in attesa di attraversare il Mar dei Caraibi in barca a vela. Il giorno prima della partenza, il proprietario della barca che avrebbe dovuto portarla in Colombia tramite il couchsailing viene abbandonato da sua moglie e decide di rinunciare al viaggio. Non avendo altre possibilità di raggiungere la sua meta da lì, Ramona cambia i suoi piani e approfitta dell’unica barca in partenza in quei giorni da quel porto, destinazione Giamaica.

 

 

IL PRIMO STEP: WELCOMING VIBES
Arrivata in Giamaica, accetta su couchsurfing l’offerta di ospitalità di Paul, un pescatore di Treasure Beach – sulla costa sud dell’isola – che vorrebbe arrotondare le sue entrate affittando parte della sua casa ai turisti. Appena Ramona lo raggiunge, si rende subito conto delle grandi potenzialità di quel luogo. Decide quindi di affrontare apertamente lo scetticismo dei giamaicani nei confronti delle donne alle prese col lavoro fisico: “se trasformo la tua casa in una guest-house, facciamo diventare il tuo rudere abusivo sulla collina un centro eco-turistico?” Dopo due settimane di ritinteggiature, decorazioni, rifiniture e ammodernamenti in totale autocostruzione (di cui Ramona è un’esperta fin da quando ha ristrutturato un casale in provincia di Salerno facendolo diventare la sua base per 15 anni), la casa nel villaggio è pronta per accogliere i primi tedeschi in visita e lo stupefatto Paul a riconoscerla come socia.

 

L’inverno successivo Ramona torna in Giamaica determinata a investire parte dei suoi risparmi e sfidare ancora la cultura maschilista del posto. Si diverte quindi a gareggiare con i muratori – che nel frattempo stanno ristrutturando il rudere in collina – nell’uso della motosega e nell’intonacatura. Così, tanto “per dare un’immagine delle donne diversa da quella cui sono abituati”. Poi realizza il primo laboratorio di falegnameria al femminile dell’isola, scambiando la formazione professionale alle donne del villaggio con i mobili da loro stesse realizzati per arredare la casa ormai pronta. Infine, inizia a organizzare cene sociali, corsi di cucina e altri eventi culturali che in breve tempo consacrano quella dimora in collina come il luogo più vivo di Treasure Beach. Nasce così Welcoming Vibes.

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JOHN IL RASTA
Man mano che passa il tempo, però, Ramona si rende conto di quanto l’immagine di europea venuta a svernare e a far business nel terzo mondo le stia stretta. E così, fomentata dalla constatazione che, come tutte le colonie economiche statunitensi, la Giamaica abbia perso quasi tutta la sua capacità produttiva per ricorrere all’importazione di qualsiasi tipo di merce, inclusi prodotti alimentari freschi che potrebbero essere coltivati in loco, decide di guardarsi intorno alla ricerca di energie nuove e di progetti con un impatto sociale e ambientale più forte.

 

Ormai diventata celebre nel villaggio, un giorno riceve l’invito a pranzo di John, un architetto collezionista d’antichità laureatosi a New York e tornato poi nel suo paese natio per diventare una sorta di maestro spirituale della cultura rasta. John vive in una zona piuttosto isolata e sta creando nel suo terreno pietroso una piccola riserva botanica con specie vegetali autoctone e una mini-galleria d’arte sulla storia della Giamaica. Incuriosita, Ramona accetta di recarsi a quello che, a tutt’oggi, resta il pranzo più lungo della sua vita. Uscirà da casa di John, difatti, solo 48 ore dopo. Con due novità: un nuovo partner e il sogno di un ecovillaggio nel luogo più bello di Treasure Beach.

 

IL PROGETTO DI ECOVILLAGGIO
Secondo la migliore tradizione rasta, John è un uomo abituato a misurare il tempo in numeri di boccate a uno spinello d’erba, pratica che – com’è noto – tende però a dilatarlo oltremisura. Tuttavia pare che, alla proposta di Ramona di far sorgere in quel luogo un parco dedicato alla permacultura e al recupero delle tradizioni produttive locali aperto ai visitatori da tutto il mondo, John non abbia avuto bisogno di più di due o tre boccate e di altrettante domande.

 

Tornata alla base, negozia un accordo con Paul. Appena lei avrà formato due ragazze del posto a sostituirla nel lavoro di accoglienza turistica, lui le intesterà un terreno agricolo come buonuscita per il lavoro su Welcoming Vibes. Qualche settimana dopo, Ramona si trasferisce nella casa in cui John vive col più giovane dei suoi cinque figli, pronta per iniziare la sua nuova avventura.

 

Un’avventura tutt’altro che semplice, considerato che la strada per arrivare al terreno di John è praticamente inesistente e realizzarla richiederebbe uno sforzo economico improponibile. In pieno spirito di progettazione permaculturale, Ramona ha però l’idea di trasformare quella minaccia in opportunità. Inizia a decorare il sentiero di piccole farfalle colorate di legno (riciclato dai materiali di scarto per la realizzazione del salone per le attività) e pianta fiori in grado di attrarre le bellissime farfalle endemiche di quel luogo. Quel percorso è ora il “Sentiero delle farfalle”, trekking artistico obbligatorio per chi visita l’ecovillaggio.

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JAMADDA PERMACULTURAL PARK
Tre anni dopo, nonostante il terreno pietroso, la mancanza dei più elementari materiali per l’edilizia, il clima secco e le piogge tutte concentrate in poche settimane l’anno, il Jamadda Permcultural Park è una realtà.

 

Oltre al sentiero di accesso, Ramona e John – con l’aiuto dei volontari che sono passati da lì e il lavoro di manovali locali formati così alla bioedilizia – hanno rimodernato con le loro mani la galleria d’arte e il cottage già esistenti, adeguato la “villa” per l’accoglienza degli ospiti, allestito una sala attività e un laboratorio di artigianato, avviato un sistema di raccolta dell’acqua piovana sui tetti (in un paese in cui perfino le grondaie sono un lusso per pochi) e realizzato le prime aiuole in permacultura a scopo didattico. Dulcis in fundo, hanno creato un sentiero ad hoc per il birdwatching completo di rifugi per volatili, lungo il quale vengono a soggiornare il Doctor Bird – il colibrì con la coda lunga simbolo della Giamaica – e altri uccelli multicolore.

 

Ma non è finita qui. Dal prossimo novembre, il ritorno di Ramona in Giamaica coinciderà con la semina di una piantagione di moringa, pianta tropicale edibile dalle innumerevoli proprietà, la promozione di un Presidio Slow Food per preservare le piante di pimento e ackee dalla sparizione e l’attivazione di una banca dei semi per proteggere la biodiversità e ovviare alla carenza di semi autoctoni. La stragrande maggioranza dei prodotti agricoli consumati in loco, infatti, è importata dagli USA e la residua produzione proviene da semi OGM sterili che costringono i pochi contadini rimasti a costi di produzione elevatissimi (un fascio di lattuga arriva a costare come da noi il formaggio) per coltivare specie che non hanno nulla a che vedere con le tradizioni locali.

Il team di Jamadda

Il team di Jamadda



GUERRIGLIA CULTURALE

A questo proposito, Ramona non usa mezzi termini. Lei ha già dichiarato guerra all’imbarbarimento culturale dell’isola. Poiché le ragazze del luogo non possono andare in spiaggia senza essere considerate facili, ogni anno organizza un laboratorio di costruzione di lettini da sole, permettendo alle partecipanti di accedere alla spiaggia per ragioni “lecite”. Per non parlare della raccolta di documentari per far partire l’unico cinema di tutta la Giamaica che ha lo scopo di sensibilizzare alla possibilità del cambiamento; del mercatino per artisti e artigiani della provincia; dei laboratori per l’autoproduzione di sciroppi, frutta essiccata, erbe e aromi, che lancerà il prossimo inverno con lo scopo di favorire la nascita di microimprese in grado di sostituire con leccornie locali i costosi prodotti industriali importati.

 

Per continuare a promuovere e ispirare il cambiamento, fondamentali sono anche le partnership che Ramona e John stanno innescando. Insieme con altre tre fattorie biologiche da poco sorte ai quattro lati dell’isola – anch’esse su iniziativa di forestieri che hanno cambiato vita e di giamaicani di ritorno – Jamadda ha infatti promosso la nascita di una rete degli agricoltori naturali giamaicani che avrà il compito di promuovere la permacultura in tutto il Paese. È inoltre in dirittura d’arrivo l’accordo per l’attivazione, presso l’ecovillaggio, di un campo annuale della nota Rumundu Summer school per innovatori sociali.

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IL RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE
Insomma, c’è ancora molta strada da fare, spesso in salita, ma il lavoro compiuto sta già portando diversi frutti. Il progetto inizia a essere non soltanto conosciuto, ma anche riconosciuto come modello replicabile in altre zone del Paese e, più in generale, del terzo mondo. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia che Ramona Bavassano rappresenterà la Giamaica alla prossima Conferenza Mondiale del Turismo Sostenibile (UNWTO Conference), che si svolgerà dal 27 al 29 novembre 2017 a Montego Bay.

 

La candidatura di Jamadda è stata accettata dall’ONU in quanto propone soluzioni per creare lavoro nelle regioni rurali attraverso l’avvio di uno spazio internazionale di co-working, co-living e fab-lab dove i viaggiatori dei paesi sviluppati possono scambiare l’esperienza di una vacanza residenziale in luoghi ameni con la divulgazione di esperienze professionali e know-how maturati nel primo mondo (con un approccio peer2peer invece della classica mediazione post-colonialista). Lo scopo è di offrire ai visitatori la possibilità di una vacanza intelligente e davvero utile per il paese ospitante (o addirittura una possibilità per mollare tutto e cambiare vita) e proporre alle comunità locali un’occasione di crescita culturale e imprenditoriale nella direzione di una maggiore indipendenza economica e della promozione di progetti in grado di contribuire al raggiungimento dei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile  promossi dall’ONU.

 

Volontari e persone in cambiamento, sempre benvenuti a Jamadda, possono contattare Ramona scrivendo a jamadda.jamaica@gmail.com.

 

 

 

 

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