15 Nov 2022

L’Italia contro l’Europa sul vuoto a rendere – #620

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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L’Europa vuole approvare un nuovo regolamento, vincolante, su riduzione degli imballaggi e vuoto a rendere, ma il nostro Paese (leggi Confindustria, Conai, Federtrasporti con l’appoggio del governo) ha subito fatto una levata di scudi. Solo che… nessuno fra coloro che lo critica sembra aver capito cosa dice, questo regolamento. Sempre dall’Europa è in arrivo una normativa interessante che obbligherà le aziende a rendicontare il proprio impatto ambientale e sociale. Infine parliamo della decisione di Jeff Bezos di donare buona parte del suo capitale in beneficienza.

Per la rubrica “Cose sensate e come boicottarle” oggi vi racconto la storia di come l’Unione europea ha presentato una proposta molto interessante sul tema della riduzione degli imballaggi, che prevede fra le altre cose la reintroduzione del vuoto a rendere per alcune categorie di merci e di come Confindustria si sia subito opposta, con il governo italiano a darle manforte.

Comunque partiamo dall’inizio. Il 30 novembre la Commissione Ue presenterà una proposta di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, che prevede diversi punti interessanti. Ne parla Luisiana Gaita sul Fatto Quotidiano.

Innanzitutto si prevede una riduzione dei rifiuti da imballaggio pro capite del 5% entro il 2030 (rispetto a quelli prodotti nel 2018), del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040. Dal 2025 viene fissato un limite di 40 sacchetti l’anno per persona. Dal 2030 gli imballaggi dovranno essere ridotti alle dimensioni minime. Sul fronte del riutilizzo, da gennaio 2030 il 30% delle bevande fredde e calde da l’asporto dovrà essere disponibile in un imballaggio riutilizzabile, mentre dal 2040 (prevedendo un sistema di riutilizzo o che consenta la ricarica) la percentuale sale al 95%. Per i cibi pronti da asporto, gli obiettivi sono del 20% dal 2030 e del 75% dal 2040.

Inoltre viene imposta, a partire dal 2028, l’istituzione di sistemi di deposito cauzionale (DRS) per le bottiglie in plastica e lattine in metallo con capacità fino a 3 litri. Esclusi dall’obbligo i contenitori monouso che contengono vino, bevande alcoliche, latte e prodotti lattiero-caseari. 

La bozza rivede anche al rialzo gli obiettivi di riciclo per gli imballaggi superando così la direttiva Sup e introduce l’etichettatura ambientale con alcune indicazioni obbligatorie e altre volontarie, come quelle sul contenuto di riciclato. Infine Bruxelles prende posizione anche sugli imballaggi biodegradabili e compostabili, che saranno resi obbligatori entro due anni dall’entrata in vigore, ma solo per alcuni prodotti, come bustine per il tè, cialde per il caffè, bollini adesivi apposti su frutta e verdura e sacchetti di plastica ultraleggeri.

Insomma, una serie di regole sensate, non rivoluzionarie, migliorabili, ma molto sensate, sicuramente migliorative del quadro attuale. Tant’è che Greenpeace, Zero Waste e aòtre associazioni hanno speso parole di elogio per questa iniziativa. Fra l’altro un altro aspetto interessante è che questa misura avrà la forma di un regolamento europeo, che entrerà a far parte del pacchetto sull’Economia circolare. Quindi sarà vincolante da subito senza necessità di essere recepito dai vari paesi, cosa che avviene invece con le direttive e che ha permesso, per esempio, al nostro paese di apportare dei ‘ritocchi’ peggiorativi nel caso della direttiva Sup, sulla plastica monouso.

Ed ecco che immediatamente arriva la levata di scudi da parte di Confindustria, di Conai (Consorzio nazionale imballaggi, che in teoria finanzia anche i sistemi di riciclo) e di Federdistribuzione secondo cui questa versione favorisce il riuso e non il riciclo, settore nel quale l’industria italiana ha molto investito. In ciò seguite a ruota dal governo italiano che ha già chiarito che “non può accettare” la bozza circolata negli ultimi giorni e che dunque, “dirà di no”, come ha dichiarato lo stesso ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin in diretta alla fiera Ecomondo. 

Se vi sembra paradossale che il Ministro dell’Ambiente, in diretta a una fiera sull’ambiente, attacchi una norma a difesa dell’ambiente per salvaguardare la principale organizzazione degli industriali italiani, credo che abbiate ragione. 

Ma lasciate che vi legga più nel dettaglio alcuni dei commenti. In un’intervista al Sole 24 Ore, Ettore Fortuna, vice presidente di Mineracqua (il consorzio dei produttori di acqua in bottiglia), ha ricordato che l’Italia è il primo paese consumatore di acqua in bottiglia ed esporta 1,6 miliardi di litri di acqua minerale. “Non è possibile arrivare in quei tempi a quei tassi di riutilizzo e riciclo” ha detto, annunciando l’intenzione di scrivere alla Commissione, insieme ad altre federazioni europee di vetro, plastica, alluminio e degli utilizzatori.

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, afferma che la misura “avrebbe un impatto devastante su tutte le imprese italiane e su tutte le filiere, ossia su quasi 7 milioni di posti di lavoro diretti”. Critica anche Assobioplastiche: “Si penalizzano alcuni materiali di imballaggio rispetto ad altri” e si adottano normative impattanti “in assenza di solidi agganci su chiare e trasparenti valutazioni scientifiche”. 

Ma il massimo lo raggiunge un articolo del Sole 24 Ore, (che non a caso è il giornale di confindustria), che titola “Imballaggi, per il vetro costi ed emissioni rendono svantaggioso il riutilizzo”. Articolo in cui è presente un’intervista al presidente del consorzio dei riciclatori del vetro (Coreve) e in cui si mettono in fila una discreta sequela di luoghi comuni, su quanto l’Italia abbia investito nella filiera del riciclo, su come sia importante per le aziende avere bottiglie tutte diverse per questioni di marketing e quindi come sia difficile fare il vuoto a rendere, su come questo nel caso del vetro sarebbe sconveniente addirittura dal punto di vista ambientale, per tragitti sopra ai 200 km (con ragionamenti che mi sembrano a occhio molto poco plausibili, ma qui non ho avuto modo di verificare). 

Per concludere dicendo che su questo aspetto sono tutti allineati per chiedere all’Europa di modificare il regolamento, compreso il Ministro della Transizione ecologica (che fra parentesi non esiste più, ma al Sole non se ne sono accorti). 

In tutto ciò ci sono vari elementi che fanno pensare che Confindustria, Conai, governo, Fratin eccetera questo regolamento non l’abbiano proprio letto, o perlomeno capito. Perché praticamente niente di tutto ciò che loro contestano è presente nel testo:

  1. partiamo col vetro. Il vetro come vi ho letto prima è escluso esplicitamente dal regolamento. C’è scritto proprio questa cosa non si applica al vetro. 
  2. Il vuoto a rendere applicato su bottiglie di plastica e lattine di alluminio, in realtà si fa in genere proprio per migliorare la raccolta differenziata e non è volto al riuso ma al riciclo. Come spiega al Fatto Quotidiano Enzo Favoino di Zero Waste Europe, esponente della campagna ‘A Buon Rendere’ che promuove anche in Italia il deposito cauzionale, questi sistemi “sono essenzialmente uno strumento per massimizzare il riciclo”. “Con il deposito cauzionale massimizzi i tassi di intercettazione, migliori la qualità, minimizzi la dispersione e aumenti il tasso di circolarità delle filiere del riciclo”. Un dato su tutti: nei 13 paesi europei che hanno già il deposito cauzionale la media di intercettazione dei contenitori per bevande è del 94%, ma quella dei Paesi senza deposito cauzionale è del 47%. 
  3. Comunque, l’Europa prevede già nella sua piramide dei rifiuti, che ove possibile il riuso venga prima del riciclo.   

Insomma, l’industria e la politica italiana stanno insorgendo contro un decreto che non prevede ciò di cui loro hanno paura (ovvero che si implementino soluzioni di riuso che rubino fette di mercato al riciclo), ma quest’ultima cosa è prevista invece dalla piramide europea dei rifiuti e quindi dovrebbe essere applicata a prescindere.

Bene così.

LA TRASPARENZA OBBLIGATORIA PER LE GRANDI AZIENDE

Dall’Europa arriva una seconda notizia interessante. Il Parlamento europeo ha approvato una proposta di direttiva che obbligherà le grandi imprese dell’Unione europea a rendere pubblici i dati sul loro impatto ambientale e sociale. Si chiama Corporate Sustainability Reporting Directive, la direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità. Il testo è arrivato in aula giovedì dalla Commissione giuridica del Eurocamera ed è stato approvato con 525 voti favorevoli, 60 contrari e 20 astenuti. 

Ne parla ancora il Fatto Quotidiano. La direttiva obbligherà le imprese a fornire una specifica “rendicontazione” sul rispetto dei diritti ambientali, sociali e umani andando così a rinforzare la cosiddetta “rendicontazione non finanziaria”, attraverso un nuovo modello a cui le imprese dovranno attenersi. Questa nuova dichiarazione sulla sostenibilità, sarà posta sullo stesso piano di quella finanziaria: le aziende saranno monitorate attraverso verifiche e certificazioni indipendenti affinché i dati forniti nella dichiarazione siano attendibili.

Gli obiettivi di questa direttiva sono ridurre il greenwashing, ovvero il finto ambientalismo che molte aziende praticano solo per questioni di immagine, e stabilire standard di trasparenza sulla sostenibilità. 

I nuovi obblighi Ue di trasparenza sulla sostenibilità si applicheranno a tutte le multinazionali europee. Per le imprese estere, invece, la dichiarazione sulla sostenibilità sarà prevista esclusivamente per le aziende che fatturano più di 150 milioni di euro nel territorio dell’Unione. La direttiva si applicherà a scaglioni  partire dalle grandi aziende, sulle quli l’obbligo scatterà fin dal 2024, per arrivare alle Pmi no quotate in borsa che dovranno mettersi in regola entro il 2028.

Il prossimo passo del Corporate Sustainability Reporting Directive sarà l’adozione della proposta di direttiva da parte del Consiglio europeo. Poi si procederà con la pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. Staremo a vedere.

LA PRIMA PREMIER DONNA IN SLOVENIA

Anche la Slovenia ha la sua prima presidente donna. L’avvocata progressista Nataša Pirc Musar ha vinto il ballottaggio delle elezioni presidenziali e diventerà quindi la prima presidente donna del paese. 

Scrive il Post: “Ha 54 anni, ha un dottorato in Legge ed è un’ex giornalista. È stata presidente della Croce Rossa della Slovenia, ha lavorato per anni come conduttrice del principale notiziario nazionale e dal 2004 al 2014 è stata la commissaria per l’accesso all’Informazione del paese. È conosciuta per il suo impegno nei confronti della libertà di informazione e del diritto alla privacy: con il suo studio legale ha rappresentato tra gli altri il partito dei Socialdemocratici e Melania Trump, moglie dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che è nata appunto in Slovenia”.

Facciamo a cambio?

JEFF BEZOS DONERA’ PARTE DEL SUO PATRIMONIO

Apprendo da un articolo di Arcangelo Rociola che il multimiliardario e patron di Amazon Jeff Bezos darà in beneficenza la maggior parte del suo patrimonio personale, che ammonta a ben 124 miliardi. Lo ha detto lo stesso Bezos in esclusiva alla Cnn, precisando che la sua fortuna sarà devoluta a progetti per la “lotta al cambiamento climatico” e in grado di combattere le “profonde divisioni sociali e politiche che affliggono l’umanità”. 

Bezos non ha fornito dettagli su quando farà questa cosa, ma ha detto che lo farà ancora in vita (non come eredità, insomma). Non so, a me questa notizia è apparsa abbastanza paradossale. Parliamo di uno degli uomini più ricchi del pianeta che passa la sua vita ad accumulare denaro. Io non posso sapere, o posso solo immaginare, diciamo, quale sia il suo driver nel compiere una scelta del genere (ammesso che poi lo faccia sul serio). Ma non posso non chiedermi quanto sarebbe meglio per il clima se invece di donare il suo patrimonio, ne avesse semplicemente accumulato meno investendo in un modello realmente sostenibile per il colosso che ha messo in piedi, Amazon, che ha delle politiche ecologiche e sociali terribili. 

Non posso dire che questa cosa mi sorprenda. D’altronde affonda le origini nella visione del mondo che plasma il sistema del mercato, una visione in cui business is business, mentre la cura del Pianeta e degli altri fa parte di un’altra sfera completamente separata. la stessa visione del mondo che ci porta a fare lavori spesso dannosi per 5 giorni su 7, e magari fare volontariato nel tempo libero. È la stessa cosa. Però, ecco, vista fare da un uomo che con le sue scelte lavorative potrebbe davvero fare la differenza… fa strano.

FONTI E ARTICOLI

#imballaggi
Il Fatto Quotidiano – Imballaggi, Confindustria contro il regolamento Ue per ridurre i rifiuti: “Il sistema del riuso ha un impatto devastante sulle nostre filiere”. Sponda del governo: “Diremo no”
Il Sole 24 Ore – Imballaggi, per il vetro costi ed emissioni rendono svantaggioso il riutilizzo

#aziende
Il Fatto Quotidiano – L’Eurocamera approva la direttiva sulla trasparenza e sostenibilità delle imprese: dovranno “rendicontare” l’impatto ambientale

#Slovenia
il Post – Nataša Pirc Musar sarà la prima presidente donna della Slovenia

#Bezos
la Repubblica – Jeff Bezos darà la maggior parte del proprio patrimonio da 124 miliardi in beneficenza

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