31 Ott 2012

Viaggio nell’Italia che cambia: la Sardegna si mette in rete

Scritto da: Daniel Tarozzi

Del Veneto abbiamo parlato in un articolo recente. Dopo essere passati dalla Lombardia (di cui vi parlerò presto) ci siamo spostati in Sardegna, […]

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Del Veneto abbiamo parlato in un articolo recente. Dopo essere passati dalla Lombardia (di cui vi parlerò presto) ci siamo spostati in Sardegna, dove siamo rimasti per quasi due settimane. A seguire il resoconto di questo “soggiorno”. Nel frattempo io mi sono spostato in Liguria e da oggi sono inTrentino Alto Adige. Buona lettura!
BosaNon c’è niente da fare, la Sardegna mi strega. Dovevo restare lì una settimana e ne sono passate quasi due. E non volevo più andarmene! Sì, certo, il mare è stupendo, il clima estivo, paesaggi magnifici. Ma c’è molto, molto, di più.
Ci sono risorse archeologiche straordinarie, poco conosciute e spesso poco valorizzate. Ci sono sapori e odori forti, avvolgenti. C’è una vegetazione (quando viene lasciata libera di crescere) che si perde nell’infinito e riverbera in infinite sfumature di verde.
Ci sono i templi dedicati all’acqua, che sopravvivono dopo oltre 3000 anni. Ma soprattutto ci sono tante, tantissime persone che senza forse rendersene conto vivono e praticano il cambiamento.
Ovviamente ci sono anche grandissime difficoltà: la disoccupazione endemica, la crisi della pastorizia, le fabbriche che chiudono, lo spopolamento dei paesi, la lontananza con le altre terre. E poi una politica, quella italiana, che qui, più che altrove sembra aver dato il peggio di sé, agendo in un modo che definire “colonialista” è poco.
Le ricchezze della Sardegna, infatti, sono state valorizzate… ma non per i sardiI minerali venivano estratti dai sardi e rivenduti altrove, il latte viene prodotto dai sardi e rivenduto altrove, e così via. Qui non veniva e non viene lasciato quasi niente. Ancora una volta ho avuto la conferma che il modello in cui viviamo, basato sulla crescita del Pil e sulla mercificazione dell’esistenza, alla lunga, produce solo miseria e che solo chi – per scelta o necessità – vive senza subirlo passivamente, riesce a muoversi dignitosamente in questo mondo.
[…]
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