23 Set 2016

Corte di Giustizia: stop ai cosmetici testati su animali (anche extra Ue)

Scritto da: Tamara Mastroiaco

A Bruxelles, la Corte di Giustizia ha chiarito una volta per tutte la Direttiva europea: stop ai test cosmetici su animali e divieto di vendita in Europa dei prodotti sperimentati su cavie al di fuori dall’UE per consentirne la commercializzazione nei Paesi terzi.

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La Corte di Giustizia europea ha stabilito che è vietato introdurre e commercializzare all’interno dell’UE i cosmetici, i cui ingredienti siano stati oggetto di sperimentazioni animali, anche qualora, i test fossero effettuati al di fuori dell’Unione per consentire la vendita dei prodotti nei Paesi terzi.

La sentenza emanata dalla Corte ribadisce il divieto ai cosmetici testati su animali già sancito dalla Direttiva europea entrata in vigore l’11 marzo 2013 e, al contempo, aggiunge un altro punto fermo: è vietata la sperimentazione su animali anche per quei prodotti destinati ai mercati di Paesi che ancora li ritengono indispensabili. Secondo i giudici, anche se i test sono stati effettuati fuori dall’Europa, la commercializzazione dei prodotti nei paesi membri dell’UE viola il regolamento europeo.

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“L’accesso al mercato dell’Unione – sottolinea la Corte – è subordinato all’osservanza del divieto di ricorrere alla sperimentazione animale. È irrilevante la circostanza che le sperimentazioni animali siano state richieste al fine di permettere la commercializzazione del prodotto in Paesi terzi perché il diritto dell’Unione non opera alcuna distinzione in base al luogo in cui sono state effettuate”, precisando, inoltre, che il recepimento della Direttiva “ha la finalità di promuovere l’utilizzo di metodi alternativi che non comportino l’impiego di animali per garantire la sicurezza dei prodotti. La realizzazione di tale obiettivo sarebbe notevolmente compromessa se fosse possibile eludere i divieti previsti dal diritto dell’Unione effettuando le sperimentazioni animali in Paesi terzi”.

La sentenza ha avuto origine da una causa intentata dalla Federazione europea dei produttori di cosmetici (Efci), un’associazione di categoria, la quale riteneva che i regolamenti europei non fossero violati se la sperimentazione venisse condotta al fine di conformarsi alle normative degli stati non facenti parte dell’UE. La Federazione si è rivolta, quindi, alla giustizia britannica per accertarsi se le tre società affiliate, che hanno effettuato sperimentazioni animali al di fuori dell’Unione, per vendere i loro prodotti in Cina e Giappone, potessero essere sanzionate penalmente, in caso di immissione di tali prodotti sul mercato del Regno Unito.

La risposta della Corte di Giustizia ha chiarito una volta per tutte la normativa europea, “che non si presta ad essere “stiracchiata” in funzione degli interessi economici di questo o quel produttore. Il divieto è perentorio. Ciò che è lecito a Pechino o Tokyo, non lo è a Bruxelles” ha commentato Carla Rocchi, Presidente di Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA). Un plauso anche dalla Lega Antivivisezione (LAV): “È una vittoria dell’Europa che ci piace. È una vittoria anche per la validità della ricerca scientifica senza animali. Questo rafforza l’azione dell’UE che già in passato ha fatto in modo che due grandi paesi esportatori di cosmetici come India e Brasile vietassero sul proprio territorio questo tipo di sperimentazione sugli animali” dichiara Gianluca Felicetti, Presidente dell’associazione.

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“Rimangono, però, ancora molte lacune nella Direttiva che vieta di testare e importare materie cosmetiche sperimentate su animali. Le aziende, infatti, non possono effettuare test in tutto il territorio comunitario, ma possono farlo all’estero vendendo tali prodotti in Paesi extra-UE. Molte materie prime, inoltre, non vengono utilizzate unicamente in ambito cosmetico, ma possono sovrapporsi a quello chimico e quello farmaceutico, venendo, di conseguenza, testate su animali perché richieste da altre normative” aggiunge Michela Kuan, Responsabile Area Ricerca senza Animali – LAV.

Per questo l’associazione ribadisce l’importanza dello standard internazionale “Stop ai test su animali”  l’unico disciplinare riconosciuto che prevede il controllo da parte di un ente indipendente dell’intera filiera di produzione, comprese tutte le materie prime, i fornitori e i laboratori di produzione.

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