5 Lug 2023

Sonia Bregoli: “Il turismo deve essere promosso dalle comunità e dalle persone che le vivono”

Sonia Bregoli è un'attivista impegnata nel sociale e cofondatrice di IT.A.CÀ, il festival del turismo responsabile, che dal 2009, in maniera sempre più diffusa e partecipata, diffonde i principi e le pratiche di una scoperta del territorio lenta e consapevole. Con lei abbiamo parlato di com'è cambiata questa nicchia – in realtà sempre più ampia – a partire dal 2009, anno in cui si è tenuta la prima edizione di IT.A.CÀ.

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Bologna, Emilia-Romagna - Da anni Italia Che cambia accompagna il “viaggio” di IT.A.CÀ Festival del Turismo Responsabile, partito nel lontano 2009 e oggi arrivato alla sua quindicesima edizione. Alcune delle tappe dell’edizione 2023 sono state già “raccontate” – sì, perché l’edizione di quest’anno ha come titolo Tutta un’Altra Storia – Le comunità raccontano i territori – ma molte altre mancano ancora all’appello.

Dal 18 agosto in poi infatti, e fino a novembre, sarà possibile ripartire per questo viaggio alla scoperta degli itinerari più affascinanti e poco conosciuti d’Italia. Un viaggio intimo, riflessivo e rispettoso dei luoghi, dei territori, delle persone e consapevole del momento storico che stiamo vivendo. Per saperne di più abbiamo intervistato Sonia Bregoli, co-founder del Festival IT.A.CÀ e da sempre attivista impegnata nel sociale e nella cooperazione. 

Sonia, com’è nata l’idea del Festival IT.A.CÀ?

È nata nel 2009 a Bologna da un’idea mia e di Pierluigi Musarò e grazie alla collaborazione con l’associazione YODA, con Cospe onlus e Nexus Emilia Romagna. Il Festival è nato quando ancora pochissime realtà parlavano di turismo responsabile e sostenibile, tra questi AITR, l’associazione italiana turismo responsabile, che patrocina l’evento da allora. Volevamo affrontare e analizzare il tema del viaggio a 360 gradi per promuovere in maniera creativa una nuova etica del turismo volta a sensibilizzare le Istituzioni, i viaggiatori, l’industria e gli operatori turistici verso uno sviluppo sostenibile e socialmente responsabile del territorio.

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Oggi siamo tutti un po’ più consapevoli, ma nel 2009 non era semplice affrontare questi temi. Da qui l’idea di organizzare convegni e seminari per analizzare il viaggio che, non è sempre e solo di piacere, ma che spesso viene intrapreso anche per cambiare la propria esistenza. Da un viaggio infatti si torna sempre cambiati.

Come si è evoluta l’idea iniziale?

Il format è partito con una tre giorni di eventi: un convegno, una camminata, un bike tour, un trekking urbano e vari momenti artistici. È piaciuto così tanto che siamo usciti da Bologna per arrivare a molti altri territori italiani. Quest’anno contiamo 22 tappe e attraversiamo 12 regioni italiane. La nostra filosofia e i nostri valori, raccolti nel manifesto, sono ormai condivisi e adottati su tutto il territorio italiano. La nostra forza è il fatto di essere replicabile ovunque e l’aver creato una rete che ogni anno cresce sempre di più.

La rete è un momento di formazione e condivisione di sapere e il nostro Festival non è una semplice vetrina, è un metodo interno di lavoro che adottiamo e trasmettiamo a chiunque decide di farne parte. Ogni tappa ha un proprio coordinatore che lo rappresenta, facciamo una serie di incontri durante tutto l’anno in cui condividere le linee guida. Anche il tema nazionale viene votato internamente come l’illustrazione che determina il brand identity dell’anno in corso.

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Il tema di quest’anno è “Tutta un’altra storia. Le comunità raccontano i territori”. Pensate che sia il momento migliore per poter dare alle comunità la possibilità di raccontarsi?

Siamo chi siamo, ma anche chi raccontiamo di essere, perché le storie narrate o che ci narriamo danno un senso alle nostre vite e alla storia delle società in cui viviamo. “La storia siamo noi – canta De Gregori – siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere”. Volevamo dare spazio alle mille voci presenti all’interno della nostra rete, rendere protagoniste le comunità che creano e progettano sul territorio.

Le nostre tappe non sono organizzate nelle grandi città turistiche italiane, ma in piccoli territori e paesi, nelle tanto decantate aree interne a cui serve dare parola e visibilità perché spesso sono molto isolate. La nostra rete è composta anche da paesi che hanno meno di 5000 abitanti. Non è un turismo classico, lavoriamo sui piccoli numeri e questo non ci aiuta ad avere una sostenibilità al livello economico. 

Nell’arco di queste quindici edizioni cosa è cambiato?

Accanto ai piccoli Comuni si sono avvicinate anche città più grandi come, ad esempio, Mantova, Palermo, Taranto, oltre alla tappa madre della città di Bologna. In generale è più semplice trasmettere informazioni più consapevoli per noi e per il pianeta e il Festival, come rete nazionale, è un ottimo strumento di condivisione. Un piccolo comune come Mirandola, ad esempio, nella pianura modenese, organizza una tappa improntata sul tema del bike tour e del turismo inclusivo e accessibile. La nostra rete è costituita da diverse identità, dalla piccola associazione, alla cooperativa sociale, dall’azienda privata al piccolo comune o dal singolo cooperatore che decide di portare l’iniziativa sui territori.

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Il Festival è cambiato perché è cambiata l’attenzione delle persone a queste tematiche e sono sempre di più coloro che decidono di fare le proprie vacanze con esperienze diverse. Sicuramente ha influito e influisce il momento storico di questi anni, prima il Covid adesso la crisi economica, ma non sono solo le famiglie ad aver cambiato abitudini e a fare scelte più accessibili. Diversi fattori, come quello sicuramente economico, hanno fatto da acceleratore su un’idea di viaggio slow, sulla possibilità di viaggiare camminando o usare la bicicletta. Ma bisogna evitare che anche il mondo del turismo responsabile si trasformi in un vero e proprio business. 

Cosa serve per evitare che accada ciò? Su quali temi bisogna puntare?

Sicuramente al centro di tutto c’è il tema dell’ambiente che influenza i territori e la loro gestione. Secondo l’AITR, per turismo sostenibile si intende il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica, che riconosce la centralità delle comunità locali che devono essere protagoniste del loro sviluppo territoriale. Il turismo infatti deve essere promosso dalle comunità e dalle persone che le vivono in comune accordo con le Istituzioni. Non possiamo pensare di soffocare i luoghi. Abbiamo esempi eclatanti: Venezia, Firenze, la stessa Bologna che è cambiata completamente.  

Le grandi piattaforme stanno cambiando l’identità delle città, abbiamo un problema abitativo enorme, non si trovano case in affitto perché quasi tutte sono adibite a B&B. Siamo di fronte a un turismo che fagocita, che incide sull’ambiente e sulla vivibilità dei territori. Serve fermarsi, ragionare, progettare insieme quale tipo di turismo fa bene a quel singolo territorio e al cittadino che è il primo turista. I grandi numeri incidono sull’ambiente e portano inquinamento. In tutte le nostre tappe abbiamo un focus proprio su questo tema, non possiamo più far finta di niente di fronte ai cambiamenti climatici.

Il turismo deve essere promosso dalle comunità e dalle persone che le vivono in comune accordo con le Istituzioni. Non possiamo pensare di soffocare i luoghi

Certo, non possiamo dire alle persone non viaggiate, ma serve trovare delle politiche che vanno in questa direzione. Purtroppo non esistono linee guida comuni condivise. Il nostro Ministro del Turismo sembra andare in tutt’altra direzione. Noi ci muoviamo con budget bassissimi, tantissimi volontari e di contro la politica istituzionale è lontana dalla nostra visione. Ecco perché ci sentiamo attivisti. Il nostro è infatti un manifesto politico, sociale e di attivismo creato lavorando insieme. Il nostro è un urlo perché vorremmo che il turismo fosse altro. Il nostro ruolo può essere molto importante, lo dimostra anche il Festival che ogni anno si arricchisce di nuove tappe. 

Cosa vuol dire IT.A.CÀ?

Nel 2009, a seguito della crisi economica del 2008, ci siamo accorti che molte persone non viaggiavano più dall’altra parte del mondo a causa dei costi elevati. Da lì è nata l’idea di un viaggio “dietro casa”, promuovendo attivismo e riflessioni varie. IT.A.CÀ in dialetto bolognese vuol dire “sei a casa?”. Il nostro Festival, dalla forte identità territoriale, è nato così, ma allo stesso tempo non ha mai avuto confini, incarnando l’idea di un viaggio nel piccolo, così come nel grande. Itaca, del resto, è anche la casa e il luogo di ritorno del più grande viaggiatore di tutti i tempi, Ulisse, che dopo tante avventure è tornato cambiato, più consapevole. E speriamo che accada lo stesso a tutti coloro che scelgono di viaggiare con noi.

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