21 Apr 2023

Il sogno realizzato di Christoph e Philipp: ricostruire la filiera della canapa

Scritto da: Sara Anfos

Grazie all'iniziativa di due imprenditori locali, in Alto Adige sta rifiorendo la cultura e la coltura della canapa. Il loro percorso è stato lungo e caratterizzato anche da qualche vicolo cieco, ma oggi hanno raggiunto l'obiettivo di reintrodurre questa pianta dagli innumerevoli benefici e proprietà e costruire una filiera chiusa, locale, biologica e certificata.

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Bolzano, Trentino Alto Adige - A volte la più grande innovazione risiede nel trovare il modo giusto per far rivivere qualcosa di antico e dimenticato, qualcosa che in passato ha funzionato così bene e in così tanti modi diversi da lasciare increduli chi ne senta raccontare. È proprio questo che volevano fare Christoph e Philipp di Ecopassion 2.0, pionieri altoatesini nel recupero della lavorazione della canapa. Li incontriamo nella sede di San Lorenzo di Sebato, non lontano da Brunico, in un piccolo e grazioso ufficio che profuma di legno e dalle cui finestre si vedono le montagne.

«Noi non possiamo raccontarvi una storia sola – ci avvisa Christoph –, ne abbiamo due da raccontare: quella di un sogno, Ecopassion, e quella della nostra cooperativa, Ecopassion 2.0». Christoph Kirchler era un agente nel settore edile e proprio non riusciva a rassegnarsi all’utilizzo di polistirolo come materiale isolante nelle case, che «non le fa respirare, scherma il potere del sole e ci costringe a riscaldarle artificialmente anche quando non servirebbe, a me sembrava assurdo” ci racconta vivace e determinato.

ecopassion 1

«Un giorno, nel 2011, un mio cliente di allora mi avvicinò con un mattone in calce-canapa prodotto artigianalmente. Quel mattone mi conquistò. Per un anno ci siamo incontrati, abbiamo sognato insieme, discusso, progettato. Ci credevo tanto che decisi di mollare il mio lavoro di allora per provare a realizzare quel sogno», racconta Christoph. Con Ecopassion, lui e i suoi soci volevano costruire case a chilometro zero in calce-canapa, case che respirassero e che mantenessero naturalmente temperatura e umidità in condizioni ottimali. Case che facessero bene a chi le abita, costruite con un materiale derivato da una pianta che fa bene.

La canapa industriale è infatti una pianta che porta benefici ai campi, al suolo, all’aria, a noi e persino agli animali. Per coltivarla non servono pesticidi; al contrario, la canapa assorbe i metalli nocivi dal terreno, purificando così il sottosuolo. Sono poche le piante in grado di ridurre le emissioni di carbonio e la canapa è una di queste. Da essa si ottengono fibre tessili naturali estremamente resistenti. È ricca di principi attivi utili che vengono utilizzati in preparati per l’uomo e per gli animali.

Rimaniamo affascinati all’ascolto di tutti i benefici che una semplice pianta può avere per l’intero ecosistema. La coltivazione e lavorazione della canapa facevano parte della più antica tradizione locale, abbandonata in favore delle monocolture di mele. Un sapere quasi dimenticato, ma ancora presente e ricco fra le vecchie case contadine. Per Christoph la canapa doveva tornare la base di una forma di economia sana. Così lui e i suoi soci iniziarono ad ascoltare quell’antico sapere dagli anziani abitanti delle valli, a imparare e a ridiffonderlo, di fiera in fiera, di mercato in mercato.

ecopassion 2

Ecopassion cresceva, ma più cresceva e più Christoph e Philipp si rendevano conto che si stavano allontanando da quella visione che li aveva mossi e da quelle idee con cui erano partiti: l’attenzione al territorio, alla sostenibilità, all’artigianalità del prodotto. Per produrre materiali edili avevano bisogno di molta più canapa di quanta ne potessero produrre gli agricoltori locali, così furono costretti ad acquistarla dall’estero. «Io volevo lavorare per il territorio, con i nostri contadini, per la nostra gente e in quel modo, come stavamo lavorando allora, non riuscivo a riconoscermici», racconta Christoph. 

Cominciarono con le prime piccole coltivazioni di canapa in proprio: «È così, avvicinandoci alla pianta, che abbiamo imparato ancora di più. Ci era diventato chiaro che non potevamo usare solo il canapolo per fare mattoni, dovevamo usare tutta la pianta, così straordinaria», racconta Christoph. Lui, Philipp e gli altri soci di Ecopassion cominciarono allora a sperimentare con diversi partner specializzati tutte le possibilità di utilizzo della canapa industriale.

Con la farina di canapa e insieme a bravissimi artigiani locali Preparavano una pizza buonissima. Facevano la birra insieme a esperti mastri birrai. Realizzavano fibre tessili resistenti, come quelle della tradizione popolare contadina. Costruivano case e chiese meravigliose in bioedilizia. Avevano creato un intero sistema: il sistema canapa. Cominciarono però anche i disaccordi fra i tanti soci su quali fossero gli obiettivi da perseguire e soprattutto su quale fosse la strada per raggiungerli e nel 2020 arrivò anche la pandemia a metterli in ginocchio. Alla fine del 2020 Ecopassion era in forte perdita e dovette essere liquidata.

La canapa industriale è una pianta che porta benefici ai campi, al suolo, all’aria, a noi e persino agli animali

Rimanevano Christoph e Philipp, un sogno che non aveva funzionato fino in fondo e la sensazione nel cuore che ci potesse ancora essere un futuro per la canapa in Alto Adige. Allora un’intuizione diventò un nuovo, grande obiettivo: per lavorare sul territorio e per il territorio e produrre qualità assoluta, bisognava essere protagonisti dell’intero processo produttivo, dalla coltivazione al prodotto finito. Un percorso rivoluzionario che Christoph e Philipp, insieme a un terzo compagno, Ivan, perseguirono prima che quella di “filiera chiusa” diventasse un’espressione nota anche qui. 

Nasce così Ecopassion 2.0, una cooperativa sociale, completamente trasformata nella forma, nell’intento e nel modo di agire. Proprio Philipp Benedetti è il presidente di Ecopassion 2.0. Falegname, ha studiato da operatore sociosanitario, appassionato di tematiche legate alla salute e al benessere. «Non possiamo fare tutto e farlo al meglio – ci spiega –, la chiave che ci ha permesso di riscrivere la storia della canapa in Alto Adige in questi ultimi due anni è stata proprio la comprensione che solo concentrandoci su una filiera molto piccola, completa, del tutto locale e molto precisa, votata all’altissima qualità, possiamo fare davvero la differenza».

ecopassion 3

Philipp, Christoph e Ivan infatti affidano i progetti sulla canapa nella bioedilizia a un loro partner specializzato nel settore e fanno lo stesso anche con i progetti inerenti la produzione tessile e con quelli nel settore alimentare. Philipp ci spiega: «I nostri partner possono occuparsene fino in fondo, si dedicano completamente ognuno al proprio settore e lo fanno benissimo! Tutti insieme continuiamo a fare sistema, mentre con Ecopassion 2.0 noi concentriamo le forze su quello in cui siamo più bravi: i prodotti per il benessere della persona e degli animali».

Ecopassion 2.0 si dedica alla coltivazione locale e biologica di tutte le materie prime necessarie a una piccola produzione artigianale, alla ricerca e allo sviluppo di un metodo unico d’estrazione a crudo dei principi attivi e alla produzione di cosmetici e integratori di altissima qualità, molto apprezzati da farmacisti, medici e veterinari, con i quali la cooperativa sociale fa rete e sviluppa costantemente nuove innovative soluzioni.

«Io oggi so cosa stiamo facendo – ci dice Philipp –, finalmente abbiamo chiuso la filiera. Il fatto di produrre noi stessi ciò che vendiamo ci rende unici, ci consente di controllare attentamente ogni passaggio e di produrre qualcosa dalle caratteristiche eccezionali, di qualità altissima». Ci mostra le foto della mano di una signora anziana affetta da un male della pelle, guarita grazie ai loro prodotti: «Ecopassion 2.0 per me è quello che sento di dover fare davvero. Torno al lavoro ogni giorno felice, ora, perché so che con il nostro operato possiamo aiutare le persone a stare bene. Oggi ho capito che si può essere molto grandi pur essendo molto piccoli», conclude Philipp.

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