12 Mar 2024

Dagli oppioidi alla crisi energetica dovuta alla AI: è la fine dell’impero Usa? – #895

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Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una serie di crisi, da quella energetica a quella degli oppioidi, che li stanno mettendo in ginocchio. Ma sono crisi congiunturali e separate, come vengono raccontate? O forse nascondono una crisi più generale, di un modello di società o se vogliamo farla più suggestiva, segnano la fine di un’era?

Ci sono due notizie interessanti di questi giorni che secondo me descrivono abbastanza bene la crisi identitaria degli Usa contemporanei, e in parte spiegano anche il successo di Trump e tante altre cose. 

Sono due crisi che il Paese sta affrontando, sotto le quali secondo me si cela la crisi di un modello che diventa anno dopo anno più evidente. Facciamo che le osserviamo separatamente e poi le mettiamo assieme e facciamo qualche osservazione più complessiva. La prima crisi è di tipo energetico, e in Italia questa notizia non è quasi arrivata, se non fra le righe di un articolo di un sito del settore informatico che si chiama Hardware Upgrade. Articolo devo dire molto interessante che racconta di come il sistema di produzione e distribuzione dell’energia Usa sia sull’orlo del collasso per via di una doppia sfida, quella della transizione verso le rinnovabili e quella dell’Intelligenza artificiale. 

Qualche giorno fa il Washington Post ha raccontato di come “vaste aree degli Stati Uniti rischiano di rimanere a corto di energia” a causa della diffusione dei datacenter affamati di elettricità, nuovi impianti produttivi, pompe di calore e le auto elettriche che proliferano nel Paese, lasciando i fornitori e istituzioni locali alla ricerca di soluzioni per potenziare la rete elettrica nazionale, spesso datata.

In Georgia, la domanda di energia dal comparto industriale sta raggiungendo livelli record e si stima che nel prossimo decennio supererà di 17 volte quella registrata di recente. Anche l’Arizona Public Service prevede che, in assenza di importanti aggiornamenti alla rete, la capacità di trasmissione energetica verrà sopraffatta prima della fine del decennio. La Virginia del Nord, inoltre, avrebbe bisogno dell’equivalente di diverse grandi centrali nucleari per servire tutti i nuovi data center pianificati e in costruzione legati allo sviluppo dell’IA.

Sono abbastanza sintomatiche le parole, riportate, di Jason Shaw, presidente della Georgia Public Service Commission, che si occupa di regolare l’elettricità, che ha dichiarato: “Quando si guardano i numeri, è sconcertante. Ti gratti la testa e ti chiedi come siamo finiti in questa situazione. Come mai le proiezioni erano così lontane? Ciò crea una sfida mai vista prima”.

Ma vediamo meglio in cosa consiste questa crisi. Torniamo sull’articolo su Hardware Upgrade, per scoprire che “La rapida innovazione nel campo dell’intelligenza artificiale sta portando non solo alla costruzione di enormi datacenter, ma anche di fabbriche per produrre semiconduttori. A questo fenomeno si aggiunge la proliferazione del crypto-mining già in atto da tempo negli USA”. (Si intende il consumo di energia – enorme – legato al settore delle cosiddette criptovalute, come il bitcoin).

A tutto ciò aggiugeteci una rete elettrica spesso datata, con sempre più colli di bottiglia, e molti che iniziano a chiedersi: chi pagherà gli investimenti necessari per dare energia a tutti? I contribuenti con le tasse? O le società del mondo digital che richiedono sempre più risorse?

Il problema è che questa situazione minaccia di soffocare la transizione verso un’energia più pulita, perché sapete che per liberarci dal petrolio e dal gas è necessario elettrificare tutto, dalle auto all’industria. Ma visto che è già difficile per la rete attuale reggere la domanda di elettricità attuale, i dirigenti dei servizi pubblici esercitano pressioni per ritardare la dismissione di impianti a combustibili fossili e, al contrario, aprirne di nuovi. L’impennata dei consumi energetici sta già ritardando la chiusura delle centrali a carbone in Kansas, Nebraska, Wisconsin e Carolina del Sud.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, i 2700 data center del Paese hanno consumato oltre il 4% dell’elettricità totale nel 2022 ed entro il 2026 arriveranno al 6%. Davanti a questo fenomeno, negli Stati Uniti si è scatenata tra le grandi società una vera e propria corsa alla ricerca di aree con una buona rete di trasmissione dell’energia, tanto che i prezzi di alcuni terreni sono triplicati o quadruplicati in valore.

In Georgia, la principale compagnia elettrica statale, Georgia Power, ha indicato nei datacenter la principale causa delle difficoltà della rete elettrica, tanto che i politici locali stanno valutando se tagliare gli incentivi che attirano nuovi insediamenti tecnologici nello Stato.

Quindi insomma, da un lato gli Usa provano ad attirare investimenti e produzione nel mondo dell’innovazione digitale, con piani d’investimento come il CHIPS Act e l’Inflation Reduction Act, dall’altra gli stati stanno iniziando a fare marcia indietro perché nonr eggono l’impatto energetico che questa corsa sta portando con sé.

Non è un caso che una realtà come Microsoft abbia preso in considerazione di puntare sull’energia nucleare, siglando un accordo per acquistare energia da un’azienda che punta a ottenere energia dalla fusione.

E se è vero che le grandi aziende tecnologiche stanno esplorando modi per cui l’intelligenza artificiale possa diventare da problema a risorsa, sfruttandola per trovare soluzioni che facciano funzionare la rete in modo più efficiente, è altrettanto vero che si tratta di un percorso lungo. Nell’immediato, il risultato è che la transizione energetica negli Usa rischia di trovarsi bloccata da una eccessiva richiesta di energia dovuta appunto al settore del digitale. 

L’altra crisi è quella degli oppioidi, di cui abbiamo parlato spesso. Si tratta di una vera e propria piaga sociale, che ormai uccide, i dati variano un po’ a seconda degli studi, fra le 80mila e le 120mila persone all’anno. E che, come racconta un articolo su L’Indipendente a firma di Michele Manfrin, colpisce soprattutto le fasce più povere e fragili della società, e in particolare i nativi americani. Leggo: “Negli Stati Uniti il Fentanyl e gli oppioidi rappresentano una piaga sociale enorme che uccide un sacco di gente, specie fra la gigantesca mole di senzatetto e tra gli strati sociali più poveri della società. Tra queste fasce di popolazione povera che deve affrontare l’epidemia di morti per overdose troviamo anche le tribù dei popoli indigeni”. 

I nativo-americani sono l’etnia più povera ed emarginata della società statunitense, portatori del maggior degrado sociale degli Stati Uniti per evidenti ragioni storiche che hanno a che fare con la colonizzazione, la segregazione e il genocidio. Così come l’alcool, le droghe sono una componente negativa importante all’interno delle comunità indigene e, tra di esse, il Fentanyl è spaventosamente mortale: il tasso di morti per overdose da Fentanyl e oppioidi tra i nativo-americani è fino a cinque volte più alto della media nazionale.

Una delle tribù più colpite da questo fenomeno è la Nazione Lummi, nello Stato di Washington.

Alla metà di febbraio, il Senato dello Stato di Washington ha approvato all’unanimità un disegno di legge che dovrebbe fornire un totale di quasi 8 milioni di dollari ogni anno per le 29 tribù riconosciute a livello federale presenti all’interno dello Stato. I fondi verrebbero prelevati da un accordo da più di mezzo miliardo di dollari che lo Stato di Washington ha concluso con i principali distributori di oppioidi (che, fra parentesi, sono tre case farmaceutiche più volte condannate per aver lucrato su questa crisi spacciando – è proprio il caso di dirlo – antidolorifici a base di oppio: McKesson Corp., Cardinal Health Inc. and AmerisourceBergen Corp).

Questi finanziamenti, tuttavia, non sembrano sufficienti. La Nazione Lummi, che sono i nativi americani originari della regione di Washington, ha già fatto sapere che i finanziamenti previsti non sono sufficienti per coprire le spese di cui necessitano. Servirebbero infatti almeno 12 milioni di dollari per finanziare completamente una struttura di disintossicazione medica sicura con 16 posti letto, così come servirebbe un centro riabilitativo per affrontare il percorso successivo ad una dipendenza che causa molti danni. 

Nel settembre scorso, la Nazione Lummi ha dichiarato lo stato di emergenza per il Fentanyl e gli oppioidi, aggiungendo cani antidroga e posti di blocco e revocando la misura della cauzione nei casi legati alla droga. 

Intanto, la tribù ha comunque già aperto una propria struttura con sette posti letto per aiutare i membri che devono affrontare la disintossicazione attraverso l’uso di farmaci antagonisti agli oppioidi, ma anche utilizzando erbe sacre e si praticano riti tradizionali. 

La tribù ha anche esortato il governatore di Washington Jay Inslee e il Presidente Joe Biden a dichiarare lo stato di emergenza nazionale per rispondere alla crisi degli oppioidi in maniera strutturale e unitaria. Anche perché si tratta di un problema che riguarda ormai buona parte degli stati confederati.

Ora, direte voi, che c’entra la crisi energetica con quella degli oppioidi? E perché sarebbe la crisi di un modello? Provo a dirvi la mia, ma ditemi che ne pensate e se vi sembra una lettura credibile. 

Gli Usa oltre a una nazione sono un enorme esperimento di economia basata sul libero mercato e di società basata sulla libera azione individuale, dove lo Stato, in teoria, deve fare il minimo indispensabile. Ora, questo sistema, questo modello di capitalismo di mercato, che nella sua versione più estrema è chiamato neoliberismo, ha portato indiscutibili vantaggi in termini di sviluppo economico, militare, tecnologico. Ma ha un grosso problema: è un sistema col pilota automatico.

Cioè, si basa sulla convinzione che il mercato, attraverso il bilanciamento fra domanda e offerta, sia una sorta di intelligenza superiore, talmente intelligente da fare sempre la scelta giusta. Il problema come per ogni sistema col pilota automatico, è che funziona bene finché devi andare dritto: cioè, una volta impostate le istruzioni iniziali, ovvero quelle di massimizzare il profitto e far crescere l’economia nel suo complesso, il mercato fa più o meno il suo lavoro, pur lasciando un sacco di pezzi per strada (e per pezzi, leggi gente). 

Ma il problema vero arriva quando ti accorgi che quelle premesse non vanno più bene, e devi cambiare rotta. Quando devi fare la transizione energetica, e devi farla per motivi esterni, che non dipendono dall’economia, ad esempio, il mercato non è in grado di gestire questa roba. Il mercato non contempla fattori esterni, come il cambiamento climatico. E quindi continua ad andare dove tira il vento, dove ci sono più soldi. E quindi ovviamente privilegia lo sviluppo dell’AI rispetto alla transizione energetica. Non è in grado di dire: fermate tutto, quell’energia ci serve per continuare a vivere su questo pianeta, usiamola per fare la cosa più utile. Per fare quello servirebbe la politica. Servirebbe qualcuno che abbia il timone in mano e sia in grado di cambiare rotta velocemente. 

Il problema degli Usa, e di buona parte del mondo occidentale che ha seguito quel modello a ruota, è che il timone in mano non ce l’ha nessuno, che nella stanza dei bottoni non ci sono più bottoni. Ed è molto difficile disattivare il pilota automatico. Non impossibile, ma difficile.

E così mentre il sistema continua ad andare avanti per inerzia nella direzione sbagliata, le crisi ovviamente iniziano a susseguirsi. E qui arriviamo alla questione degli oppioidi. perché l’esperimento neoliberale è un esperimento senza paracadute, basato sulla convinzione irrazionale che tutto sarebbe andato sempre meglio, che questo modello sarebbe durato per sempre e tutti sarebbero stati via via sempre meglio, certo i primi più in fretta, gli ultimi più lentamente, ma alla fine qualcosa sarebbe toccato anche a loro. 

E quindi, in assenza di paracadute, le crisi ramazzano in maniera iniqua e ingiusta chi da questo sistema non ha ricevuto nulla e adesso si prende per primo tutte le controindicazioni. È come se io mi ubriacassi tutti i giorni e i postumi se li beccasse il vicino di casa (che non sarebbe male in effetti). Ecco, penso che possiamo vedere gli oppioidi e la loro diffusione come il sintomo estremo di una società che ha perso una direzione, un obiettivo, e non riesce a cambiare rotta. 

Ora, per non deprimervi troppo e non contribuire con questo format alla diffusione di oppioidi anche da noi, devo dirvi che non è impossibile togliere il pilota automatico. Su tutti i livelli possiamo osservare anche tentativi di togliere qusto pilota automatico. L’Ue si interroga da diversi anni su come sarebbe possibile implementare modelli economici basati sulla decrescita e sull’economia della ciambella (e fra l’altro a breve vi parlerò anche di un importante evento che si terrà al parlamento italiano). Le amministrazioni locali spesso portano avanti progetti di partecipazione molto belli, fra mille difficoltà e con zero budget. E anche le singole persone possono togliere il proprio pilota automatico, iniziare a fare scelte basate sul senso e cambiare la propria vita.

Su ICC raccontiamo quotidianamente storie di questo tipo. Per cui se avete bisogno di ispirazione, fatevi un giro. 

Oggi su Italia che Cambia parliamo di uno degli ultimi tabù contemporanei, ovvero il sesso. E non solo: il rapporto fra sesso e divergenze. Il nostro Caporedattore Francesco Bevilacqua ce ne parla in un articolo. Domani non andiamo in onda.

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