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La Spezia - Maggio è il mese dedicato a Maia, dea della terra e dell’abbondanza, ed è quello in cui la sua forza si manifesta pienamente. In alcuni territori esiste una tradizione che esprime la gioia per la fine della stagione fredda e per il risveglio della natura, in tutti i suoi colori e profumi. Si tratta di una festa molto diffusa nell’entroterra del levante ligure, ma il rito appartiene anche ad altre regioni come la Lombardia, il Piemonte, la Toscana e l’Emilia-Romagna.
Celti, etruschi e liguri brindavano all’inizio della primavera con un rito propiziatorio che risale a popoli la cui cultura era molto legata ai ritmi della natura.
Ancora oggi, giovani e meno giovani si incontrano per cantare in allegria “l’arrivo del maggio” e, proprio come allora, i contadini aprono le cantine e offrono a tutti loro le primizie dell’orto e un bicchiere di vino. Filastrocche, canti popolari e stornelli accompagnano l’intera giornata del Cantamaggio. Ogni paese ha una musica e un testo diversi, anche se sono molto simili tra loro. Ho incontrato Marco, giovane maggiante di Varese Ligure, per farmi raccontare la storia del suo gruppo che fa rivivere questa tradizione così antica.

Come e quando è nata l’idea di ridare vita al Cantamaggio?
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L’idea di rievocare la tradizione del “Cantamaggio” è nata negli anni ’70. Alcuni varesini hanno fatto un lavoro di ricerca recuperando il testo tradizionale del maggio di Varese Ligure e hanno ridato vita a una tradizione andata perduta qualche decennio prima. Da lì non ci siamo mai fermati, nemmeno in questi ultimi due anni. Ci siamo invece adattati ai tempi: l’anno scorso ci siamo spostati sui social, realizzando un video con la nostra tradizionale canzone, mentre quest’anno abbiamo pensato di organizzare un “flash-mob” in piazza Castello dove, distanziati, abbiamo finalmente cantato il brano tutti insieme.
Chi fa parte del vostro gruppo spontaneo?
Il nostro è un gruppo aperto a tutti coloro che hanno a cuore questa tradizione. Ed è proprio questa apertura che ci rende molto eterogenei: ne fanno parte i più anziani, gli adulti, i ragazzi ma anche i bambini. Non c’è alcun limite d’età. Questo è sicuramente un aspetto positivo, perché si creano un confronto e uno scambio intergenerazionale unici. Cantamaggio è una festa che unisce tutto il paese.

Siete riusciti a fare rete con gli altri cantamaggio delle zone limitrofe?
Sì, facciamo rete con gli altri gruppi. Solitamente la seconda o la terza domenica di maggio (esclusi questi ultimi due anni, per motivi legati alla pandemia) ci si incontra con altri “maggianti” provenienti dalla Liguria (sia dalla provincia di Genova che da quella di La Spezia), dall’Emilia, dalla Toscana e dalla Lombardia. Parliamo di quella porzione di Appennino che viene definita delle “quattro province”: Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza. Ogni anno si sceglie una località diversa dove riunirsi e ogni gruppo canta la propria canzone tradizionale. Il bello dell’evento, qui, è proprio lo scambio: ad un certo punto non esiste più il gruppo di un paese o di un altro, si creano formazioni eterogenee e, insieme, si intonano i canti della tradizione. Oltre a uno scambio intergenerazionale, a ogni incontro prende vita un vero e proprio mix culturale tra le diverse realtà.
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