16 Feb 2024

Le crociere minacciano balene, delfini e habitat fragili. Come fare a proteggerli?

Scritto da: Emanuela Sabidussi

Nel 60% del tempo di navigazione le navi da crociera attraversano aree a rischio e le conseguenze sull'intero ecosistema marino, in particolare su quelli più fragili, sono devastanti. Ma non solo: sono sempre di più i casi di balenottere nei mari Mediterraneo e Ligure trovate con segni evidenti di collisioni con grandi navi o, peggio ancora, spiaggiate. E mentre gli studi per calcolare l'entità del problema e delle conseguenze sulla bioacustica marina proseguono, i biologi che proteggono questi luoghi chiedono maggiore tutela.

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Savona - L’inchiesta sulle grandi navi, sulle crociere e sul loro impatto continua, le informazioni raccolte sono tante, ma a quale dare priorità? A quale dare voce? Il dubbio di ogni persona che si occupa di informazione ritorna ogni volta a bussare alla porta: cosa vale la pena davvero dire? La distrazione dei lettori è alta, gli aspetti di cui parlare tantissimi.

Seguendo questo flusso di pensieri e considerazioni che attendono una risposta, un dato di fatto mi appare limpido e chiaro: anche nell’inchiesta di approfondimento sull’impatto delle navi da crociera il punto di vista analizzato sino a qui è esclusivamente antropocentrico. Ma è ragionevole pensare che se sull’animale umano gli effetti di inquinamento, come abbiamo visto negli scorsi articoli, sono alti, lo sono altrettanto sull’ecosistema in generale e sugli altri animali.

CROCIERE E I RISCHI PER BALENOTTERE E CAPODOGLI

E visto che di ambiente marino parliamo, per approfondire la questione contatto l’Istituto Tethys ONLUS, un’organizzazione dedicata alla conservazione dell’ambiente marino che da metà degli anni ‘80 si occupa di ricerca scientifica sul campo. Mi trovo così qualche giorno dopo a porre domande alla biologa e divulgatrice scientifica Maddalena Jahoda che, insieme alla collega Sabina Airoldi, già intervistata in altre circostanze da Italia che Cambia, è stata tra le fondatrici dell’istituto

La dottoressa Jahoda ha un passato come giornalista scientifica, prima di decidere di scendere in campo e occuparsi in prima persona di ricerca. Oggi è anche responsabile della divulgazione scientifica e della comunicazione di Tethys, che come mi spiega lei stessa ha lo scopo di «offrire le basi per comprendere e informare i cittadini su quali siano le problematiche e le esigenze degli abitanti del mare, in particolare dei cetacei, in modo che possano essere tutelati».

Ma qual è dunque l’impatto che le crociere nei nostri mari hanno su questi animali marini studiati da vicino? «Il primo grande problema – racconta Jahoda – è il rischio di collisioni, elemento venuto alla luce solo di recente. Mi spiego meglio: succede sempre più spesso che navi da crociera, ma anche navi cargo, investano accidentalmente dei cetacei».

Il problema riguarda principalmente due specie, entrambe di grandi dimensioni: la balenottera comune e il capodoglio. I singoli esemplari di entrambe le specie sono riconoscibili individualmente, grazie al lavoro di ricerca effettuato in questi anni che ha permesso di comprendere le loro esigenze, i loro spostamenti. Ed è così che l’Istituto ha potuto documentare come alcune balenottere e campidogli del Mediterraneo riportino segni ricondicibili a collisioni con navi di grandi dimensioni.

Crociere e collisioni con grandi cetacei
Foto di Tethys Research Institute

«Sappiamo che il problema è più ampio di quanto si possa immaginare: le immagini documentate sono solo degli animali sopravvissuti, che potrebbero però essere un numero ben inferiore rispetto al numero complessivo dei cetacei coinvolti. Un caso “famoso” per il richiamo mediatico che ha avuto è quello di Codamozza, un esemplare di balenottera che nel 2020 ha perso completamente la coda e la causa molto probabilmente è stata la collisione con una grande nave. Da allora ha vagato per il Mediterraneo sempre più debilitata». Potete approfondire la sua storia qui.

PARLIAMO DI NUMERI

Uno studio molto recente condotto da diversi ricercatori, tra cui Thetys stesso, ha effettuato approfondimenti per comprendere l’entità del problema delle collisioni. I risultati presentati mostrano che dagli anni ‘70 ai primi anni 2000 sono state accertate le 420 collisioni con cetacei, principalmente balenottere comuni e capodogli, con grandi navi. Di questi 280 i cetacei trovati spiaggiati e 140 quelli sopravvissuti, con segni evidenti.

La tendenza in questi ultimi vent’anni è però in costante aumento: si sono moltiplicate le navi da trasporto merce via mare ed esponenzialmente anche le navi che effettuano crociere e le loro dimensioni. Maddalena Jahoda mi racconta della situazione che ha approfondito meglio, quella del Santuario Pelagos in Liguria: «Qui d’estate passano un minimo di trenta traghetti al giorno e abbiamo calcolato che ci sono due potenziali collisioni alla settimana».

Le balene hanno un ruolo fondamentale nella riduzione dei cambiamenti climatici: dovremmo proteggerle per il bene loro e quello nostro

«Questi numeri però sono solo la punta dell’iceberg: chissà quanti cetacei muoiono a seguito di collusioni e di cui non veniamo a sapere perché il corpo va a fondo e sparisce alla nostra vista. Sono convinta che se vedessimo ogni cetaceo morto a causa delle collisioni, avremmo una percezione ben diversa e ci attiveremmo tutti per risolvere il problema». Nello studio già citato sopra si è calcolato infatti che durante le crociere, nel 60% del tempo le navi attraversano aree a rischio e nel Santuario il traffico è aumentato del 50% nell’ultimo decennio.

Un dato su cui molte ricerche ad oggi si basano è la correlazione tra il rischio di collisioni e la velocità dei veicoli. Ciò che alcuni studi stanno infatti mostrando è che una velocità di navigazione di dieci nodi potrebbe ridurre molto il rischio di collisioni, oltre a diminuire significativamente una serie di altre conseguenze dell’impatto delle navi sul sistema marino complessivo. Ma per ora l’applicazione di tali misure di sicurezza, in particolare in aree più fragili, rimane ancora lontana. Nel frattempo i casi di navi da crociera che urtano cetacei senza rendersene conto aumentano e sul web si trovano anche facilmente foto scattate da passeggeri che all’arrivo in porto riprendono balenottere di traverso sul bulbo della nave.

TUTTA QUESTIONE DI UDITO

Ma com’è possibile che animali così grandi corrano un rischio tanto elevato di incappare in navi, senza poterle evitare? La risposta arriva senza farsi attendere: «I cetacei hanno come senso principale l’udito. Queste navi di grandi dimensioni, oltre a creare un forte inquinamento acustico, vanno ad interferire con la bioacustica marina. I cetacei infatti sfruttano il suono come strumento non solo per comunicare, ma anche per muoversi e “vedere”». 

Crociere e collisioni con grandi cetacei
Foto di Tethys Research Institute

La causa principale potrebbe però essere la non conoscenza da parte dei cetacei del rischio immenso che affrontano nell’avvicinarsi alle navi a motore. Apprendendo infatti tramite esperienza, è difficile far loro conoscere anticipatamente i danni che possono essere causati da imbarcazioni di grandi dimensioni.

PROBLEMI SIMILI, SOLUZIONI DIFFERENTI

Il Mediterraneo è tra i mari più sfruttati al mondo, sia in termini di pesca che di trasporto marittimo. Però anche altre zone presentano problemi analoghi ai nostri: nel New England, regione nord-orientale degli Stati Uniti d’America, il traffico marino metteva a rischio la specie di balene franche, mammifero conosciuto per la sua lentezza, che non supera la velocità media di 5 nodi. «In questo caso – mi racconta la biologa Jahoda – hanno deciso di spostare le rotte dei traghetti, che erano tra i mezzi più numerosi e il beneficio per le balene è stato evidente».

«La stessa cosa è accaduta anche di recente in Grecia, in cui sono stati stipulati accordi con alcune compagnie di crociere, le quali hanno accettato di cambiare rotte per evitare gli habitat più fragili». Ma purtroppo per il Santuario Pelagos la situazione è più complessa. Qui vivono prevalentemente due specie di cetacei: balenottere e capodogli. Come abbiamo detto le prime vivono molto al largo delle coste e si nutrono nella colonna alta, sopra fondali alti. La maggior concentrazione si può trovare al centro tra il mare della Liguria, della Costa Azzurra e della Corsica.

Crociere e collisioni con grandi cetacei
Foto di Tethys Research Institute

Quest’area rappresenta il punto più critico per la numerosità di balenottere e di traffico dovuto alle crociere. I capodogli invece vivono più sotto costa, nei pressi della scarpata continentale, a qualche miglio dalla costa. Quest’area marina è invece spesso al centro delle rotte delle navi cargo. Quindi nel cercare di spostare le navi più a largo o più vicine alla costa, si rischierebbe di aumentare il rischio di collisioni per l’una o l’altra specie.

IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA

Quindi quali sono i rimedi a cui si sta lavorando? «Ce n’è uno che è già attivo, ma il cui funzionamento è in attesa di essere migliorato. Si tratta di un dispositivo obbligatorio in Francia per le imbarcazioni oltre i 24 metri. Il meccanismo è semplice: in caso di avvistamento di cetacei – e non solo – da parte di una nave, c’è l’obbligo di segnalarlo in tempo reale. Questo però non vale per le navi meno grandi, le quali essendo un’attrezzatura costosa e non essendo per loro obbligatoria, nella maggior parte dei casi non sono equipaggiate».

Inoltre è uno strumento utilizzabile solo di giorno e non di notte, in quanto si basa sulla vista umana. Ci sono anche in alcuni casi figure professionali che vengono fatte salire a bordo con il compito proprio di avvistare e aiutare a evitare collisioni con cetacei, ma anche in questo caso la più grande difficoltà è il riuscire a evitare le collisioni. Essendo navi di dimensioni così grandi anche le singole manovre hanno tempistiche lunghe.

Crociere e collisioni con grandi cetacei
Foto di Tethys Research Institute

In questi anni si stanno cercando di sviluppare nuove soluzioni tecnologiche. Una di queste è elemento di ricerca internazionale di Naval Group e tra gli istituti di ricerca che stanno collaborando c’è anche l’Istituto Thetys. Si tratta di un progetto europeo – (Life-Seadetect) che unisce competenze di un team di ingegneri e di biologi, i quali stanno mettendo a punto sistemi che uniscono radar con boe acustiche e sensori di varie dimensioni e tipologie, supportati dall’aiuto dell’intelligenza artificiale. La volontà è quella di sviluppare un sistema automatico e veloce per rilevare e comunicare in modo immediato la presenza di ciò che viene identificato nell’ambiente marino percorso.

Le soluzioni tecnologiche per ridurre i rischi per i cetacei e gli altri abitanti del mare si stanno cercando, ma nel frattempo il problema rimane e assume dimensioni sempre più importanti a ogni superamento del record precedente: le navi usate per le crociere, come abbiamo visto nel precedente articolo, sono sempre più grandi, con un numero sempre maggiore di passeggeri, più rumorose e inquinanti. Attendiamo fiduciosi un record a ribasso, che possa impattare il meno possibile sull’intero ecosistema e permettere alle altre forme di vita di vivere serenamente senza rischi evitabili.

Leggi le altre puntate della nostra inchiesta sulle navi da crociera.

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