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Benestante, s.m e f., agg. [participio presente della locuzione bene stare] indica letteralmente la condizione di colui che sta bene, che vive bene, anche se la società del dominio e della violenza dispotica, in cui ci troviamo, usa il termine quasi sempre come sinonimo di possidente, facoltoso, ricco. Per il mainstream è benestante chi ha un cospicuo conto in banca e chi vive in una condizione materialmente agiata. Questa definizione è però particolarmente problematica se solo si torna alla radice dei vocaboli bene e stare, da cui appunto deriva il termine “bene-stante”.
Il verbo stare [lat. stare] è voce antichissima, derivante da una radice indoeuropea *stha (arrestarsi), che esprime la condizione di chi indugia, sta fermo, resta immobile, attende, permane; ma può anche significare sentire, trovarsi in una data condizione. Si evince allora che lo stare è un modo di trovarsi, di sentirsi, di abitare e di vivere. E il modo – nel caso del termine benestante – è buono. Perciò è bene-stante chi sta bene, chi vive bene, chi si trova in una buona disposizione d’animo.
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Il termine «bene» è sia un sostantivo maschile, sia un avverbio [dal latino bene]. Come sostantivo esprime la condizione di ciò che è buono, onesto, giusto, e raramente – soprattutto al plurale (beni) – può significare ricchezze. In quest’ultimo caso, va però notato che la lingua latina per esprimere la condizione di agiatezza non associa mai il bene all’essere o alla condizione esistenziale, ma indica la ricchezza con i termini divitiae-arum, bona-orum, rei familiaris (beni di famiglia), possessiones (beni mobili e immobili).
Nella forma avverbiale, il termine «bene» significa in modo conveniente, opportuno, così come anche in modo soddisfacente: mihi bene est vuol dire mi va bene, sto bene. È questa letteralmente la condizione del benestante, la condizione di colui che vive in buona salute, sereno, senza difficoltà nell’affrontare il quotidiano; benestante è la vita di chi è beatus, di chi non vive l’ossessione del possesso e del potere; benestante è la vita di chi vive nel ben-essere.
Come il termine benestante, anche benessere ha subito una torsione semantica in senso monetaristico rispetto al suo senso originario. Il benessere, letteralmente, significa ben-esistere, ben-vivere, ben-fare: si pensi che bene esse o bene fieri (con il dativo) esprime il senso dell’andar bene; e parimenti bene est vuol dire va bene (questa era la formula con cui in genere si aprivano le lettere: si vales bene est, se stai bene, va bene). Il benessere è quindi un esistere, un vivere bene; è lo stare bene del benestante, è lo stare sereni di chi sta fermo, di chi resta immobile senza strepitare, perché non intende indaffararsi o sgomitare con violenza per scalare il vertice della piramide sociale.
Leggi anche:
“Dizionario eretico. Per una critica della parola vilipesa”
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