15 Giu 2022

IT.A.CÀ riparte da “riabitare il futuro”, per costruire comunità consapevoli e accoglienti

Scritto da: Paolo Piacentini

Torna IT.A.CÀ, il Festival del Turismo Responsabile: il tema dell'edizione 2022 sarà "riabitare il futuro", una necessità che emerge impellente dopo mesi di scollamento sociale, avanzata tecnocratica e disorientamento. L'obiettivo è intraprendere una nuova strada partendo dal concetto di heimat – luogo natio – per ritrovare e ritrovarsi.

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Quando un bambino parla a ruota libera dice cose stupende, poi quando avrà vent’anni dirà cose idiote come le nostre.

Un bambino manifesta il gioco della vita senza i nessi, i collegamenti razionali, che ci fanno così saggi, così tristi. In noi c’è l’uomo possibile, che è diverso da quello reale“.

Ernesto Balducci

Dal diritto di respirare al come riabitare il futuro. IT.A.CÀ Festival del Turismo Responsabile riesce sempre ad avere il coraggio di esplorare l’inedito. In piena pandemia il diritto di respirare l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle possiamo dire, senza mezzi termini, che ci mancava l’aria ed il respiro di corpi e spirito.

balducci
Ernesto Balducci

È mancato l’incontro con l’altro, sono spariti gli abbracci e i sorrisi. Se vogliamo usare una metafora possiamo dire che ancora oggi, con una guerra vicino casa, ci manca il respiro delle idee, ci sentiamo soffocati e disorientati. Devono tornare a prendere aria nuova i corpi, lo spirito e la mente per lasciarci alle spalle tensioni e fratture mai immaginate.

La grande sfida è come provare a creare un nuovo habitat per ospitare un futuro che faccia della dimensione del respiro la nostra strada maestra. Un respiro profondo, quello che nasce dallo spirito. Dobbiamo costruire una nuova Heimat andando a cercare tra le ceneri di un passato che ha disincantato il mondo nuove nostalgie di futuro, parafrasando Vito Teti.

Le tappe di IT.A.CÀ – possono con la creatività che le contraddistingue – aiutare a disseppellire i semi che per molti anni hanno provato a mettere le radici bloccati all’improvviso da un presente che ci lascia solo un flebile respiro. Sono i semi di un nuovo umanesimo che provano con coraggio a mantenere alti gli anticorpi verso un’opzione tecnocratica per il nostro futuro. Mi riferisco alle mille iniziative diffuse che da qualche decennio o anche in un recentissimo passato, hanno provato a sognare e praticare nuovi modi di abitare i territori senza mai arrivare a rigenerarli davvero.

Abbiamo bisogno di una casa in cui ognuno torni a sentirsi parte di una comunità accogliente

Se vogliamo costruire una nuova casa che restituisca calore alle nostre esistenze individuali e comunitarie non dovremmo affidarci solo alla rinascita dei corpi, ma lasciare anche che aria nuova entri nelle nostre menti e nei cuori. Dovremmo riabitare davvero in modo olistico il mondo partendo dalla cura personale come presupposto per una rinnovata relazione comunitaria e territoriale.

Un Heimat per tornare a incantare un mondo dominato dalla fede cieca verso le soluzioni tecnocratiche. Un dominio pervasivo che non conosce confini e che ci illude di poter superare ogni difficoltà in forma eterodiretta. Un futuro inedito ha bisogno di una profonda nostalgia. Nostalgia di ciò che vorremmo attraverso i semi che tante esperienze territoriali provano a coltivare da anni.

È giunto il momento di scegliere con decisione la strada maestra di un nuovo umanesimo che superi, una volta per tutte, un antropocentrismo profondamente malato. La dimensione inedita sta in una rinnovata accettazione della complessità perché un futuro che polarizza idee e pensieri lunghi, invece di tessere nuove reti rischia di moltiplicare i nodi. Abbiamo bisogno di una casa in cui ognuno torni a sentirsi parte di una comunità accogliente.

heimat

Un’accoglienza vera che non discrimini nessuno. Riabitare è concetto profondo, è epifania di un nuovo mondo in cui si torni tutti a essere davvero liberi di respirare. Sono sicuro che ogni tappa di IT.A.CÀ sarà un’occasione per spolverare le ceneri di un mondo sulla via del tramonto e far riemergere i mille focolai che custodiscono sogni ed utopie generatrici di nuovi saperi collettivi.

Non deve essere più la cultura dominante della grande storia, parafrasando Balducci, a rigenerare i luoghi dell’abitare ma la nostalgia di valori comunitari profondi intorno ai quali si ricostruisce una ritualità laica generatrice di senso.

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