20 Mar 2020

Come state? Come stiamo? Italia che Cambia e il coronavirus

Una riflessione su come, personalmente e da giornalisti, stiamo vivendo questo momento e su cosa significa per noi fare informazione (anche) ai tempi del coronavirus.

Come state? Come stiamo? Com’è difficile oggi trovare una risposta coerente e immediata a questa domanda, due parole semplici che richiamano quel miscuglio di stati d’animo, riflessioni, dubbi, paure ed emozioni che si intrecciano, sovrappongono e mescolano dentro ognuno di noi in una situazione così particolare come quella che stiamo vivendo.

Solo un mese fa ci sembrava tutto così lontano dalle nostre vite e ora, in questo tempo sospeso, quasi facciamo fatica a ricordarci cosa stavamo facendo e che giorno era prima che ci piombasse addosso questa emergenza: sanitaria, economica, sociale e individuale. C’è un prima e un dopo, abbiamo intuito, e adesso nuotiamo a vista nel durante.

Quello che stiamo vivendo è un momento critico, delicato, cruciale. Assurdo.

Da una parte c’è la grande preoccupazione per la salute delle nostre famiglie e il profondo dolore verso chi sta soffrendo e morendo, dall’altra la rabbia infuocata verso le contraddizioni del nostro tempo. Ma c’è anche la speranza che da questa crisi nasca un mondo migliore e c’è la commozione per l’umanità che si manifesta nell’esplosione incontenibile di solidarietà, creatività e inventiva.

Fermati e ascolta, qualcuno, qualcosa, ci dice. Ma fermarsi per molti vuol dire sprofondare, annegare nella crisi economica, nella solitudine, nella disperazione.

Poi c’è chi proprio non può fermarsi, primi fra tutti i medici che da settimane nei nostri ospedali – già vicini al collasso dopo dieci anni di tagli – combattono contro questo virus di cui pare, ancora, non hanno capito molto. E questa insicurezza la avvertiamo e destabilizza tutti.

E i giornalisti? Bè, di certo l’informazione non si è fermata! Corre, corre, corre in una schizofrenia generale che oscilla tra l’allarmismo e il sensazionalismo più riprovevole e la banalizzazione e sottovalutazione a tutti i costi di un momento così complesso che, forse, impone prima di tutto responsabilità, riflessione, rispetto, indagine.

Nel bel mezzo di questo mare di parole in tempesta, ci siamo noi, intenti a domandarci quando e come quest’emergenza finirà e se per sdrammatizzare ci vuole l’autocerficazione.

Anche in questa situazione, Italia che Cambia prova a farsi guidare da quella domanda/missione da cui tutto ha preso vita: cosa posso fare io in prima persona per cambiare in meglio le cose? Così stiamo provando a tener vivo lo spirito critico come antidoto alla psicosi, osservando di giorno in giorno quello che stiamo vivendo da diverse prospettive e al contempo condividendo proposte per fronteggiare le urgenze sociali ed economiche che hanno travolto tantissime realtà. Noi, lo ammettiamo, siamo tra queste, con accordi saltati e collaborazioni in attesa. Sospese, paralizzate, incerte, come tutto in questo oggi che pare infinito.

Quel che è certo è che continueremo a credere in un’informazione seria, indipendente e impegnata per una lettura critica dei fatti e per la costruzione di un immaginario diverso ed un mondo un po’ più giusto.

Se pensi che il nostro lavoro sia di valore aiutaci e insieme costruiremo un’informazione ancora più approfondita.


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