20 Mag 2021

La storia di Mario Bonfanti, pastore, gay e BDSM – Amore Che Cambia #7

Scritto da: Daniel Tarozzi
Video realizzato da: PAOLO CIGNINI

Chiudete gli occhi. Immaginate di riporre in un cassetto tutti i vostri pregiudizi, le convizioni più profonde, le verità che da sempre date per scontate. Ora chiudete quel cassetto con una chiave e mettetela in tasca, assicurandovi che il contenuto non fuoriesca per nessun motivo, almeno per i prossimi dieci minuti. Se riuscite a fare questo allora siete pronti per leggere la storia che vi proponiamo, quella di Mario Bonfanti, pastore della Metropolitan Community Church, gay e BDSM. Se non ci riuscite vi sconsigliamo di proseguire.

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Milano, Lombardia - Sesso e giudizio vanno a braccetto. Non desiderare la donna d’altri! Tradimento! Vergogna per il proprio corpo. Se ti masturbi diventi cieco. Pornografia. Fantasie sessuali. Perversioni. Frocio, lesbica, checca. “Pisellè!”. Non fare la fighetta. Cazzo! Figa! Atti osceni in luogo pubblico (osceni…). Puttana, troia, guarda quelle troiette. Che testa di cazzo.

Ci avete mai pensato? Metà delle parole insultanti o delle imprecazioni sono richiami a organi genitali o attività sessuali. Il sesso è presentato e vissuto come qualcosa di sporco, impuro, immondo, offensivo. “Atti osceni, perversioni”. L’uso delle parole non è mai casuale. “Ah quanta vergogna poi”.

Che vergogna nell’era pre-internet nel guardare una donna nuda in un cartellone dal giornalaio o sbirciare la sezione film porno in una videoteca. Che vergogna essere scoperti a masturbarsi. Che vergogna la masturbazione. Che vergogna il sesso. Che vergogna il proprio corpo, il proprio seno, i propri genitali, il proprio sguardo che indugia dove non dovrebbe. Che vergogna l’adolescenza. Che vergogna i primi baci. Che vergogna essere innamorati. Persino quello, l’essere innamorati, era ed è usato come insulto: “Oh poverino si è innamorato!”. “Che tenero” e via risate.

amore che cambia 3

Parliamo di sesso. Ne parliamo tanto. Chi in modo apparentemente disinibito, chi con vergogna, chi con rabbia o derisione. E spesso pratichiamo una ginnastica che in molti chiamano “fare sesso”, altri “scopare” e i più romantici “fare l’amore” o addirittura “fare all’amore”. Ma in quante e quanti lo fanno davvero? In quante e quanti amano l’altro mentre i corpi si fondono? In quante e quanti amano sé stessi, il proprio sesso, il proprio fisico? In quante e quanti raggiungono il piacere, lo esplorano, lo sentono e lo vivono senza sentirsi sbagliati? In quante e quanti fanno percorsi “alternativi” senza trasformare la riscoperta della sessualità in un’arma di potere, in una finta libertà che si palesa poi essere controllo e manipolazione di fronte a schiere di donne (o di uomini) adoranti e – in seguito – doloranti e derubate/i?

Io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia molto particolare che mi ha portato a vivere il mio corpo, la nudità e il sesso con grande naturalezza. Eppure… Eppure la mia adolescenza è stata piena di imbarazzo e sensi di colpa, perché la repressione laffuori lavora nell’inconscio, passa per i mass media, i luoghi comuni, il cinema, i telefilm, le chiacchiere al bar. Ovviamente, come molte e molti, ho fatto un mio percorso di ricerca, consapevolezza, errori, delusioni, scoperte, errori, nuove storie, nuove esperienze, errori, messa in discussione, gioia, felicità, errori. Insomma, non so si è intuito, ma ho fatto un sacco di errori! Già perché nessuno ci insegna come comportarci in questo ambito.

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In tutto ciò e nonostante ciò, all’età di 43 anni ho intrapreso con Paolo Cignini (fisicamente) e con Giulia Rosoni (intellettualmente) questo viaggio nell’amore e nel sesso che cambia che da qualche settimana vi stiamo proponendo sulle nostre pagine e oggi sono a presentarvi una delle interviste che più mi ha colpito, destabilizzato, stuzzicato, scosso. Ci ho messo molte righe per arrivare al dunque, perché non so come riassumere le oltre 17 pagine di sbobinato che ho qui sotto. Non so come riportarvi – senza banalizzare – le quasi tre ore di chiacchierata-fiume che hanno poi generato le 17 pagine. Non so come riportare con l’opportuno rispetto e delicatezza, la limpidezza, la sincerità e la luce con la quale il nostro intervistato si è completamente aperto a noi. E allora – prima di tutto – vi ricordo che questa è una video-rubrica. In questo articolo trovate il primo dei due video in cui è racchiuso il cuore del nostro incontro e vi invito a guardarlo per capire davvero chi è Mario Bonfanti e cosa ci ha raccontato.

Qui proverò a riassumere i temi che abbiamo toccato e le emozioni che questi mi hanno suscitato. Un’ultima avvertenza prima di cominciare. Ricordate come ho aperto questo articolo? Sesso e giudizio vanno a braccetto. Se volete e potete, sospendete per qualche minuto il giudizio e provate ad ascoltare, ascoltare davvero, quanto Mario ci racconta. Poi il momento delle discussioni arriverà e – se guardate i video e leggete l’articolo ne sono certo – questa intervista diverrà per un bel po’ di tempo argomento di conversazione tra voi e i vostri conoscenti.

La storia di Mario Bonfanti, da prete a pastore protestante, gay e BDSM

Mario oggi è un Pastore della Metropolitan Community Church (da qui in poi MCC), ma in passato è stato molti anni prete cattolico. Mario è anche rappresentante della Spiritualità del Creato, è dichiaratamente omosessuale e pratica – dichiaratamente – da molti anni pratiche BDSM, ovvero – banalizzando e iper-semplificando – pratiche che vengono normalmente definite sado-masochiste. Nel suo caso – a dire il vero – soprattutto masochiste.

Prete/pastore, gay, BDSM. Già in queste quattro parole, il vaso di Pandora è pronto a essere scoperchiato. Ma noi facciamo un passo indietro e ricostruiamo la storia di Mario. Fin da piccolo Mario è attratto da pratiche poco “istituzionali”. Gli piace leccare i piedi dei bimbi e lo affascinano film che vedono protagonisti gli schiavi. Nel frattempo, crescendo, sente crescere una forte chiamata per i percorsi spirituali e – in adolescenza – decide di seguire il percorso di Frate Carmelitano. Dopo qualche anno, lascia questo ambiente in seguito ad alcuni atti di omofobia ai danni di un suo confratello: «Un ragazzo che era stato scoperto in relazioni omosessuali è stato sbattuto fuori in modo disumano dall’oggi al domani. A noi non è stato raccontato nulla, ma ci era proibito incontrarlo. Sono andato quindi dal mio superiore e gli ho detto che non avevo mai letto una scemenza simile nel Vangelo e che lo avrei incontrato. Lui mi disse che non c’era problema, ma poi hanno iniziato con un mobbing gravissimo, dicendomi che avevano foto su di me… io all’epoca non avevo frequentazioni pur avendo un orientamento omosessuale, ma visto che continuavano ho deciso di uscirne, non aveva senso restar lì».

Dopo oltre dieci anni quindi, Mario prova a sperimentare una vita diversa, ma la chiamata per la fede è troppo forte. Decide quindi di entrare in Seminario. A Milano (Varese per la precisione) incontra diverse difficoltà e decide di spostarsi in Sardegna, dove nel 2002 diventa Prete. «Il Vescovo sapeva benissimo che ero omosessuale e non ha mai avuto problemi, anzi mi ha difeso quando il Vaticano ha cercato di bloccare la mia ordinazione». Nel tempo, però, i Vescovi vengono spostati, cambiano le politiche e Mario ci racconta che gli viene richiesto di fare “terapie riparative”. «Io mi sono inalberato e ho detto che non avevo nessun problema con la mia omosessualità, né con il fatto di essere Prete, tanto mento con il fatto di essere Prete gay. Per me andava benissimo così».

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Nel 2006 torna quindi in Brianza e la diocesi di Milano lo contatta, ai tempi dell’Arcivescovo Cardinale Tettamanzi, per dargli un ruolo ufficiale. «Nel frattempo, però, mi facevo domande; ok, ero tranquillo riguardo al fatto di essere prete e omosessuale, ma sentivo che dentro la chiesa cattolica c’erano tante resistenze, anche se c’erano delle aperture. Mi chiedevo se aveva senso rimanere in questo ambiente o era meglio cercare un’altra chiesa cristiana. Anche perché avevo conosciuto tramite un amico Prete la Chiesa Episcopale, dove una donna era stata ordinata Pastora. Ho quindi scoperto un mondo interessante che non conoscevo, una realtà esterna alla Chiesa Cattolica…». Nel frattempo, un nuovo Vescovo a Milano «mi ha licenziato dall’oggi al domani. C’è stato un movimento di gente che ha raccolto firme, ha fatto petizioni in mio favore. Le persone erano dalla mia parte, ma avevo capito ormai che non aveva più senso resistere dentro la Chiesa Cattolica. Forse aveva più senso trovare un posto dove potessi essere me stesso completamente e tranquillamente».

Nel 2012, quindi, Mario decide uscire dalla Chiesa Cattolica e contemporaneamente viene “buttato fuori”. «Avevano due capi di accusa. Il primo era che appoggiavo apertamente movimenti “cosiddetti omosessuali”. Io risposi “no, non sono COSIDDETTI omosessuali, SONO omosessuali, è un po’ diverso”, quindi togliete il cosiddetti. Inoltre mi accusavano di aperta violazione del sesto precetto del decalogo. Io facendo il finto tonto ho detto “cioè, in che senso?, mi sembrava intanto che il decalogo fosse stato abolito da Gesù Cristo, ma lasciamo perdere, ma comunque cosa sarebbe?”. Mi hanno fatto tutto un giro di parole, ma alla fine per farla breve mi accusavano di aver abusato di una ragazza. E io ho detto: “No scusi eccellenza, facciamo chiarezza, lei sa cosa vuole dire gay? Sa cosa vuol dire essere omosessuale? Se la prova che io sono omosessuale è che forse ho violentato una donna, forse dovete chiarirvi le idee, perché se questo è il principio partiamo male”. C’è stata una sospensione di un anno per verificare cosa fare, ma io ho detto: “Va bene eccellenza non ha senso, chiudiamo qui in tranquillità, esco io”. Purtroppo non è andata così, perché poi il Vescovo ha fatto scrivere a caratteri cubitali sul quotidiano della diocesi “Don Mario scomunicato”. A me sono cadute le braccia. Serviva? È scoppiato di nuovo un casino, scritte sui giornali, sull’Unione Sarda… si poteva evitare».

Di lì nuovi percorsi fino all’incontro con MCC: «Proponiamo questo approccio fondato su un cristianesimo un po’ diverso, molto legato al tema dell’inclusione: chiunque può partecipare, chiunque voglia fare un cammino spirituale di ricerca che non sia necessariamente cristiano. Non chiediamo un battesimo, se uno vuole si battezza se no può partecipare ugualmente all’eucarestia, alla celebrazione, al pane, non c’è un divieto. Abbiamo pastori maschi, femmine, trans; è la cosa più normale del mondo. L’inclusione legata al tema delle sessualità e delle pratiche sessuali in senso lato per noi è un tema centrale. C’è tanto spirito nel sesso e tanto sesso nello spirito».

Ecco, in queste poche righe i temi sono già tanti e tutti scottanti. Mentre voi vi guardate il video incluso in questa pagina io preparo il resto dell’intervista. Ho ancora 12 pagine da elaborare. La prossima puntata esce martedì 25 maggio. Non mancate!

Leggi la seconda parte dell’intervista.

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