19 Mag 2021

Una mappa dei centri di riuso e riparazione per diffondere l’economia circolare

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Un progetto di mappatura e messa in rete dei centri che, in tutta Italia, si occupano di riuso, riparazione e di diffusione dei principi teorici e pratici dell'economia circolare. Abbiamo parlato di questa iniziativa con due dei promotori: Danilo Boni di Zero Waste Italy e Maurizio Bertinelli, ingegnere, attivista e Assessore all'Ambiente del Comune di Vimercate (MB).

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Riuso e riparazione sono due concetti chiave che stanno alla base dell’economia circolare. Insieme costituiscono un antidoto alle cattive pratiche imposte dal consumismo, dall’obsolescenza programmata e da quella percepita e da un modello economico che per massimizzare i profitti – e insieme a essi il degrado ambientale e le diseguaglianze sociali – ci induce ad acquistare compulsivamente sempre di più, sempre più spesso.

Un gruppo di attivisti e professionisti del mondo dell’economia circolare ha deciso di dare un contributo concreto alla causa e per farlo ha elaborato uno strumento tanto semplice quanto utile, che può essere impiegato da chiunque: una mappa.

«L’idea è unire i centri di riuso e i luoghi dove si fa riparazione in una mappa aperta e consultabile da tutti», spiega Danilo Boni, responsabile del censimento nazionale dei centri di riuso e riparazione per Zero Waste Italy. «Nella mappa vogliano differenziare i centri che fanno solo riparazione e quelli che fanno anche riuso e inserire anche le iniziative più informali come repair cafè e restart parties, che spesso non hanno una sede fissa».

Maurizio Bertinelli – membro del Comitato Rifiuti Zero, ingegnere, attivista e Assessore all’Ambiente del Comune di Vimercate (MB) – ci fornisce qualche numero: «Attualmente ci sono 110 realtà censite, più altre 50/60 che abbiamo contattato e che potrebbero entrare prossimamente.

24 ore del riuso valore e potenzialita economia circolare 2

GLI OBIETTIVI E GLI STRUMENTI

Uno dei focus del progetto è quello di sensibilizzare il grande pubblico e, al tempo stesso, far conoscere fra di loro i vari centri. Danilo spiega meglio i criteri in base ai quali vengono selezionate le realtà da includere nella mappa: «I centri di riuso che abbiamo deciso di inserire sono principalmente associazioni nate per donare o rimettere in circolazione degli oggetti. Almeno per ora abbiamo pensato di escludere le grosse strutture che fanno vendita di seconda mano e contovendita, privilegiando chi svolge questa attività per scopi non prevalentemente commerciali, focalizzandosi invece su educazione e sensibilizzazione».

Gestione e ricavi si fondano ancora molto sul volontariato, sulle donazioni e sulle piccole iniziative locali, spesso con risvolti sociali. Un bel quadro che però, a detta di Danilo, evidenzia la necessità di alzare l’asticella: «Le realtà che “ce l’hanno fatta” sono quelle che hanno unito all’aspetto sociale e ambientale quello economico: essere ben strutturati è fondamentale. In questo senso la mappa è utile per creare progetti di sinergie, scambio di competenze e così via. Per questo motivo, oltre a far conoscere l’iniziativa, stiamo ragionando su dove mettere i dati che raccogliamo, come utilizzarli. L’obiettivo ideale sarebbe intercettare dei fondi per creare un sito ad hoc per la mappa con schede, informazioni, campagne e tutta una seria di contenuti che consentano di diventare maggiormente proattivi. Vogliamo dare un’impronta non solo divulgativa ma anche operativa».

Come di può desumere consultando la mappa, non c’è una distinzione netta fra pubblico e privato, anche perché l’intervento dei Comuni ricopre un ruolo spesso determinante: «Molti enti locali – interviene Maurizio – creano centri per integrare il ciclo di rifiuti, che effettuano anche vendita ma a prezzi quasi simbolici. Le azioni e la lungimiranza degli enti locali sono fondamentali, poiché i progetti che funzionano meglio generalmente sono quelli in cui pubblico, privato e mondo associativo collaborano fra loro. Sono importanti anche gli impulsi dati da leggi e bandi regionali».

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UNA FOTOGRAFIA TERRITORIALE…

Quest’ultima considerazione fa deviare il discorso su un binario significativo, quello della distribuzione geografica di queste iniziative. «Tutti partono da direttive europee – prosegue Maurizio – quindi le Regioni più vivaci, propositive e ricche di iniziative sono in vantaggio; mi riferisco in particolare a Lombardia ed Emilia Romagna (queste due regioni da sole ospitano più del 40% delle realtà censite); seguono Toscana e Umbria, dove ci sono progetti interessanti».

La direttiva europea è fondamentale perché è l’impulso che genera le iniziative sui territori, così come fondamentale è l’azione della Regione, che deve a sua volta mettere in moto enti locali e cittadinanza. Danilo fa un paio di esempi: «L’Emilia Romagna, molto attiva su questo fronte, ha creato una specie di linea guida per i centri del riuso. Di contro, centro e sud Italia riflettono l’andamento sui dati di rifiuti e raccolta differenziata, evidenziando purtroppo una netta divisione, su cui pesano anche le disparità economiche, che separa in due l’Italia».

Uno degli esempi più virtuosi fra quelli che ben esemplificano l’attivazione dei cittadini e la sinergia fra pubblico e privato associativo è Triciclo, nato dalla base nella città di Torino insieme a un percorso di lobbying positiva finalizzato a spingere il Comune ad approvare un regolamento sul tema. «I progetti dal basso sono fondamentali – commenta Maurizio –, alcuni di questi si sono ingranditi molto andando oltre l’attività iniziale. Ad esempio, la cooperativa veneta Insieme viene addirittura chiamata dai Comuni per attivare e gestire i centri di riuso sul territorio».

riuso di oggetti per economia circolare

…E UNA TIPOLOGICA

Oltre a dare importanti indicazioni su dove sono distribuiti questi centri all’interno del territorio nazionale, la mappa elaborata dal gruppo di cui fanno parte Danilo e Maurizio restituisce anche una fotografia sulla categoria di oggetti di cui essi si occupano: «Abbiamo notato una separazione abbastanza netta fra i vari settori», spiegano. In particolare, emerge il caso del tessile, ambito in cui è centrale tema del re-design, che assume una grande importanza poiché il fast fashion ha messo in forte crisi il mondo dell’usato con prezzi con cui anche il second hand fa fatica a competere.

L’analisi per settore introduce un nuovo tema sino a oggi quasi dimenticato, che è quello della preparazione per il riutilizzo: «Ce ne siamo già occupati con Rossano Ercolini, ma ancora manca questo capitolo nel grande calderone della riparazione e riuso. In alcuni ambiti, come quello dei RAEE, quello del tessile e soprattutto quello delle ciclofficine, c’è anche la questione del recupero del valore. Qui però si entra in temi complessi ancora non normati, come quello della responsabilità legale: il centro del riuso che mi vende un oggetto riparato, che garanzia mi può dare? Se succede qualcosa chi è il responsabile di eventuali danni?».

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Un’altra grande zona d’ombra è quella relativa agli aspetti fiscali: «Perché l’IVA è al 22% anche per l’usato?», si chiede Danilo. «Le direttive europee impongono di spingere sull’economia circolare, come mai quindi essa non viene favorita dal punto di vista fiscale?». Di sicuro la mancanza di una normativa dedicata e di sgravi fiscali è un punto centrale. Questo settore ha bisogno sia della rete di conoscenze che di certezze che solo la politica è in grado di dare.

I temi sul piatto e i nodi da risolvere sono tanti, ma Danilo, Maurizio e il team che lavora alla mappa sono più che determinati: «Il sogno – concludono i nostri intervistatati – è quello di realizzare una struttura simile a Retuna in Svezia. Non è impossibile e il primo passo per riuscirci è mettere insieme tutte le realtà che stiamo mappando. L’ideale sarebbe recuperare un’area manifatturiera dismessa e ridarle nuova vita come centro del riuso». Qui una presentazione dei dati raccolti durante la prima fase del censimento dei centri di riuso.

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