23 Mag 2024

Dalla Sardegna arriva l’intelligenza artificiale locale e sostenibile che “parla” con le piante

Scritto da: Lisa Ferreli

Fondata con l'obiettivo di favorire la trasformazione digitale delle piccole e medie imprese locali, Open Azienda sviluppa tecnologie sarde che coprono tutta la filiera del dato, dalla generazione all'utilizzo. In questa intervista il fondatore Paolo Pilia racconta un approccio che non solo valorizza i talenti locali, ma garantisce anche maggiore privacy e controllo sui dati, dimostrando che l'innovazione può essere sia sostenibile che inclusiva.

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Cagliari - Sviluppare servizi commerciali e processi di trasformazione digitale usando la propria tecnologia, la propria abilità e i propri hardware e software. Open Azienda in Sardegna ha dato il via a una rivoluzione tecnologica intersezionale: guarda all’impatto ambientale delle tecnologie che utilizziamo, all’impiego dell’intelligenza artificiale, alla creazione di soluzioni che tutelino la sicurezza degli utenti a prescindere dalla loro alfabetizzazione digitale e che siano nostre.

Non tanto per una volontà di sovranità digitale, quanto più per un approccio legato all’autodeterminazione; di aziende, di territori, intenzioni, progetti, persone e rispettivi dati. Paolo Pilia, ingegnere delle telecomunicazioni, fondatore e presidente di Open Azienda, racconta le soluzioni tecnologiche sviluppate e le riflessioni che hanno guidato la loro creazione, per un’innovazione tecnologica attenta alla sostenibilità e al territorio.

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Andiamo per gradi: come nasce Open Azienda?

Nasciamo a Macomer dalla volontà di favorire la digital transformation di piccole e medie imprese, con un approccio orientato non soltanto alle richieste di mercato ma anche alla creazione di nuova tecnologia. Partiamo dal territorio, dallo sviluppo di competenze digitali alla valorizzazione dei talenti: nella nostra isola alcuni ci sono, ma non sono facilmente visibili. Cerchiamo di lavorare sul contesto, creando spazi e strumenti che diventino un patrimonio nel quale gli obiettivi individuali possono trovare terreno fertile per crescere: il talento è risultato di vari fattori, tra loro sicuramente sia lo stimolo motivazionale che l’ambiente di lavoro. Ecco, non tutti sono talenti ma è vero che il talento è fatto molto anche dal contesto.

E il contesto – la Sardegna – è elemento caratterizzante delle vostre innovazioni. Che tipo di tecnologie sviluppate e in che modo sono legate all’Isola?

Abbiamo da sempre avuto passione e interesse anche per hardware ed elettronica e, un po’ per scelta e un po’ per caso, ci siamo trovati a sviluppare in interno un framework [architettura logica di supporto sulla quale un software può essere progettato e realizzato, ndr] anche per il web. La nostra è una tecnologia che è scritta in Sardegna, fatta in Sardegna, di cui abbiamo pieno controllo e che copre tutta la filiera del dato, da dove viene generato o campionato anche tramite appositi sensori, fino al suo utilizzo nel sistema gestionale web.

Attualmente è difficile trovare imprese che abbiano sia tecnologie proprie sull’elettronica che sul web. Abbiamo realizzato un database, che ci risulta essere il primo in Sardegna, nel quale abbiamo integrato una serie di funzionalità e servizi sui dati come un sistema gestionale del quale spesso le imprese hanno necessità. Una tecnologia che è anche oggetto della nostra attuale specializzazione ovvero fornire funzionalità di machine learning [sottoinsieme dell’intelligenza artificiale (AI) finalizzato ad addestrare i computer a migliorare con l’esperienza, ndr] con un nostro modello di AI sostenibile.

La nostra intelligenza artificiale sostenibile può essere eseguita ovunque a prescindere dalle infrastrutture, sia in termini di corrente che di connessioni

Qual è la differenza con le altre intelligenze artificiali e soprattutto cosa significa che è “sostenibile”?

L’AI generale e quella generativa a nostro dire possono essere problematiche: con la prima stiamo parlando di un’intelligenza artificiale che deve emulare e sostituire l’essere umano in molti ambiti; quella generativa invece sostituisce le persone generando contenuti e impatti su una società che dovrebbe essere pronta, ma non lo è. La nostra intelligenza artificiale sostenibile la utilizziamo per comprendere in maniera economica se una pianta è o meno malata attraverso dei sensori ad essa collegati; è quindi a supporto delle professioni e delle aziende nei processi produttivi attuali, non li sostituisce. Consente poi agli utenti di poter essere eseguita ovunque a prescindere dalle infrastrutture, sia in termini di corrente che di connessioni; sennò sarebbe esclusiva non inclusiva.

Infine, è sostenibile perché non deve avere un impatto troppo oneroso per l’ambiente: per noi è importante che non consumi troppe risorse, sia nel momento in cui viene raccolto il dato sia quando viene elaborato il modello di risposta. Quindi andiamo a promuovere un machine learning specifico che può essere eseguito anche senza collegamento a internet, consentendo ai dati specifici di restare nel posto dove vengono elaborati e questo ha un impatto su privacy, sicurezza e ambiente. Quando dipendiamo da un cloud per elaborazioni complesse è necessario sia mandare i dati che aspettare risposta, operazione onerosa per un dispositivo, porta maggiori consumi rispetto al calcolo in loco.

tecnologia computer
Restando sul tema già accennato della privacy e della sicurezza, in che modo la vostra tecnologia ne è garante?

Partiamo dall’approccio privacy by design, ovvero della protezione dei dati fin dalla fase di progettazione. Il design stesso del database integra quindi dei modelli dei privacy e oltre questo il controllo è made in Sardegna, il che ci permette di evitare l’azione di terzi. Occupandoci sia del gestionale che della realizzazione di qualunque soluzione digitale, ci siamo trovati ad esempio a realizzare un nostro sistema di audio e video per il lavoro da remoto, assicurandoci che le nostre conversazioni fossero gestite da noi e non da una piattaforma terza alla quale affidarsi e della quale fidarsi.

O ancora, il nostro database supporta le firme digitali. Con le soluzioni digitali che realizziamo abbiamo la possibilità di verificare tutto e questo consente a livello di ricerca e di impresa di avere un controllo della qualità completo delle soluzioni, ma anche un livello maggiore di privacy e sicurezza. Quello che generalmente avviene è che molti dei programmi e sistemi utilizzati spesso hanno soluzioni di cui non è possibile verificare il funzionamento, per come sono progettate spesso prevedono dipendenza da servizi esterni anche di altri Paesi. Avere le competenze nel proprio territorio e la possibilità di dare vita a una tecnologia secondo una propria strada, è differente.

Tra le tecnologie che avete sviluppato ci sono anche i dispositivi per Cyber Forest, ricerca internazionale che – semplificando uno studio molto articolato e complesso – è volta alla decodifica dell’intelligenza e delle modalità di comunicazione delle piante. In questo studio, come vi siete inseriti?

Si tratta di una grande opportunità di conoscenza, collaboriamo con scienziati che si occupano di nanotecnologie, cibernetica e deep tech [scoperte scientifiche o innovazioni tecnologiche in grado di portare un progresso realmente significativo nell’umanità, ndr]. Noi non sappiamo tutto ciò che le piante rilevano, se possono comunicarci qualcosa, come un pericolo imminente, o come interagiscono tra loro e con l’ambiente circostante. In questo studio noi ci inseriamo in due modi: abbiamo realizzato dei dispositivi per raccogliere e rilevare i dati che arrivano dalle piante e li abbiamo messi a disposizione sponsorizzando il progetto, oggetto tra l’altro del documentario Unconventional Gardeners.

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CyberTree, la tecnologia sviluppata per CyberForest

CyberForest non si limita ai dati provenienti da una pianta su un tavolo di laboratorio, ma studia il sistema complesso dell’ecosistema costituito da più piante che interagiscono tra loro. Il documentario racconterà lo studio in Val di Fiemme, condotto sui resti dei boschi travolti dalla tempesta Vaia: i risultati forniscono prove importanti del potenziale degli ecosistemi vegetali viventi come sensori ambientali. Promoviamo questa ricerca anche verso lo sviluppo di deep tech: quest’anno abbiamo presentato dieci proposte di ricerca per un valore complessivo di oltre 30 milioni in partnership con diverse università e centri di ricerca europei.

Sostenibilità, ampliamento delle conoscenze, sicurezza in ambito digitale ma anche autonomia, nelle soluzioni tecnologiche e nell’approccio. Possiamo parlare di una sorta di sovranità digitale?

Allo stato attuale possiamo dire di aver involontariamente sviluppato una sorta di autarchia tecnologica, dove abbiamo la possibilità di controllare e intervenire su ogni componente e ottimizzarlo per ogni processo. Se da una parte c’è chi crede che la Sardegna e l’Italia possano essere una grande fabbrica di sviluppatori, dall’altra abbiamo una realtà in cui per farlo bisogna appoggiarsi a tecnologie non locali.

Noi offriamo all’intero ecosistema di imprese e professionisti la possibilità di lavorare con tecnologie all’avanguardia, frutto di un’accurata selezione e scouting sulle migliori tecnologie attingendo dal mondo di Linux e dell’OpenSource; le selezioniamo e le integriamo nel nostro framework anticipando i trend globali. Lo facciamo partendo da un presidio completo della filiera del dato: se non lavoriamo su una sorta di filiera europea del dato, la società, noi e il nostro futuro sarà ancor più dipendente da ciò che ci sarà offerto da altri attori globali. 

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