15 Giu 2021

Il dolore e la speranza di due genitori che vedono la propria figlia a un passo dalla morte

Scritto da: Brunella Bonetti

Quanta sofferenza pervade una madre e un padre che vedono la loro figlia in fin di vita? Quanta forza è richiesta loro durante i lunghissimi giorni in cui la assistono impotenti mentre lotta contro la morte? E quanta gioia possono provare quando la battaglia è vinta? Ce lo racconta BB in questa nuova puntata della sua incredibile storia.

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“Nel mio sforzo di comunicare una rete complessa di concetti e di idee all’interno delle restrizioni lineari del linguaggio scritto, ho pensato che sarebbe stato utile creare dei collegamenti all’interno del testo attraverso una serie di rete a piè di pagina. La mia speranza è che il lettore scoprirà che, così come la trama della vita, anche il libro stesso è un tutto maggiore della somma delle sue parti”.

Fritjof Capra, La rete della vita

Continui la tua lettura de “La rete della vita”, magari ti può essere d’ispirazione e di compagnia in queste lunghe ore prima dell’operazione. Perché in questo tuo lunghissimo e difficilissimo anno, BB, se è vero che “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare”, per te è diverso: c’è la rete sotto che ti protegge dalle cadute. Siete tutti riuniti in cerchio: BB, i tuoi genitori e i chirurghi. Tema di discussione, la tua storia clinica: lunga, pericolosa, miracolosa. I chirurghi parlano tra loro e con voi, nel loro linguaggio astruso: “La paziente ha una storia di trauma cranico secondario dovuto ad una caduta di circa 3 metri, a seguito della quale veniva trasportata al pronto soccorso dell’ospedale e sottoposta a TAC che documentava falda di ematoma epidurale in sede temporo-parietale bilaterale sinistra ed ematoma subdurale acuto destro. Pertanto, in data 01-04-2020 veniva sottoposta a craniotomia decompressiva emisferica destra e a craniotomia sinistra con riapposizione dell’opercolo osseo. Dal mese di agosto compariva soluzione di continuo con esposizione e infossamento dell’opercolo osseo fronto-temporale destro. Pertanto in data 07-10-2020 la paziente veniva sottoposta a intervento di rimozione dell’opercolo osseo destro infetto e toilette della ferita”.

La Rete della Vita
Perchè l’altruismo è alla base dell’evoluzione
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«Tradotto in termini umani, dottore – interviene tuo padre – la ragazza è stata operata sette volte alla testa, le hanno messo e tolto l’opercolo tre volte, l’hanno tenuta in vita con i macchinari in terapia intensiva per quasi un mese, l’hanno nutrita con le flebo e l’hanno disinfettata con mesi di antibiotico sfiancante in attesa di quest’ultimo intervento».
«Scusi se mi permetto – interviene anche tua madre – quando mia figlia è stata portata in ospedale dall’ambulanza, i vostri colleghi ci hanno fatto le condoglianze. Abbiamo passato venti giorni in attesa della chiamata in cui ci dicessero che non era sopravvissuta a tre interventi d’urgenza, delicatissimi. Io avevo perfino scelto il posto dove mettere l’urna con le sue ceneri: sul davanzale davanti la finestra, dove stava sempre in piedi con lo sguardo assorto a guardare fuori».
«Poi un giorno il telefono è squillato – interviene di nuovo tuo padre –: era davvero il chirurgo e piangeva. Ma di gioia. “Ha mosso una mano” urlava commosso. Poi da quel momento si sono susseguiti una serie di miracoli, uno dopo l’altro. Giorno dopo giorno lei tornata in vita, riprendeva a muoversi, a parlare, a nutrirsi e a sorridere».

Io non ricordo nulla né dell’incidente né dei successivi venti giorni. E, forse, è meglio così. Però la mia storia la conosco bene. E la racconto proprio come mi è stata raccontata da chi l’ha vissuta accanto a me, ogni giorno. Primi tra tutti i miei genitori. A cui devo la vita e anche la nuova vita. Perché, in fondo, BB quest’avventura l’avete vissuta in tre. Quanto dolore può provare una madre di fronte a tutto questo? Quanto può reggere un padre, per quanto forte, a venti giorni di tortura in cui ogni chiamata può essere quella di un dottore che gli dice che è finita? E d’altra parte, quanta gioia possono provare due genitori ai quali è stata donata un’altra figlia? Una nuova BB doppiamente miracolata, non sono perché scampata a morte certa, ma perché tornata tale e quale a prima “se non meglio”, scherzi tu. Perché saresti potuta diventare paralitica, paraplegica, sorda, muta, cieca, per dire solo alcune delle conseguenze che hai rischiato dopo un simile trauma. E invece ti ritrovi tra le mani un tesoro più prezioso della vita stessa: un foglio bianco sul quale puoi riscrivere, da capo, la tua storia.

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Forse non ti rendi conto, BB, di quello che è stato, della forza che hai avuto, del miracolo che sei. Amore, tu non sai che dolore sia vedere la propria figlia, la propria amica, sorella, una parte di sé in quelle condizioni, morente per terra o appesa a un macchinario salvavita per giorni, settimane. E non sai che gioia immensa sia per una madre, rivedere le sue mani che si muovono e poi, giorno dopo giorno, rivederla crescere, parlare, mangiare, camminare, sorridere, piangere… rivederla vivere e da bambina trentatreenne che era tornata, accompagnarla ogni giorno nel suo sbocciare come una crisalide.

«Si, è difficile spiegare l’emozione di un padre nel vedere con quale forza e caparbietà affronti la vita ogni giorno. Ogni tanto, io e tua madre, ci fermiamo a guardarti, attoniti di fronte la tua tenacia. Ma dove troverà tutta questa forza?», mi ha sussurrato una volta tuo padre, nel vederti affrontare a testa bassa, ma costante, tutte le difficoltà di quest’ultimo anno. E ti prego, amore mio, non buttarti giù, non pretendere troppo da te stessa. Quello che fai è già tantissimo.

«Noi ti conosciamo e sappiamo che sei caparbia», ha detto tua madre. «Ma permettiti di essere umana, impara a volerti bene e a ringraziare te stessa per tutto ciò che hai passato e superato. Noi tutti siamo grati all’universo per il miracolo che sei».

Perché si vede, BB, che non ti basta mai. Si percepisce che sei affamata di vita. Affamata di vita, di crescere e sapere. Proprio come una neonata, ma con la mente e l’esperienza di un’adulta che ha divorato la vita con piglio intraprendente e, a volte, masochista. Ora, però, BB sei nata diversa e diversamente affronti le tue prime volte con un entusiasmo ed una meraviglia sorprendenti. Ed è nei giorni pre-operazione, BB, che hai raggiunto altri traguardi e seminato per il tuo futuro firmando il contratto editoriale del tuo secondo libro Nomadi d’Occidente; partecipando a un colloquio per un posto di lavoro a Milano e condividendo per la prima volta con degli estranei il tuo ultimo grande progetto di eco comunicazione “Le Storie di BB”. Dopotutto, non poteva essere altrimenti, in un’incredibile storia come la tua BB.

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Sì, in fondo qualcosa di positivo l’ho combinato in questi rocamboleschi giorni pre-operatori: ho scritto! Ho scritto e vissuto il proseguimento della storia di BB e di una nuova rinascita!. Continua a scrivere, BB, continua a seminare, amare, pensare positivo, a crederci e non mollare. Continua a vivere come fai. Sarà esemplare per tante altre storie. Sarà la forza di tanti altri simili a te. Sarà la dimostrazione per molti che ce la si può fare. Sempre, nonostante tutto. Sei talmente abituata a fare tantissimo e ad alzare l’asticella del limite che nemmeno nei momenti più duri molli la presa e abbassi le pretese nei tuoi confronti. Va bene, certo, è la tua forza, ma non correre troppo. Non pretendere l’assoluto. Lascia che a correre siano i pensieri, i desideri, ma poi resta anche ben piantata nella terra, proprio come un albero.

C’era una volta un albero, imponente e stabile, che un giorno, all’improvviso venne colpito da un fulmine. Per miracolo l’albero non morì, ma venne spaccato a metà. E mentre una delle sue metà giaceva in terra senza vita, l’altra resistette e ricominciò a vivere pian piano. Giorno dopo giorno trasformava la luce del nuovo sole spuntato, in linfa vitale. Pian piano riprese tutte le sue funzioni e si vestì di nuove gemme, di nuove foglie verdi e di nuovi, coloratissimi fiori. Ma ci volle molto tempo. Trascorsero tutte le stagioni, venne la pioggia, il freddo, il sole, la grandine, il caldo. Ci fu la vita intorno e dentro l’albero a metà. Leu, che non era più quello di un tempo, era diventato molto più esile e tenero, però era anche molto più flessibile, più vivace e, in fondo, molto più felice. Perché non era più un albero solo. Piuttosto connesso con tutte le piante vicine e abitato da decine e decine di esseri viventi.

Affonda le tue radici nella rete, BB. Sii aperta, sii fragile. Puoi mollare, BB, c’è la rete che ti sorregge. Sii tronco nel mezzo di cielo e terra. Sii l’albero che ti appartiene. Sii te stessa, e mostrati per ciò che sei. Non devi più averne vergogna…

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