22 Dic 2022

Il direttore de L’Espresso licenziato per un’inchiesta sull’Amazzonia? – #643

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Il direttore del settimanale l’Espresso è stato licenziato. Il motivo? Alcune indiscrezioni dicono che sia legato a un’inchiesta che gettava delle ombre su un’azienda della famiglia Agnelli-Elkann, ex proprietaria del giornale. Intanto è passato l’emendamento alla legge di bilancio che introduce la caccia selvaggia in città e nelle aree protette, mentre in Afghanistan i talebani vietano l’università alle donne. E il mondo scientifico torna a discutere di geoingegneria solare.

COSA SUCCEDE ALL’ESPRESSO?

Forse avrete sentito di sfuggita del gran casino che sta succedendo all’Espresso. Ma di sfuggita, perché se ne sta parlando davvero poco, ma credo che la questione meriti un approfondimento. Detta in brevissimo il nuovo direttore Lirio Abbate è stato licenziato dall’editore Danilo Iervolino, forse – ma poi lo argomentiamo meglio – per via di un’inchiesta che toccava gli interessi della famiglia Agnelli-Elkann. 

Facciamo un po’ di storia, per capire meglio dove si colloca questo avvenimento. Il trambusto all’Espresso non è cosa recente, nel senso che il primo scossone era arrivato nel marzo 2022 quando l’allora direttore Marco Damilano aveva consegnato le sue dimissioni in seguito alla decisione del gruppo Gedi, di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann, di cedere il settimanale al gruppo editoriale BCF, lo stesso che pubblica testate come Forbes, Asset Class, ITE (Investment & Trading Events), insomma roba per chi è interessato a far soldi, più che a fare inchieste.

Damilano se n’era andato allora sostenendo che questa decisione fosse scellerata e che tradisse l’identità del settimana, storicamente legato al giornalismo d’inchiesta. Al suo posto la nuova proprietà aveva scelto Lirio Abbate, giornalista d’inchiesta, noto per i suoi saggi e le sue inchieste sulla mafia che gli sono valsi sia diversi riconoscimenti che una scorta, per minacce ricevute.

Ed ecco che arriviamo alla notizia di più stringente attualità. Vi leggo come la racconta la redazione di Pressenza: “L’editore Danilo Iervolino, ha licenziato il direttore Lirio Abbate, che aveva assunto la guida de L’Espresso dopo le dimissioni di Marco Damilano.

A quanto pare la ragione del licenziamento sarebbe la pubblicazione come servizio di copertina sul numero dell’11 dicembre dell’inchiesta “Chi guadagna dai disastri”. Un’indagine senza sconti su varie situazioni emergenziali nel pianeta e in particolare sui ripetuti incendi che stanno da tempo devastando l’Amazzonia – e sugli interessi che ci stanno dietro, sui veri e propri finanziatori delle società agroalimentari sotto accusa.

Tra essi veniva citata anche la Cnh, società che fa capo alla Exor di John Elkann, proprietario del Gruppo Gedi (e quindi ex proprietario de L’Espresso, che come è noto continua ad essere distribuito come supplemento de La Repubblica ogni domenica).

Possiamo immaginare quanto John Elkann abbia gradito l’inchiesta: non a caso il giorno prima dell’uscita de L’Espresso, La Repubblica si era affrettata a pubblicare un’intervista a tutta pagina allo stesso Elkann.

Dall’articolo su Pressenza non è chiarissimo quale sia la fonte di questa ricostruzione dei fatti. Facendo una rapida ricerca ho trovato che i primi a proporre questa ipotesi del legame fra l’inchiesta sull’Amazzonia e il licenziamento di Abbate sono stati Paolo Biondani e Pietro Mecarozzi su Dagospia. 

La pubblicazione di questo retroscena da parte di Dagospia, a sua volta, ha provocato la risposta di Andrea Griva, a capo della comunicazione del Gruppo Gedi, che ha detto: “Ho letto la Dagonota secondo cui la rimozione di Lirio Abbate dalla direzione de l’Espresso sarebbe stata richiesta da Exor o da Cnh Industrial. Sei fuori strada, e ti do una notizia: aspettiamo a braccia aperte il ritorno di Lirio nel Gruppo Gedi (controllato da Exor)”.

Questo è quello che sappiamo fin qui, e che probabilmente cointinueremo a sapere su questa vicenda, giudicate voi quanto ritenete probabile o plausibile la ricostruzione di Dagospia. Nel frattempo, l’Espresso è sempre più nel caos. Abbate aveva un piano piuttosto ambizioso, annunciano nel suo primo editoriale in cui parlava dell’Espresso del Futuro, un “Netzine (network+magazine), basato su multimedialità e coinvolgimento dei lettori caratterizzato da inchieste graffianti e però aperto anche al mondo della cultura e dell’economia, con uno sguardo particolare ai giovani.” 

Fra l’altro, dopo l’inchiesta sull’Amazzonia l’ultimo numero in edicola – riporta ancora Pressenza – conteneva un lungo articolo su ben quattro pagine intitolato senza mezzi termini Spreco ad Alta Velocità, che riepilogava molto bene la trentennale opposizione al Tav Torino Lione, a firma di una giovane (e brava) Diletta Bellotti che si qualifica semplicemente attivista. Insomma, il settimanale sembrava aver imbroccato una giusta direzione per provare a rinverdire i vecchi fasti. Ma non è andata.

Nella sua lettera di commiato ai lettori Abbate scrive: “Quando ho iniziato a dirigere questo giornale ho chiarito che sarei stato al servizio dei lettori e non di questo o quel politico (…) Ho spiegato che L’Espresso è ‘un certo modo di fare giornalismo’, un metodo nel guardare al mondo, senza bavagli né pregiudizi (…) animato dallo spirito di libertà: L’Espresso si è sempre caratterizzato per le inchieste documentate ed esclusive che spesso disturbano i potenti, ledono gli interessi consolidati…”.

A prendere il posto di Abbate è stato colui che fino a ieri era direttore di Forbes Italia, Alessandro Rossi, descritto anche come “manager di alto profilo di BFC Media”, un fedelissimo della proprietà.

Intanto la redazione dell’Espresso ha scioperato due giorni fa e ha annunciato lo stato di agitazione. Leggo dal comunicato: “La redazione dell’Espresso, riunita in assemblea permanente, conferma lo stato di agitazione e proclama una giornata di sciopero per domani 20 dicembre 2022. L’improvvisa sostituzione del direttore Lirio Abbate vanifica il lavoro svolto in vista dell’imminente rilancio del giornale e pone gravi dubbi sul nostro futuro. Attendiamo di conoscere nel dettaglio il piano editoriale del nuovo direttore Alessandro Rossi, in maniera più completa di quanto appreso dalle sue interviste.

Ci preoccupa la sua scelta di non lasciare altre direzioni e la non meglio precisata volontà di integrare e “omogenizzare” L’Espresso con altre testate del gruppo che nulla hanno a che fare con la storia e l’identità del nostro settimanale. Siamo aperti al confronto con l’azienda e con il direttore su basi di chiarezza, trasparenza e reciproco rispetto, ma ribadiamo che saremo intransigenti e compatti nel difendere il prestigio e l’indipendenza del nostro giornale”.

Aspettiamo le evoluzioni di questa vicenda. E per quel che vale, ne continueremo a parlare, statene certi.

È PASSATO L’EMENDAMENTO SULLA CACCIA SELVAGGIA

Vi ricordate la storia dell’emendamento sulla caccia selvaggia che era stato inserito in via preliminare nella legge di bilancio, su cui avevo detto che mi sembrava una di quelle proposte fatte più perché se ne parli che per essere realmente approvata? Ecco, mi sbagliavo. La commissione Bilancio della Camera ha dato il via libera.

Leggo su La Svolta: «Alle 6.45 di questa mattina la maggioranza di destra, violando regole e intese sui lavori tra maggioranza e opposizione, ha approvato l’emendamento che introduce nella manovra economica la caccia a tutte le specie animali nei parchi e nelle città ad ogni ora e in ogni periodo», ha dichiarato oggi Angelo Bonelli (Verdi/Sinistra Italiana).

L’emendamento – a firma di Tommaso Foti (FdI) – «non riguarda solo i cinghiali, come lupi, orsi, volpi e altro», ha spiegato Bonelli. «Daremo battaglia in Parlamento», ha aggiunto.

Ieri le associazioni Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa), Lega anti vivisezione (Lav), Lega italiana protezione uccelli (Lipu) e Wwf hanno dichiarato tramite un comunicato stampa che “L’emendamento ‘killer’ è chiaramente inammissibile poiché nulla ha a che vedere con lo spirito e le funzioni della Legge di Bilancio”.

“Il provvedimento presenta anche concreti profili di incostituzionalità – continuano le associazioni – poiché aprendo ai fucili i territori protetti, si finirebbe per privare gli animali selvatici di quelle forme di protezione chiaramente sancite dall’articolo 9 delle Costituzione, recentemente novellato”. Tutto ciò non è bastato per fermare l’approvazione.

I TALEBANI VIETANO L’UNIVERSITA’ ALLE DONNE

Arrivano brutte notizie dall’Afghanistan. I talebani hanno vietato alle donne di frequentare le università. Vi leggo un pezzo dell’articolo di Anna Spena su Vita: “Questo è solo l’ultimo provvedimento, in ordine di tempo, che rende impossibile per loro (le donne) la vita nel Paese. Le donne non possono frequentare neanche la scuola secondaria, o entrare in un giardino, figurarsi in una palestra. Non possono lavorare o camminare per strada da sole. Da quando i talebani sono saliti al potere nell’agosto del 2021, la situazione è drammatica. Ma Kabul, prima di quella data, era solo uno specchietto per le allodole che non rifletteva la realtà di quello che succedeva già in tutto il resto del Paese”.

«Quello delle università», spiega Luca Lo Presti, presidente di Pangea Onlus, l’organizzazione lavora nel Paese dal 2003 soprattutto al fianco delle donne, «è un provvedimento che non mi lascia sorpreso. Sono da poco tornato dall’Afghanistan e l’impressione è che i talebani siano in un momento di grandissima difficoltà. Il Paese è totalmente allo sbando e loro non sanno che direzione prendere. Le banche hanno riaperto, ma i fondi della banca centrale afghana sono ancora bloccati dal governo americano. Di fatto non ci sono soldi per pagare gli stipendi, non ci sono soldi per mandare avanti la macchina pubblica. L’economia è letteralmente ferma». 

Ma perché continuare a colpire le donne? «Immagino che il governo talebano sappia quanto i diritti delle donne stiano a cuore agli occidentali. Continuare a restringere i loro diritti, letteralmente a sottrarglieli, dipende probabilmente dalla grande necessità di dialogo di cui hanno bisogno con i Paesi occidentali. Dialogo che cercano di aprire attraverso i ricatti. In parole povere credo che ambiscano a questo: aprire un tavolo delle trattative che gli consenta di avere risorse economiche, in pratica un’apertura in cambio di soldi».

28,3 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.

Se la situazione vi interessa o vi sta a cuore andatevi a vedere la puntata speciale che pubblicammo mesi fa sull’Afghanistan, che spiega come siamo arrivati fino a questo punto, e senza nulla togliere alle atrocità del regime talebano, c’è anche lo zampino del ricatto economico degli Usa in questa situazione.

SI TORNA A DISCUTERE DI BIOINGEGNERIA

Veniamo, in chiusura, a una segnalazione che non è di stretta attualità ma che può esservi utili per approfondire due tematiche. Entrambi arrivano dal Post. Il primo che vi segnalo riguarda la geoingegneria solare. Per geoingegneria si intendono i tentativi di modificare artificialmente il clima terrestre. Il clima, attenzione, non il meteo, cosa che sappiamo già fare abbastanza facilmente (avrete sentito ad esempio di come il governo cinese fa piovere o arrivare il sereno a comando). Condizionare il meteo, quindi delle condizioni specifiche in un certo luogo e in un certo giorno, è relativamente semplice. Fare lo stesso col clima, è quasi impossibile e molto più rischioso.

Ciononostante, con la crisi climatica alle porte, anzi ormai già in casa, in molti stanno iniziando a guardare in quella direzione. La geoingegneria solare, quella di cui parla l’articolo, è un tipo di geoingegneria che prova influire direttamente sull’energia che arriva dal Sole. Vi leggo solo l’incipit del pezzo, poi se vi interessa continuate voi, perché è molto lungo. Lo trovate sotto Fonti e articoli, come al solito: “Nel 1816 fece più freddo del solito in buona parte del pianeta. Ci furono carestie a causa dei raccolti più scarsi e in molte parti del mondo fu osservata per mesi una persistente foschia, che oscurò parzialmente il Sole. Fu definito in seguito “l’anno senza estate”, e si stima che la temperatura media globale fu di circa 0,7 °C inferiore al solito.

Secondo storici e scienziati, tra le cause del rapido raffreddamento della Terra ci fu la gigantesca eruzione del vulcano Tambora nell’odierna Indonesia, che nell’aprile del 1815 aveva portato all’emissione di grandi quantità di polveri e gas nell’atmosfera. Per mesi questo strato di sostanze sospese nell’aria aveva schermato parte dei raggi solari, facendo sì che la temperatura media del nostro pianeta si riducesse sensibilmente. A distanza di quasi due secoli, alcuni propongono di ottenere un effetto simile a quello che si verificò con il Tambora: non per causare carestie, ma per ridurre gli effetti del riscaldamento globale.

La geoingegneria solare consiste nel modificare temporaneamente la capacità dell’atmosfera di riflettere i raggi solari, in modo che ne respinga una maggiore quantità nello Spazio rispetto a quanto fa già di solito, riducendo la radiazione solare che riesce a raggiungere il suolo. L’idea in sé è relativamente semplice, ma ottenere questo risultato richiede grandi investimenti e un ampio consenso internazionale, visto che ogni paese dovrebbe autorizzare l’oscuramento. Per i più ottimisti è la soluzione ideale per riportare ai giusti valori la temperatura media globale, mentre per i più scettici è un progetto rischioso non solo per gli esiti sul clima terrestre, ma anche per le relazioni internazionali tra i principali paesi del mondo”.

FONTI E ARTICOLI

#l’Espresso
Pressenza – La nostra solidarietà al giornalista Lirio Abbate per il licenziamento dalla guida de L’Espresso
L’Espresso – L’Espresso in sciopero: la nostra identità non si può “omogenizzare”
Il Fatto Quotidiano – Lirio Abbate sollevato dalla direzione de L’Espresso. Il Cdr proclama stato di agitazione

#caccia
la Svolta – Manovra: passa l’emendamento per la caccia alla fauna selvatica

#Afghanistan
Vita – Afghanistan, i talebani e il ricatto all’Occidente sulla pelle delle donne

#geoingegneria
il Post – Oscurare il Sole contro il riscaldamento globale è una buona idea?

#India
Rinnovabili.it – L’India prepara il suo mercato del carbonio, le prime anticipazioni/

#Perù
il Post – Il Perù ha ordinato l’espulsione dell’ambasciatore messicano, dopo che il Messico aveva offerto asilo politico all’ex presidente peruviano Pedro Castillo

#mobilità
il Post – Le autostrade italiane sono fatte così anche per scelte politiche
La Svolta – Come si muovono gli italiani?

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