15 Feb 2021

Machiko Takahashi: la flautista racconta il carcere e regala musica ai detenuti

Vi proponiamo la seconda testimonianza nell’ambito dell’iniziativa “Chi ha varcato la soglia”, lanciata dalla Cascina Macondo di Riva Presso Chieri, per svelare il carcere attraverso le storie personali delle persone che, a qualunque titolo, ne hanno varcato la soglia. Ecco il racconto della flautista giapponese Machiko Takahashi.

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Torino - Cari lettori e ascoltatori, prima di tutto, vi chiedo scusa per la mia capacità limitata di scrivere in italiano. Nonostante questa difficoltà, participo volentieri al vostro progetto. Sono una musicista (flautista) giapponese che vive ad Amsterdam. Non avevo mai sentito prima le parole di F. Dostojevski: «Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni». Ma l’idea di dare un concerto per i prigionieri mi era già venuta tempo fa. Volevo tentare di stabilire una comunicazione attraverso la musica con queste persone che sono considerate come outsider dalla società.

Dopo essere riuscita a dare quattro concerti nelle carceri in Giappone, ho proposto un programma in Lituania (vicino a Kaunas), che è stato accettato.  È stato realizzato nell’estate del 2019 e hanno partecipato anche due flautisti lituani, miei ex-studenti. In questo carcere sono custoditi anche prigionieri detenuti a vita, come il boss mafioso conosciuto con il suo soprannome di “Al Capone di Lituania”.

Nel luglio del 2019 hanno programmato il nostro concerto all’interno di una giornata di festa estiva per i prigionieri, in cui le loro famiglie (solo gli adulti) sono state invitate.  Quindi è stata una giornata molto particolare e gioiosa, con la musica, la partita di calcio e le grigliate all’aperto. Con una ventina di famigliari che si erano riuniti nel cortile-parco del carcere, siamo andati anche noi a fare una visita guidata dentro l’edificio: stanze per due, quattro, sei oppure dieci detenuti; tutti avevano una TV vicino al letto. Abbiamo visto due gatti che dormivano su un letto. «Sono i nostri gatti», ha detto un prigioniero.

Al nostro concerto la partecipazione per loro è stata libera. Sono venute decine di persone – solo uomini – ad ascoltare la musica classica. Quando è venuto il momento per me di suonare l’assolo (la musica francese composta da P.O. Ferroud), ho deciso di mettermi vicino a loro per sentire meglio le loro voci (interiori).  Non me lo sarei mai aspettata, e non avrei neanche immaginato quello che ho sentito. Mentre suonavo, ho ricevuto una ventata di energia con una forza tale che per un attimo ho quasi perso il mio equilibrio. L’energia non si vede, ma quando è così potente e pura possiamo sentirla.

Che significato dare a questo? Sta ad ognuno trovare la risposta. Dopo il concerto, mi hanno fatto sapere che alcuni prigionieri hanno chiesto di parlare con me. Quell’incontro non è stato solo piacevole, ma significativo nel senso che mi ha dato una risposta. Guardando la loro naturalezza e la luce nei loro occhi, non so perché, mi sono detta: «Chi sono Io? Questo Io potrebbe essere anche una parte di Loro, poiché viviamo nella stessa società!». Così è diventato un giorno singolare anche per gli studenti, anzi, i giovani hanno guardato in modo nuovo al loro paese.

Per finire, parlando un po’ delle carceri giapponesi, devo dire che anche di fronte a centinaia di prigionieri uomini, ho incontrato i sorrisi e le emozioni dietro i loro atteggiamenti chiusi e inespressivi. Ho capito che vivevano dentro un regime di totale proibizione.

Dopo ho ricevuto da loro alcune carissime lettere che mi hanno fatto tanto piacere, anche se sapevo che gli è stato chiesto di scrivere le lettere e che le hanno controllate prima di spedirmele. Che cosa possiamo fare come musicisti o non musicisti? Se tu sentissi che i prigionieri sono anche una parte di Te stesso, cosa faresti?

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