La denuncia dei lavoratori: “Non azzerate l’assistenza psichiatrica a Reggio Calabria”
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Reggio Calabria - Fine della corsa. Le già decimate strutture psichiatriche reggine rischiano di essere letteralmente azzerate. Da più di un mese Legacoop Calabria e UniCoop hanno aperto le procedure di licenziamento collettivo di circa 100 lavoratori, tra loro c’è anche chi ha svolto trent’anni e più di onorato servizio. Cessare la gestione dei servizi di assistenza psichiatrica – dicono le cooperative – è una scelta obbligata «malgrado ogni strenuo e accanito tentativo di sopravvivenza posto in essere».
Da anni queste cooperative e i loro lavoratori denunciano i «provvedimenti scellerati adottati dalla Regione e dall’Asp, gli inganni posti in essere dalla pubblica amministrazione che a promesse di soluzione ha fatto seguire provvedimenti antitetici». Come la promessa di aumento di 80 posti letto, a cui è invece seguita una riduzione di 20 posti.
Sono specialmente due i provvedimenti che hanno messo in ginocchio le coop: il mancato accreditamento delle strutture che si occupano di assistenza psichiatrica, nonostante siano preesistenti da oltre trent’anni, e il conseguente blocco dei ricoveri. «È un torto gravissimo reso agli operatori, cagionato da un altrettanto grave atto di inciviltà nei confronti dei pazienti e dei loro familiari, consistente nel blocco dei ricoveri e nella mancanza di doverosa assistenza», dicono LegaCoop e UniCoop.
Si tratta di un’anomalia che oggi porta allo stremo queste cooperative, i lavoratori, i pazienti e le loro famiglie. «È una crisi annunciata da poche cooperative ma è un fenomeno generale», mi spiega Peppe Marra di Usb mentre organizza l’ennesima protesta. Per comprendere il senso di questa assurdità Peppe ci invita a ripercorrere la storia dal principio. E occorre tornare indietro fino al 9 luglio 1990, quando viene dato l’avvio per il superamento dell’Ospedale psichiatrico di Reggio Calabria, chiuso definitivamente solo dopo due anni il 21 marzo 1992. A quel “manicomio” che aveva fatto tanto scandalo, portando fin quaggiù le inchieste di Espresso e Rai, e che è stato tra i primi a essere chiuso, con l’arrivo della legge Basaglia.
Allora i pazienti bisognosi di assistenza psichiatrica vennero trasferiti in strutture alternative di tipo misto la cui parte sanitaria restò in capo all’Asp che gestiva anche i ricoveri e le dimissioni; mentre la parte residenziale e di rieducazione venne assegnata alle cooperative. Nascono così queste strutture, con teatro e sport tra le azioni riabilitative, all’avanguardia per l’epoca ma diventate presto un modello ottimale per l’intero Paese.
Da allora, dal 1990, le 10 strutture con i loro complessivi 192 posti, esistono e di certo sono state autorizzate sin da allora dalla Regione Calabria. Fino però al 2011, quando si mette mano alle leggi regionali. «Quando la Regione Calabria legifera in materia di accreditamenti prevede le strutture pubbliche o private e si “dimentica” delle strutture reggine che sono miste. Per correre ai ripari, si trova la soluzione di un contratto ponte che doveva durare qualche mese e invece è in piedi da 13 anni», racconta Marra.
E non finisce qui. La loro condizione di “fuorilegge” porterà le strutture reggine a un altro duro colpo nel 2015, quando l’Asp decide di bloccare i ricoveri. «”Temporaneamente” dicevano in attesa di risolvere questa situazione. E invece siamo arrivati a oggi. Da quasi dieci anni nella provincia di Reggio Calabria non è possibile ricoverare un paziente. Il paradosso raggiunge i limiti dell’assurdo se consideriamo che in queste strutture miste lavora personale dell’Asp, quindi a carico della Regione».
In questi anni l’Asp ha continuato a pagare medici e infermieri che operano in strutture dove l’ente ha scelto di non ricoverare. Quindi al servizio dei soli pazienti ricoverati prima del 2015. Come se non bastasse, al contempo si è scelto di corrispondere rette carissime per il trasferimento dei pazienti in altre Asp o in altre regioni. Secondo la stessa Regione Calabria nel 2019 i ricoveri fuori regione di pazienti psichiatrici sono stati 900.
Senza pieno regime e spendendo altrove si va incontro a una perdita economica costante, perciò la gestione della crisi dell’assistenza psichiatrica di cui stiamo parlando è un fallimento annunciato. Queste strutture ospitano circa 150 pazienti, ma almeno altri 100 vengono assistiti in altre ASP e regioni, più altri 100 ancora – si stima – sul territorio della provincia privi di cure.
Da qui la scelta obbligata di ricorrere ai licenziamenti collettivi dei circa 100 lavoratori, molti dei quali soci delle cooperative che si occupano di assistenza psichiatrica, quasi tutti di età compresa fra i 50 ed i 60 anni e che difficilmente troveranno collocazione nel mercato del lavoro. Perciò in cima alle richieste c’è anche la richiesta all’ente pubblico di farsi carico della loro ricollocazione, oltre – ovviamente – allo sblocco dei ricoveri e al riconoscimento delle strutture miste. «La stessa Asp lo chiede – aggiunge Peppe Marra – perché l’esigenza di garantire il livello di assistenza psichiatrica oggi viene negato a Reggio».
La situazione di Reggio non è che l’apice di un’anomalia che riguarda l’intera regione. Nel rapporto di giugno 2023, l’Istituto Superiore della Sanità colloca la Calabria in fondo a ogni classifica: 0,2 strutture residenziali psichiatriche ogni 100mila abitanti, a fronte della media nazionale di 3,7; e 9,7 posti ogni 100mila abitanti la media nazionale è di 51,2. L’ennesimo primato negativo mentre – come abbiamo visto sopra – aumentano i costi per i ricoveri fuori provincia o regione. Eppure cancellare l’anomalia, che toglie dignità e diritti ai lavoratori e ai loro pazienti, non costerebbe nulla, anzi semmai si spenderebbe meglio.
A costare piuttosto sono i ricoveri fuori provincia o fuori regione, perché strappano i pazienti dai loro ambienti, aumentano le difficoltà e le spese per i loro familiari in visita, lasciando vuoti i posti letto e i lavoratori che vorrebbero occuparsi di loro. Da tempo le strutture psichiatriche reggine chiedono alla Regione Calabria e agli enti preposti di mettere fine a questa “anomalia”, ma restano perlopiù inascoltati. Lo scorso novembre, coordinati da Usb e CooLaP, hanno persino occupato alcuni locali dell’Asp di Reggio ottenendo un accordo siglato il 13 novembre scorso a Catanzaro che ha posto fine all’occupazione, ma è rimasto lettera morta.
Il 31 gennaio hanno manifestato, ancora una volta, sotto il palazzo della prefettura mentre una delegazione è stata finalmente invitata a incontrare il Prefetto. Durante l’incontro, ci ha raccontato Peppe Marra, «è stata avanzata l’ipotesi di rimodulare le nuove strutture, con nuove tipologie di ricoveri che Reggio non ha, come i disturbi alimentari, per esempio. Questo permetterebbe di dare una risposta alle cooperative. L’Asp ha garantito il massimo sforzo per dare risposte al territorio. Resta la preoccupazione per via delle tante promesse già state fatte negli anni, e poi disattese, ma siamo fiduciosi perché la commissaria straordinaria Lucia Di Furia si è caratterizzata per una certa coerenza e garanzia degli impegni presi».
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