22 Dic 2022

Greta e Natascia, le gemelle casare che hanno recuperato un vecchio mestiere di montagna – Io Faccio Così #370

Scritto da: Lorena Di Maria
Riprese di: PAOLO CIGNINI
Montaggio di: PAOLO CIGNINI

Sono amanti della montagna, luogo in cui sono cresciute e in cui hanno deciso di dedicarsi alla professione delle casare: Greta e Natascia sono sorelle, o meglio gemelle, e in Val Sermenza (VC) hanno creato la loro azienda agricola Sorelle Facciotti. Tra la vita in valle e in alpeggio producono formaggi e hanno avviato la loro attività partendo praticamente da zero. Vi raccontiamo la loro storia, tra sogni e difficoltà di questo antico mestiere.

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Vercelli - «Se sentiste certe storie delle nostre valli come la Val Cavaione o la Val Piagiogna non ci credereste nemmeno. Storie di come una volta si faceva il fieno, storie di come si viveva, di come si era felici». Ad ascoltare queste parole ci potremmo aspettare che a raccontarle sia qualcuno che di anni nella vita ne ha vissuti parecchi e che con commozione ci narra di tempi passati. Invece, a pronunciarle sono due giovani ragazze: Greta e Natascia Facciotti. Di anni oggi ne contano 27 e nonostante la loro giovane età alla storia e alle tradizioni della loro valle sono legate indissolubilmente.

Greta e Natascia nella vita hanno fatto una scelta che per molti potrebbe essere considerata controcorrente: hanno deciso di rimanere nella loro montagna e apprendere il mestiere di pastore e casare. Da sempre vivono in Val Sermenza, una stretta valle che fa parte della Valsesia, in provincia di Vercelli: qui fiumi, boschi, alpeggi e paesaggi suggestivi ci mostrano una montagna ancora incontaminata che per loro è casa.

E mentre molti da quelle terre se ne sono andati e se ne vanno tuttora, loro hanno scelto di rimanere. Nell’anno del loro diciottesimo compleanno hanno aperto la loro azienda agricola, che hanno chiamato Sorelle Facciotti, per dedicarsi a una vita di montagna scandita dal ritmo delle stagioni e in compagnia delle loro mucche e capre.

L’ANIMO “MUNTAGNIN” DI GRETA E NATASCIA

«Quando eravamo più giovani non eravamo amanti della scuola e allora ci siamo dette: “Dovremmo provare”». Ci racconta Greta. «Avevamo una prozia a Oro, una piccola frazione del Comune di Boccioleto, che aveva una quindicina di capre. Mia sorella da 7 anni le faceva da bocia e andava a guardare gli animali. Questo finché la zia non è morta e le capre le hanno date a lei. Io invece a 14 anni sono andata da Carla, una signora che vive in una frazione di Boccioleto per imparare il mestiere». 

La difficoltà arriva quando è ora di aprire un’azienda e soprattutto resistere dopo averla aperta

Per costruire un mondo a loro misura, le maniche Greta e Natascia se le sono rimboccate eccome. Anche perché, come ci spiega Greta, «qui il lavoro non lo trovi, te lo devi creare». Così il mestiere delle casare se lo sono conquistato con il sudore e la fatica; infatti quando hanno iniziato la loro avventura non avevano praticamente nulla: «Né terreni, né animali ereditati, né aziende di famiglia». Ma l’animo da muntagnin ce lo hanno nel sangue e la testardaggine è sempre stata una loro virtù, tanto da lanciarsi in questa sfida, sole e ancora molto giovani.

A 18 anni le due sorelle hanno acquistato il terreno e aperto il mutuo per realizzare la nuova stalla, per poi terminare i lavori nell’aprile del 2017. «Noi all’inizio vivevamo dei racconti dei nostri nonni e vedendo le foto del luogo, volevamo solo rendere la nostra valle e le frazioni di Boccioleto più simili a una volta».

Con il passare del tempo però si sono scontrate con la realtà e le sue difficoltà. «Quando apri un’azienda arriva la burocrazia. Noi abbiamo tribolato tanto all’inizio perché non avevamo neanche un terreno e senza soldi non parti. Abbiamo avuto problemi soprattutto quando è stata l’ora di fare il mutuo in banca e nonostante l’azienda sia aperta ormai da quasi dieci anni, siamo andate avanti molto lentamente nei primi tempi a causa della nostra scarsa esperienza».

Sorelle Facciotti
FAR TORNARE LA VALLE COM’ERA UNA VOLTA. UN PROGETTO CHE NASCE DA UN SOGNO

Alla base del sogno delle due sorelle ci sono i racconti della nonna, impressi nella loro mente da quando erano piccole. «Nostra nonna ci raccontava le storie di quando c’erano i prati, di quando tagliavano tutto a mano, di quando c’erano le carbunere dove faceva il carbone nei boschi. Ora non si vede più niente di tutto questo. Ci sono quelle che una volta erano baite e pascoli, ci sono quelli che noi chiamiamo i secchi, che sono i resti delle case. C’è ancora tutto, sì, però è abbandonato. Quando i tuoi nonni ti raccontano questo, nei loro occhi vedi qualcosa che è difficile da spiegare: è la gioia nel ricordare queste cose che ora non ci sono più».

Nei ricordi di Greta e Natascia percepiamo la malinconia di una terra che quando erano piccole veniva sempre più abbandonata, ma anche la voglia di riscatto: «Noi sappiamo che la nostra valle non è la più bella del mondo e sicuramente neanche la più comoda, ma vogliamo impegnarci e prendercene cura.

DALLA STALLA ALL’ALPEGGIO: LE RESPONSABILITÀ DELLA VITA IN MONTAGNA

Come illustrato nel video che trovate all’inizio, oggi l’azienda agricola Sorelle Facciotti conta 24 mucche e 70 capre che consentono di produrre formaggi freschi e stagionati, burro e ricotta. In Val Sermenza la vita scorre tra i lunghi silenzi e le sfumature delle foglie che variano al trascorrere delle stagioni. Con Greta passiamo il tempo all’interno della stalla, dove ci racconta sogni e difficoltà della loro scelta, mentre Natascia ci porta lungo un sentiero coperto da castagni dai colori autunnali. Inerpicandoci raggiungiamo le capre, a cui apre la recinzione per lasciarle libere di pascolare mentre ci racconta del suo lavoro quotidiano.

Sorelle Facciotti3

«In autunno ci dedichiamo ai lavori più leggeri, “tiriamo” le foglie, tagliamo la legna e ci dedichiamo ai campi di patate. Di inverno, quando nevica, ci occupiamo di spalare le strade; mentre in primavera rifacciamo gli orti e i campi, ricominciamo a pascolare le capre e le mucche in frazione a Oro. Maggio e giugno sono tra i mesi più intensi e non abbiamo più orari: essendo noi Presidio Slow Food produciamo il formaggio e finiamo per lavorare giorno e notte, in base a quanto ci mettiamo a mungere “le signorine”».

Poi arriva l’estate, che per Greta e Natascia è una piccola “liberazione”. Parliamo di liberazione perché estate significa transumanza verso l’alpe, che per loro è il periodo più bello dell’anno. La pratica della transumanza si rifà all’antica tradizione di migrazione stagionale del bestiame dai pascoli di montagna a quelli di pianura e viceversa, oggi divenuta bene immateriale Unesco. La pratica dell’alpeggio si sviluppa in località ad alte quote dove gli animali sono liberi di pascolare muovendosi in libertà e a temperature più sopportabili durante il caldo periodo estivo.

«Per salire facciamo la transumanza di notte e quando arriviamo all’alpe, che si trova a 1850 metri, è come se fossimo a casa. È il nostro habitat». I luoghi dove Natascia e Greta si recano tutte le estati sono l’Ape Ciletto di Carcofaro, che si trova a 1850 metri, e l’Alpe Giacet, che prima del loro arrivo era rimasta inutilizzata per quindici anni. «Abbiamo affittato questi spazi grazie a un bando del Comune di Carcofaro che abbiamo vinto. In alpe stiamo bene e quando arriviamo su al Ciletto le capre la sera tornano sempre da sole».

Certo, la vita quotidiana all’alpe non è una passeggiata e le due gemelle assolvono ai lavori quotidiani con senso di responsabilità e grande attenzione. «Finché vai ad aiutare qualcuno a compiere la transumanza o fai il garzun per hobby, il mestiere non è poi tanto difficile. La difficoltà arriva quando è ora di aprire un’azienda e soprattutto resistere dopo averla aperta».

Sorelle Facciotti8
IL BENESSERE ANIMALE

«Siamo partite volendo un gran bene alle nostre bestie e ancora oggi è così». Come ci racconta Greta, delle loro 70 capre, diverse hanno oggi più di 15 anni. Per noi la cosa più importante è tenere bene gli animali, cercare di dare sempre il massimo per loro. «Il problema è che all’inizio è sempre arduo: quando siamo entrate in azienda la difficoltà più grande che abbiamo avuto è stato capire che un animale non vive per sempre. Se ha qualche problema e non riesce a guarire lo devi vendere».

Così Greta ci confida una delle sue prime esperienze: «Mi ricordo la prima volta che ho portato dei capretti al macello e li ho caricati sul camion. Cercavo di essere distaccata, di farmi vedere forte, quei capretti in fin dei conti li avevo cresciuti io. Poi, quando li ho caricati e ho chiuso la porta, sono scoppiata a piangere. Più vai avanti a fare questo lavoro, più vedi cose belle ma molte sono anche brutte».

Dall’apertura dell’azienda a oggi, ogni giorno è una nuova scoperta di un mestiere fatto di fatica e tanti sacrifici. Greta e Natascia intanto lavorano per ampliare i loro spazi, per creare una stalla per le capre che sognano da tempo e un punto vendita dei loro prodotti; lavorano silenziosamente, per contribuire a rendere viva la Val Sermenza facendo ciò che più amano.

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