12 Ott 2022

Una tassa sulle emissioni degli allevamenti e altre buone notizie – Io Non Mi Rassegno Ep. 598

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La Nuova Zelanda propone una tassa sulle emissioni degli allevamenti, aumenta la consapevolezza sulla crisi climatica, i giochi inverali in Arabia Saudita stanno raccogliendo enormi critiche, prosegue la corsa delle rinnovabili e gli operai della GKN hanno presentato un piano che coniuga utilità pubblica e sostenibilità.

Oggi puntata di buone notizie. Sembra una roba strana visti i tempi. Eppure, e questa è forse la notizia migliore di tutte, non l’ho nemmeno fatto apposta, nel senso che ho selezionato una serie di articoli interessanti come faccio di solito e alla fine mi sono reso conto che erano tutte notizie piuttosto o molto positive. 

Certo, mi sono tenuto un po’ alla larga, per tirare il fiato, dalla guerra in Ucraina, sul cui fronte oggi non ci sono novità particolarmente rilevanti, e dall’altra questione di attualità nel nostro Paese, ovvero l’insediamento del nuovo parlamento e il toto ministri, questione di cui parleremo sicuramente nei prossimi giorni ma che per adesso sto volutamente tralasciando, un po’ perché fin qui sono solo un rincorrersi di voci e dichiarazioni, un po’ per disintossicarmi dalla campagna elettorale, un po’ perché se devo seguire giochi di fantasia, preferisco il fantacalcio.

Ecco, fatta questa scrematura a monte, il resto delle notizie ve le do non perché sono buone notizie, ma perché sono le notizie più interessanti che ho scovato oggi. Quindi valgono il doppio.

UNA TASSA SULLE EMISSIONI DEGLI ALLEVAMENTI

Iniziamo con una notizia che arriva dalla Nuova Zelanda. la premier neozelandese Jacinda Ardern ha annunciato una tassa sulle emissioni degli allevamenti, che entrerà in vigore dal 2025. Tale tassa sarà applicata su due tipi di emissioni tipiche degli animali da allevamento, in particolare delle mucche: il metano, frutto principalmente dei… rutti (non c’è un modo più elegante per dirlo) e l’ossido di azoto, contenuto nelle urine. 

La Nuova Zelanda potrebbe diventare così il primo paese al mondo a introdurre una misura del genere. Altri paesi hanno provato strade diverse: l’Olanda, ad esempio, scrive Rinnovabili.it ridurrà direttamente il numero di capi.

La proposta ha sollevato una levata d scudi da parte della lobby della carne, una delle più potenti del paese: il settore è infatti la prima voce dell’export nazionale con quasi 50 miliardi di dollari di fatturato. Ed è anche il maggiore responsabile per i gas serra neozelandesi: ne produce circa la metà. Come scrive Aljazera, “In Nuova Zelanda ci sono solo 5 milioni di persone, ma 10 milioni di bovini da carne e da latte e 26 milioni di pecore”.

Come funzionerà questo nuovo sistema? Si applicherà a tutti gli allevatori che superano determinate soglie di utilizzo di fertilizzanti e di numero di capi posseduti. Il governo fisserà delle tariffe specifiche per ciascun tipo di gas serra. Inoltre la proposta fornirà incentivi finanziari agli allevatori affinché utilizzino tecnologie per limitare i rutti di pecore e mucche, mentre il denaro pagato dagli allevatori per le loro emissioni sarà reinvestito nel settore, per la ricerca di soluzioni tecnologiche per abbattere le emissioni e in bonus per gli allevatori che passano a pratiche più sostenibili. 

Ora, la proposta del governo neozelandese la classificherei fra le notizie “piuttosto buone”. Perché sicuramente individua e affronta un grosso problema, quello degli allevamenti intensivi, ma lo fa in maniera un po’ goffa. Mi sembra un po’ una soluzione di compromesso che non so quanto possa funzionare, nel senso che per evitare di danneggiare troppo un settore chiave per l’economia nazionale non si parla mai di riduzione o eliminazione degli allevamenti intensivi, ma appunto di soluzioni tecnologiche per ridurne l’impatto. Cosa che onestamente sta in piedi fino a un certo punto. Anche perché, come si possono usare tecnologie per limitare i rutti di pecore e mucche mi resta un po’ un mistero. Mi sa un po’ di robe assurde tipo quell’idea di mettere le mascherine alle mucche, di cui parlavamo qualche mese fa.

CLIMA, LE PERSONE SONO PIU’ ATTENTE

Va bene, passiamo ad altro e parliamo di clima. “E ora dove la trovi la buona notizia?” penserete voi. “Abbiamo risolto la crisi climatica?”. Calma, non esageriamo. Un passo per volta. In genere si dice che il primo passo è la consapevolezza del problema, giusto? Ecco, pare che su questo le cose stiano nettamente migliorando. 

Negli ultimi anni sono cresciuti a dismisura sia in quantità sia in partecipazione i movimenti che chiedono ai governi e alle aziende azioni più rapide ed efficaci per contrastare la crisi climatica, e di farlo seguendo un principio di giustizia climatica, ovvero senza che i costi di questa transizione siano a carico delle fasce più povere della popolazione e alimentino ulteriori ingiustizie. Parliamo di FFF, XR. Ora, la domanda che tutti ci siamo fatti è: che impatto hanno questo tipo di movimenti?

Per rispondervi recentemente sono stati realizzati tutta una serie di studi che provano a monitorare e valutare proprio questo. E la buona notizia che la da, fra gli altri, Giorgia Colucci sul Fatto Quotidiano che scrive: “Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Elsevie, più del 60% della popolazione in diversi paesi europei ha cambiato opinione sulla necessità di tutelare il clima, proprio grazie a cortei e proteste in piazza. In Italia la quota supera il 70%”. L’articolo non lo dice ma presumo che abbia cambiato opinione nel senso che prima non la riteneva una cosa necessaria e adesso sì, e non viceversa.

Un altro studio su Enviromental research science, afferma che nel 2019 almeno un terzo delle azioni e dei sit in dei diversi gruppi ambientalisti ha contribuito a fermare o a mettere in discussione progetti per la realizzazione di impianti fossili. 

Altri studi poi vanno più nel dettaglio e sviscerano alcuni aspetti interessanti dell’attivista tipo. Che ad esempio ha un reddito medio alto e un orientamento di sinistra, se parliamo di un interesse più generale alle tematiche ambientali, ma che invece appartiene a fasce della popolazione più povera quando parliamo di attivismo ambientale in senso stretto, ad esempio opposizione a grandi opere inquinanti, estrazione di combustibili fossili e così via. . 

Comunque gli aspetti più interessanti mi sembrano a) che le differenze fra le fasce di popolazione non sono così marcate e questa sensibilità maggiore alle tematiche ambientali si sta diffondendo in maniera abbastanza trasversale alla società, in una dinamica più da flusso che da gruppo; b) che questa maggiore densità culturale su certi temi, che poi sicuramente ha le sue contraddizioni interne, come tutte le cose, tipo chi si oppone in nome dell’ambiente alle energie rinnovabili e così via, credo che però complessivamente possa fornire alla classe politica il sostegno necessario per prendere decisioni che un tempo avremmo ritenuto impossibili perché impopolari, tipo – appunto – chiudere gli allevamenti intensivi, ridurre il traffico aereo, consumare meno risorse, energia, ecc. Non che questo sia automatico, ovviamente ci vuole anche la volontà politica poi di farle queste cose, ma diciamo che un contesto così potrebbe rendere possibile l’emergere di politici che propongono riforme anche più radicali.

LE CRITICHE AI GIOCHI INVERNALI ASIATICI IN ARABIA SAUDITA

Mi pare che possa essere letta in questo senso anche la notizia, di cui parla Giacomo Talignani su la Svolta, delle critiche piovute addosso alla vittoria, come candidata ai Giochi invernali asiatici del 2029, della stazione sciistica di Trojena in Arabia Saudita. 

Ora, intendiamoci, la notizia in sé è tutt’altro che una buona notizia. “Da pochi giorni il Consiglio olimpico asiatico ha assegnato l’evento dei Giochi 2029 all’Arabia Saudita, che ha annunciato che i giochi si svolgeranno in un luogo che ancora non esiste, e il cui piano per la realizzazione è partito nel 2017. Una vera e propria “città del futuro”, così viene definita, con tanto di montagne, nel Golfo arabo, per la cifra di 500 miliardi di dollari.

Più che una città del futuro, dal progetto sembra una città contro il futuro, che pur di portare piste sciistiche, campi da hockey e tutto il resto letteralmente in mezzo al deserto, avrà un impatto ambientale e un consumo di energia folli. Tutto sostenibile e alimentato da rinnovabili assicurano gli organizzatori, ma i dubbi sono molti e più che leciti. 

Ad ogni modo, il taglio dell’articolo è abbastanza rincuorante, perché si concentra sulle reazioni che questo fatto sta suscitando. Reazioni sia del mondo ambientalista, come quella di Greenpeace che ha condannato senza esitazioni il progetto soprattutto per lo sconsiderato consumo di acqua, che – e questa mi pare la cosa più interessante e indicativa – dagli atleti, dai grandi dello sport. 

La campionessa di sci italiana Sofia Goggia ha detto: «stanno costruendo questa cattedrale nel deserto. Questo è qualcosa di irreale e surreale», mentre il due volte medaglia olimpica Aleksander Aamodt Kilde ha affermato senza mezzi termini che la decisione va «contro ogni sforzo per combattere il cambiamento climatico». Senza nulla togliere alle critiche molto sensate di Greenpeace e al suo ruolo guida in queste situazioni, le reazioni degli atleti mi danno il polso di una consapevolezza che è trasversale alla società e per fortuna non riguarda più solo “gli ambientalisti”.

LA CORSA DELLE RINNOVABILI

Anche dal punto di vista delle rinnovabili stanno arrivando diverse buone notizie. Ieri ne sono arrivate due. La prima è che il Mite, forse punto nel vivo dalla puntata di due giorni fa di INMR di cui sappiamo Cingolani essere un grande fan, ha improvvisamente sbloccato circa 11 gigawatt di nuovi progetti per fonti rinnovabili di energia, di cui la maggior parte (9,5 GW) verrà messa in esercizio già nei prossimi mesi e nel 2023. 

Cingolani ha anche dichiarato che sono in corso le consultazioni tecniche per definire gli incentivi per le comunità energetiche con potenza fino a 1000 kW, superando il limite attuale di 200 kW. 

Con un’altra operazione, il Ministero della Transizione Ecologica ha messo a disposizione anche un fondo da 320 milioni di euro per finanziare la transizione energetica negli edifici pubblici. Quindi premierà quelle strutture pubbliche che installano impianti fotovoltaici, impianti solari termici, impianti a pompa di calore per la climatizzazione, sistemi di relamping, chiusure trasparenti con infissi e sistemi di schermatura solare, generatori di calore.

Ora, fa un po’ ridere che tutte queste cose sembrino sbloccarsi con un governo in carica solo per gli affari correnti e in attesa del nuovo esecutivo, e personalmente ho più di un dubbio sul fatto che ci siano le tempistiche per approvare il decreto sull’estensione dei finanziamenti alle comunità energetiche, ma vabbé, intanto prendiamo e portiamo a casa.

Altra notizia interessante sia per la notizia in sé che per la fonte da cui arriva è che ieri Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, ha affermato che “L’Italia può affrancarsi dal gas utilizzando le rinnovabili se si usano le batterie e le reti digitali” sottolineando anche che “la transizione si fa, è in corso in tutto il mondo ed è inevitabile, è un fatto di cui dobbiamo rallegrarci e di cui dobbiamo essere protagonisti”.

Starace ha anche aggiunto un dettaglio tecnico: “Nei primi 6 mesi del 2022 le domande di allacciamento di pannelli fotovoltaici sono triplicate in Italia rispetto al semestre precedente”. “I circa 450 MW mediamente installati in un semestre, nel primo semestre del 2022 sono stati 1200, e a fine anno ne avremo installati 2.500”. Insomma, nonostante le difficoltà tecniche e burocratiche di cui i giornali hanno parlato molto negli ultimi giorni per chi sceglie di installare pannelli fotovoltaici, complessivamente i numeri sono numeri importanti. E il fatto che tutte queste cose le dica l’AD di Enel, è un segnale molto interessante.

Sul suo blog sul Fatto Quotidiano Ugo Bardi riassume con parole entusiaste la corsa delle rinnovabili. Ve ne leggo alcuni estratti: “Si sa che i miracoli non sono una cosa tanto frequente – scrive Bardi – e, se uno ha grossi problemi di salute, non è probabile che basti una nuotatina nella piscina di Lourdes per risolverli. Però, è anche vero che alle volte le cose cambiano rapidamente, aprendo nuove possibilità. È quello che sta succedendo con l’energia rinnovabile. Parlare di “miracolo” è un po’ troppo, lo so, ma gli sviluppi recenti della tecnologia ci hanno messo a disposizione uno strumento che fino a pochi anni fa non ci sognavamo nemmeno di avere. E questo potrebbe risolvere certi problemi che una volta sembravano irrisolvibili”.

“Oggi le cose sono cambiate radicalmente. Probabilmente non ve ne siete accorti, presi dal dibattito sulle elezioni. Ma che vinca la destra o la sinistra, cambia poco: il cambiamento, quello vero, sta arrivando con le tecnologie rinnovabili. Gli impianti eolici e fotovoltaici sono stati ottimizzati e i fattori di scala hanno generato massicci risparmi sui costi di produzione. Oggi, un chilowattora prodotto da un pannello fotovoltaico costa forse un fattore dieci di meno del chilowattora da gas naturale (e anche un quinto del chilowattora nucleare). Una volta, chiamavamo l’energia rinnovabile “alternativa,” ma oggi tutte le altre sono “alternative””.

Inoltre, produrre energia con impianti rinnovabili non inquina, non richiede materiali non riciclabili, non genera gas serra, non è suscettibile di sanzioni, e nessuno può bombardare il sole per lasciarci senza energia. Ora, non mi fate dire che le rinnovabili hanno risolto automaticamente tutti i problemi. È vero che oggi costano poco, ma è vero anche che non sono gratis. Poi, ci vogliono investimenti per adattare le infrastrutture energetiche di tutto il paese, per creare dei sistemi di stoccaggio dell’energia, e molto altro. Non sono cose che si possano fare in un mese, e nemmeno in pochi anni. Si parla di un decennio, come minimo, per arrivare a un sistema energetico basato principalmente sulle rinnovabili.

Ma ogni viaggio inizia con il primo passo. Se avete un balcone esposto a sud (e se il vostro comune non vi mette i bastoni fra le ruote), potete già installare dei pannelli fotovoltaici appesi alla ringhiera che vi aiuteranno a ridurre la bolletta dell’elettricità. Un pezzetto per volta, ci riusciremo!”. Vi ho letto solo alcuni pezzetti, l’articolo è più lungo e lo trovate nella versione online del Fatto Quotidiano, nonché nel luogo dove io metto tutti gli articoli che segnalo, ovvero sotto “Fonti e articoli”, qua in fondo.

LA RINASCITA DI GKN?

Ultima notizia del giorno ci arriva dalla GKN. Non so se avete seguito un po’ la faccenda, ve la riassumo brutalmente. La GKN è una multinazionale britannica che si occupa principalmente della realizzazione di componenti destinate alle industrie del settore automobilistico e quello aerospaziale. Aveva uno stabilimento a Campi Bisenzio, vicino Firenze, dove lavoravano 422 lavoratori e lavoratrici. La crisi legata alla pandemia ha convinto la multinazionale a chiudere lo stabilimento, mandando lettere di licenziamento via mail a tutti i lavoratori, senza preavviso.. 

La cosa ha suscitato proteste, scandalo e fatto discutere. Nel frattempo la fabbrica ha chiamato proprietà e adesso è proprietà di Qf (dell’imprenditore ed ex advisor Francesco Borgomeo). la nuova proprietà ha presentato un piano di riconversione industriale, che però non ha convinto nessuno e attualmente, nonostante vari accordi e la garanzia fornita inizialmente di continuità occupazionale è tutto ancora fermo. 

E così – racconta il manifesto – è nato un collettivo di fabbrica che raccoglie gli ex lavoratori che ha elaborato un piano alternativo. “L’attuale proprietà dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma questo piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative”. afferma Il Collettivo di Fabbrica. 

La proposta del collettivo è questa: visto che per stare in piedi il nuovo piano industriale avrà bisogno di fondi pubblici, allora trasformiamo la fabbrica in una fabbrica pubblica. Così negli ultimi mesi il gruppo ha messo in cantiere un piano, insieme ai docenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Artes 4.0, per una reindustrializzazione che trasformi la fabbrica in un polo di mobilità sostenibile che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto ad emissioni zero. 

Il piano è stato discusso lo scorso fine settimana, in una sorta di forum aperto dai mercati contadini di Genuino Clandestino e di Mondeggi, e chiuso da un’assemblea che ha visto fra gli altri gli interventi della Rete italiana di economia solidale, dalla Rete delle fabbriche recuperate e del Movimento aziende recuperate argentine.

Con un documento finale è nata così l’associazione “Società operaia di mutuo soccorso Insorgiamo”, un soggetto giuridico “come strumento di mutualismo, autorecupero, implementazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Cral, collegamento con il territorio e riferimento di azionariato popolare”. Il tutto in una campagna “per reclamare fondi pubblici in vista di una ‘fabbrica pubblica’, di pubblica utilità e con un controllo esercitato da una struttura societaria pubblica”.

Anche qui, parliamo di un primo passo, ovviamente ci teniamo aggiornati.

FONTI E ARTICOLI

#allevamenti
Rinnovabili.it – La Nuova Zelanda tassa le emissioni degli allevamenti: è la 1° al mondo

#giochi invernali
la Svolta – Il mega impianto da sci nel deserto che non piace a nessuno

#rinnovabili
Ansa – Mite: sbloccati 11 GW di rinnovabili, 9,5 operativi a breve
Ansa – Mite, 320 milioni per transizione energetica uffici pubblici
Il Fatto Quotidiano – Il miracolo delle rinnovabili: forse non ve ne siete accorti ma è cambiato tutto
Ansa – Energia: Starace, possibile sostituire gas con rinnovabili

#clima
Il Fatto Quotidiano – Clima, il 60% degli europei è diventato più attento alla transizione ecologica grazie all’attivismo. Italia sopra la media
GreenReport – Catastrofe climatica in Venezuela: la tempesta tropicale Julia si trasforma in uragano e provoca 56 vittime (VIDEO)

#GKN
il manifesto – Gli operai ex Gkn rilanciano: “Con fondi pubblici una ‘fabbrica pubblica’”

#Ucraina
il Post – L’Ucraina ha una richiesta molto precisa sulle armi che le servono
Internazionale – Cosa insegna all’Ucraina la guerra in Siria
Valigia Blu – Il ‘Generale Armageddon’: chi è Sergey Surovikin, Il nuovo comandante dell’esercito russo in Ucraina

#geopolitica
il Post – Israele e Libano hanno trovato un accordo sui propri confini marittimi https://www.ilpost.it/2022/10/11/israele-libano-accordo-confini-marittimi/
il Post – Le violente proteste contro il governo ad Haiti

#Nobel
il Post – Il dibattito sul Nobel a Ben Bernanke

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