26 Lug 2024

Overtourism, quando il turismo smette di essere viaggio e diventa scorciatoia

Scritto da: Tiziana Barillà

L’estate 2024 è la stagione delle lotte contro l’overtourism, l’ideologia del turismo come panacea di tutti i mali economici e sociali che sta trasformando i nostri territori in parchi giochi dove tutto è permesso. Calo dei salari, perdita della qualità della vita, rumore perpetuo e speculazione abitativa sono le conseguenze di un turismo incontrollato e famelico che finisce per travolgere ogni diritto ed ogni servizio.

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L’estate 2024 è la stagione dell’overtourism e delle proteste contro questo fenomeno che l’Organizzazione mondiale del turismo definisce come «l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori».

Sui titoli dei TG di questa estate vediamo migliaia di persone sfilare per le strade di Maiorca, nelle scorse settimane abbiamo visto un fiume di gente altrettanto straripante lungo le strade dell’incantevole Tenerife. Anche a Barcellona le proteste impazzano, alcuni residenti hanno “recintato” un gruppo di turisti in un bar per le vie del centro, mentre altri residenti armati di pistole ad acqua colpivano con gli spruzzi altri turisti. Anche se è la Spagna a guidare la lotta contro l’overtourism, il problema del turismo che tutto divora è una questione europea, quindi anche italiana.

In Italia, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo (Unwto), nel 2022 quasi 50 milioni di persone hanno varcato i confini senza colpo ferire, un numero quasi pari alla popolazione residente. Un risultato sbandierato dal governo come un successo, al netto – però – delle conseguenze: spiagge sovraffollate, montagne assediate, città storiche soffocate da masse di visitatori. A Bolzano, per esempio, sono arrivati 64 turisti per ogni residente. E Venezia registra oltre 14 mila turisti per chilometro quadrato, guadagnando nel 2023 il titolo di seconda città al mondo per sovraffollamento turistico, dietro solo alla croata Dubrovnik (dato del rapporto annuale ‘The state of tourism and hospitality’ di McKinsey, una piattaforma che si occupa di sviluppo sostenibile).

venezia
Venezia è una delle città dell’overtourism

Con uno studio sperimentale, l’istituto Demoskopika ha elaborato una mappa interattiva del sovraffollamento turistico: Rimini, Venezia, Bolzano, Livorno, Trento, Verona e Napoli sono le sette destinazioni italiane a “soffrire” di più il fenomeno dell’overtourism. Seguite da quelle con un rischio “alto”: Milano, Firenze e Roma. Se le grandi città come Milano, Roma e Napoli riescono ancora a gestire il flusso grazie alle loro dimensioni, quelle più piccole come Firenze e Bologna sono in evidente difficoltà.

A Firenze, per limitare gli affitti brevi nell’area del centro città, l’ex sindaco Nardella aveva firmato una delibera ‘anti Airbnb’, finora il Tar ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da una serie di soggetti fortemente interessati all’argomento, come il Codacons e Confedilizia, ma tutto sommato la sentenza non ha bocciato la delibera. A Bologna, per proteggere il diritto alla casa, si ragiona su progetti come il Piano per l’abitare firmato dalla vicesindaca Emily Clancy ma intanto, a breve termine, Bologna continua a essere preda di investitori esteri che speculano sul patrimonio immobiliare della città. 

Torniamo in Spagna dove, come abbiamo visto, la rivolta contro l’overtourism è già partita da un pezzo. Negli ultimi dieci anni a Barcellona gli affitti sono aumentati del 68% e i prezzi delle case sono cresciuti del 38%. La capitale catalana è senz’altro un laboratorio di politiche urbane per le città europee ed è senz’altro una delle prime città a interrogarsi su come far fronte alla voracità del turismo che ogni diritto inghiotte. Durante i due mandati della sindaca Ada Colau (2015-2023), per esempio, è stato approvato un piano urbanistico che ha limitato l’apertura di nuovi hotel.

Un “turismo della vendetta” allevato tra i gangli di una corsa forsennata alla ripresa economica, dentro l’ansia di recuperare gli anni di semi immobilità della pandemia

E oggi Barcellona annuncia nuove e ancora più drastiche misure, come lo stop agli affitti a breve termine e la stretta sui croceristi. Il sindaco Jaume Collboni ha annunciato che entro novembre 2028 il Comune di Barcellona eliminerà le licenze delle oltre 10mila abitazioni che attualmente sono abilitate per gli affitti a breve termine. In programma anche l’aumento della tassa di soggiorno per i passeggeri delle navi da crociera che visitano la città per meno di 12 ore.

L’ideologia del turismo come panacea di tutti i mali economici e sociali sta trasformando i nostri territori in parchi giochi dove tutto è permesso e liquidando le comunità a schiere di affittacamere, camerieri e intrattenitori al servizio di sua maestà il turista. Calo dei salari, perdita della qualità della vita, rumore perpetuo e speculazione abitativa (aumento quindi degli affitti e dei prezzi di vendita delle abitazioni). Non sono controindicazioni, né un destino ineluttabile, ma sono le conseguenze di un turismo incontrollato e famelico che finisce per divorare ogni diritto alla città, ogni diritto, ogni servizio. Commercio di prossimità, botteghe e servizi alla persona scompaiono laddove tutto è pensato e organizzato per servire i turisti.

Ma è davvero un male il turismo? E, soprattutto, i turisti sono nostri nemici oppure nostri alleati nella battaglia contro un turismo alla mercé del capitalismo feroce e famelico? Per non cadere nelle facili semplificazioni che puntano al tutti contro tutti tanto in voga ai nostri tempi, indossiamo le lenti della complessità e iniziamo chiamando le cose con il loro nome.

Trevi fountain with crowds
Se Milano, Roma e Napoli riescono ancora a gestire il flusso grazie alle loro dimensioni, Firenze e Bologna sono in evidente difficoltà

Non è il turismo il male, piuttosto lo è quello che Eric Sylvers sulle colonne del Wall Street Journal ha definito revenge tourism. Un “turismo della vendetta” allevato tra i gangli di una corsa forsennata alla ripresa economica, dentro l’ansia di recuperare gli anni di semi immobilità della pandemia. L’overtourism, in verità, è un problema pre-pandemico ed è in corso da anni, già nel 2018 l’Unwto ci metteva in guardia sulla necessità di trovare misure adeguate per limitare il problema. Il problema invece si è arrestato con la pandemia per poi riprendere, dopo due anni di stop, più travolgente che mai.

All’indomani della semi-immobilità globale e della crisi economica pandemica, molti paesi hanno pensato di intraprendere la scorciatoia del turismo salvifico per rimpinguare le casse statali. Grecia, Spagna e Italia sono i tre paesi che più di altri in Europa hanno puntato tutte le loro fiches sul turismo. La campagna della ministra Santanché – Open to Meraviglia – ne è una prova lampante e tangibile nell’immagine volgarizzata della povera Venere di Botticelli che sembra cantare il must anni ‘80 di Viola Valentino: “Comprami, io sono in vendita”.

L’overtourism sta mettendo a dura prova anche i nostri territori e le nostre vite. Le nazioni aprono le porte delle nostre case lasciando che siano le nostre città – senza mezzi e senza poteri – a sobbarcarsene il peso. Le autorità locali provano a trovare soluzioni per gestire l’afflusso di turisti e preservare il patrimonio culturale e ambientale delle nostre comunità introducendo nuove tasse d’ingresso o, in qualche caso come a Venezia, restrizioni sulle dimensioni dei gruppi. Si va a tentoni, là dove il buco legislativo sul turismo di massa permette l’affermazione della legge della giungla.

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