27 Gen 2023

Archi di Pasqua di San Biagio Platani: lo scultore Salvatore Navarra racconta l’orgoglio della comunità

In un piccolo Comune dell'agrigentino, la tradizione degli Archi di Pasqua non è solo un bene economico che muove migliaia di turisti, ma rappresenta anche il simbolo di una comunità fiera. La tradizione si tramanda di generazione in generazione e oggi è raccolta da giovani come lo scultore e insegnante Salvatore Navarra, che si augura l'ingresso del sito nella lista Unesco.

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Agrigento - C’è uno scrigno prezioso di tradizioni in Sicilia. Uno scrigno che si disvela soprattutto durante le festività e le feste patronali, quando la cultura popolare trova la sua massima espressione. E in un mondo che corre a velocità sostenuta, c’è ancora chi si sa fermare e assaporare quelle tradizioni, ereditandole dalla famiglia o addirittura dall’intera comunità, come nel caso degli Archi di Pasqua di San Biagio Platani in provincia di Agrigento e del giovane insegnante e scultore Salvatore Navarra.

Salvatore, 26 anni, insegnante al Liceo Artistico di Agrigento, di questa tradizione antica si nutre sin da bambino. Da quando a soli 6 anni fu “invitato” a entrare nello storico magazzino della Confraternita Madunnara – uno dei laboratori dove ciascuna confraternita due mesi prima della Pasqua comincia a lavorare per creare queste suggestive architetture effimere di pane, pasta di sale, foglie di alloro e salice – diventando poi protagonista della manifestazione, non solo come scultore ma anche come membro del movimento Creatività di un popolo, che da qualche anno ha preso in mano le redini della manifestazione.

IL RITO DEGLI ARCHI DI PASQUA

Un rito, quello degli Archi di Pasqua, che arriva dal ‘700 e che è stato portato avanti dalle confraternite dei Madunnara e Signurara, che con tanta passione rinnovano di anno in anno questa  manifestazione attraverso una sana competizione per il migliore allestimento e la migliore architettura. Dopo tanto lavoro infatti, nella notte precedente la Domenica di Pasqua le confraternite allestiscono la parte del corso Umberto di competenza, dopodiché gli Archi di Pasqua rimangono esposti per alcune settimane diventando meta di visitatori.  

Archi, cupole, campanili e vere e proprie cattedrali. Si tratta di costruzioni artistiche che richiedono una grande quantità di lavoro volontario e di materiale naturale – dalle canne al salice, dall’asparago all’allori fino ai cereali e al pane, che però oggi viene preparato fatto solo con farine di scarto di alcuni mulini della zona.

Ed è proprio a questa preparazione che partecipa Salvatore, laureato in Scultura all’Accademia delle belle arti – l’artista ha anche realizzato il mezzo-busto bronzeo che raffigura Rosario Livatino, il giudice ragazzino cui si ispira anche l’attività ambientalista di Domenico Bruno – e figlio d’arte. Il padre Carmelo è apprezzato ceramista e scultore nonché ideatore del Giardino del Mito, uno spazio espositivo di arte contemporanea tra le campagne di San Biagio Platani dove sono collocate le sculture dell’artista che vanno dagli omaggi alla mitologia alle denunce contro la mafia e la guerra.  

Per noi vedere il giorno di Pasqua il Corso vestito a festa con i colori della primavera è una questione di comunità e rivincita

SALVATORE NAVARRA, DA VENT’ANNI NEI MAGAZZINI DEGLI ARCHI DI PASQUA

«Sono cresciuto in questo mondo e con questa tradizione. Sin da bambino, entrando nel magazzino dei Madunnara ho cominciato a sentirmi parte della comunità. Quel luogo diventa casa e i rapporti si stringono e crescono mentre per due mesi si lavora alacremente alla composizione di questi archi e per la riuscita della manifestazione. Credo sia un modo meraviglioso per sentirsi parte di una comunità e questo ti porta a spenderti senza remore per il suo bene». E per San Biagio Platani, paesino di 3000 anime, gli Archi di Pasqua sono davvero un bene sia economico – visto che muovono un flusso turistico importante – sia sociale, perché nei secoli hanno mantenuto la funzione di collante di comunità e condivisione.

Di fatto è stato proprio per salvare questa tradizione che, con un grande scatto di orgoglio nel 2018, quando il Comune fu sciolto per mafia e vennero a mancare i fondi per la manifestazione, Salvatore, il padre e altri cittadini lanciarono proprio l’appello alla comunità per stringersi attorno alla propria storia e a partecipare agli Archi di Pasqua. Grazie alla condivisione di tante persone è nato il movimento Creatività di un popolo, una risposta concreta da parte di una comunità offesa e sconvolta da fatti in cui non si riconosceva.

«Un gruppo di persone ha preso l’iniziativa di ridare dignità al nostro paese e per realizzare gli Archi di Pasqua, che sono il nostro simbolo. Noi abbiamo lanciato l’idea, ma il moto d’orgoglio ha mosso tantissimi amici che si sono ritrovati nella volontà di far capire la nostra identità di sanbiagesi. Perché per noi vedere il giorno di Pasqua il Corso vestito a festa con i colori della primavera è una questione di comunità e rivincita». Da quel momento il movimento guida la manifestazione degli Archi di Pasqua, con la presenza delle confraternite che ne restano l’anima.

Io, Don Pino e Peppino_Giardino del Mito
Io, Don Pino e Peppino opera di Carmelo Navarra installata nel Giardino del Mito
IL GIARDINO DEL MITO: CUSTODI DI MEMORIA E TRADIZIONI

Come racconta Salvatore Navarra, «la nostra speranza e il nostro desiderio sono quelli di riuscire a far entrare gli Archi di Pasqua nella lista dei patrimoni dell’Unesco». Una memoria che trova spazio anche nel Giardino del mito di Carmelo e Salvatore Navarra. «Qui da qualche anno, oltre lavorare nel nostro laboratorio ed esporre le sculture che mio padre ogni anno realizza proprio come opera d’arte finale della manifestazione, proponiamo vari percorsi e laboratori per bambini e ragazzi proprio nell’ottica di preservare la memoria e trasmettere la passione per le tradizioni ai più giovani».

E come sempre non manca l’aggancio con il presente. Se infatti in questi anni le sculture di Carmelo Navarra sono state delle vere e proprie denunce oppure omaggi agli eroi dell’antimafia – come nel caso di Io, Don Pino e Peppino, istallazione monumentale che omaggia Don Pino Puglisi e Peppino Impastato – la scultura protagonista del 2023 guarda all’ambiente e alla sostenibilità. L’installazione prevede il riutilizzo creativo delle lattine portate dagli stessi cittadini di San Biagio, che potranno inserire dentro la lattina il proprio nome e così sentirsi parte di un’opera d’arte nonché dell’azione simbolica di rispetto per l’ambiente.

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