22 Mar 2024

La nuova corsa allo spazio, fra armi nucleari e interessi commerciali – #900

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Oggi parliamo di corsa allo spazio e delle sue tante nuove declinazioni, da quella militare, con il pericolo di utilizzo di armi nucleari come armi anti-satellite, a quelle commerciali, con la costruzioni di basi lunari e le migliaia di satelliti lanciati ogni anno. Parliamo anche del video del primo paziente a cui è stato installato nel cervello il dispositivo Neuralink e della giornata mondiale dell’acqua, con un appello del Forum italiano dei movimenti per l’acqua.

Ieri, leggendo il sito di Al Jazeera, sono stato colpito da una notizia diciamo minore, che però mi ha fatto porre una serie di domande. La notizia in questione è che gli Stati Uniti e il Giappone hanno proposto una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiedendo ai paesi di non schierare o sviluppare armi nucleari nello spazio. Una mossa che, come riferisce l’articolo, darebbe rivolta soprattutto alla Russia e vorrebbe prevenire l’escalation di una corsa agli armamenti nello spazio.

A sua volta questa notizia mi ha fatto tornare alla mente un’altra notizia di cui mi pare non avessimo parlato qui in rassegna, che riguardava il progetto russo-cinese di costruire reattore nucleare automatizzato sulla Luna entro il 2035, per alimentare una base lunare.

Ora, di corsa allo spazio (di nuova corsa allo spazio) si sta parlando molto ultimamente, ma ci sono alcune dimensioni di questo fenomeno di cui mi pare sappiamo poco o nulla e che sarebbe interessante esplorare. Oggi non andiamo troppo a fondo, ma iniziamo ad esplorare l’argomento a partire da queste due notizie, poi se la cosa vi interessa magari facciamo anche qualcosa di più approfondito. 

Partiamo dalla risoluzione Onu sul nucleare nello spazio. Mi sono chiesto: se i rappresentanti di Giappone e Usa vogliono bandire la possibilità di “schierare o sviluppare armi nucleari nello spazio”, significa che qualcuno sta già oggi “schierando e sviluppando” armi nucleari nello spazio, o intende farlo a breve. Ma chi? Come? Quando?

Come spiega lo stesso articolo di Al Jazeera, quel qualcuno è soprattutto la Russia. Russia che, come hanno recentemente ribadito sia Putin che il ministro della Difesa Sergej Shoigu, è formalmente contraria all’armamento nucleare nello spazio, ma che secondo fonti di intelligence americane starebbe implementando delle armi nucleari antisatellite con l’obiettivo di danneggiare o distruggere i satelliti militari americani.

In pratica, se ho ben capito, sarebbero bombe nucleari vere e proprie fatte detonare nello spazio che sarebbero in grado di distruggere i satelliti. Questo tipo di arma rientra nel cappello più generico di armi antisatellite (ASAT). Gli ASAT sono dispositivi che possono distruggere o rendere inoperabili i satelliti attraverso tanti modi diversi e attualmente sono stati sviluppati, in qualche forma, da USA, Russia, India e Cina. E in forme ridotte anche da Iran e Corea del Nord.

Comunque, una sottocategoria di queste armi sono quelle basate sul nucleare, che sono appunto l’oggetto di questa proposta di risoluzione del CSNU. Ma data la potestà di veto della Russia nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non è chiaro se la risoluzione proposta da USA e Giappone sarà approvata. 

Il governo russo, dal canto suo, ha invece accusato l’amministrazione USA di utilizzare satelliti commerciali per fini di spionaggio, citando l’accordo di SpaceX con un’agenzia di intelligence americana. E ha criticato la proposta di Usa e Giappone bollandola come una mossa propagandistica di Washington. 

Ora, al di là di come stiano le cose – fra l’altro ho controllato e l’utilizzo di armi nucleari nello spazio è già proibito da un accordo internazionale e fra l’altro tutti dicono almeno a parole di essere contrari, quindi è anche una situazione su cui è difficile intervenire – ho provato a capire quali potrebbero essere le ripercussioni di queste esplosioni spaziali. Che vuol dire fare esplodere un ordigno nucleare nello spazio? Ovviamente è molto diverso rispetto a far esplodere una bomba nucleare sulla Terra, ma ci sono comunque una serie di rischi. 

Innanzitutto c’è la possibilità di distruggere satelliti che magari non sono il vero obiettivo, e considerate che un sacco delle informazioni che usiamo quotidianamente per le reti di comunicazione, ma anche per far funzionare i sistemi di regolazione del traffico, della navigazione, dell’osservazione terrestre, del monitoraggio climatico, passano tramite satellite, quindi con ripercussioni enormi.

Poi c’è il fatto che queste esplosioni creano/creerebbero una grande quantità di detriti spaziali che resterebbero in orbita per decenni o secoli, rappresentando una minaccia per altri satelliti e per future missioni spaziali. E anche il fatto che l’impiego di armi nucleari nello spazio potrebbe innescare un’escalation militare sulla Terra. 

Infine, anche se infinitamente minore, ci potrebbero essere comunque effetti ambientali negativi sulla Terra, a seconda della natura dell’arma e della sua vicinanza alla Terra al momento dell’esplosione.

L’altra notizia che citavo all’inizio risale a qualche settimana fa, ma visto che siamo in tema può essere interessante parlarne. In pratica il 5 marzo Yuri Borisov, capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos ed ex viceministro della Difesa, ha detto che la Russia e la Cina, stanno seriamente prendendo in considerazione l’idea di costruire una centrale nucleare sulla Luna entro il 2035. Con l’obiettivo di usare l’energia nucleare prodotta per fornire elettricità alle future colonie sulla Luna.

Ora si parla di un possibile progetto, ancora niente di concreto, ma sembra che Russia e Cina ci stiano investendo un bel po’. Borisov ha detto che tutte le questioni tecniche relative al progetto sono già state risolte, tranne la ricerca di una soluzione su come raffreddare il reattore nucleare. Borisov ha anche parlato del piano di “un rimorchiatore spaziale”, spiega l’esperto. “Questa enorme struttura ciclopica sarebbe in grado, grazie ad un reattore nucleare e a turbine ad alta potenza… di trasportare grandi carichi da un’orbita all’altra, raccogliere detriti spaziali e impegnarsi in molte altre applicazioni”.

L’idea di produrre energia nucleare per alimentare le future colonie lunari, comunque, non è una roba nuova. A inizio febbraio era stata la Nasa a parlarne. Il fatto è che sulla Luna le rinnovabili sono più difficili da usare che sulla Terra, come è facile intuire: l’eolico non esiste, perché non essendoci atmosfera non c’è vento, l’idroelettrico men che meno, e il fotovoltaico risente del problema che le notti e i giorni lunari durano entrambi l’equivalente di 14 giorni terrestri. 

Quindi il nucleare in quel contesto diventa una necessità. Tutto ciò avviene nel contesto di questa nuova corsa allo spazio, che ha caratteristiche abbastanza nuove. Infatti, la riduzione dei costi di lancio dovuti all’innovazione tecnologica sta rendendo l’esplorazione spaziale e le relative applicazioni commerciali molto più accessibili non solo agli stati ma a tutta una serie di aziende interessate. 

Oggi, come spiega un’inchiesta dello scorso anno di Landry Signé and Hanna Dooley su Brookings, il settore spaziale vede la partecipazione di oltre 10.000 aziende private di tecnologia spaziale e 5.000 grandi investitori. Mentre sono solo 130 le organizzazioni statali coinvolte. Capite bene che è il settore spaziale commerciale, oggi, il vero traino della “moderna corsa allo spazio”, triplicando il suo valore da 110 miliardi di dollari a quasi 357 miliardi di dollari dal 2005 al 2020​​.

In particolare ad essere decuplicati sono i lanci dei satelliti commerciali (e qui torniamo alla prima notizia e ai timori di Usa e Giappone): nel 2017 c’erano stati 53 lanci di nuovi satelliti, nel 2021 1743. 

Ma che vogliono le aziende dallo spazio? Nel medio termine sembra che il settore dei satelliti sia quello più promettente. Quindi lo spazio è usato per raccogliere e comunicare dati relativi al nostro pianeta. Di qualsiasi tipo: dalla protezione delle foreste dal disboscamento illegale, alle fotografie dei parcheggi dei centri commerciali per studi di marketing. 

Ma nel medio termine le prospettive sono anche cose più fantascientifiche come miniere lunari, o estrazione di minerali rari dagli asteroidi.

Insomma, la nuova corsa allo spazio mi sembra riflettere dinamiche e sviluppi molto terrestri. Con la ricerca scientifica che diventa abilitante (e a volte anche uno specchietto per le allodole) di interessi economici e militari. E con gli equilibri geopolitici che estendono il proprio raggio oltre la Terra. E domande nuove che iniziano a farsi spazio: a chi appartiene la Luna? A chi appartiene lo spazio che circonda il nostro Pianeta? La risposta – ovvia – è a nessuno, come a nessuno appartiene la Terra. ma si sa, siamo strani, siamo Sapiens.

Detto ciò, chiudo con una nota infantile, ma al netto di tutto a me la prospettiva di esplorare il sistema solare e magari un giorno la Galassia, esalta.

Restiamo più o meno in tema innovazione tecnologica. Ieri è stato diffuso il primo video del paziente che si è fatto installare i microchip di Neuralink nel cervello. Neuralink è l’azienda fondata da Elon Musk che si occupa di ricerca e sviluppo di impianti cerebrali da collegare a un computer.

Come racconta il Post, il paziente “È un ragazzo statunitense di 29 anni, tetraplegico dal 2016”. Nel video lo si vede che riesce a muovere il cursore del mouse di un computer e giocare una partita a scacchi, controllandolo solo grazie all’impianto cerebrale. Quindi, ecco, solo con la mente. Il ragazzo spiega nel video che ha dovuto allenarsi un bel po’ ma sembra molto soddisfatto del risultato.

In pratica deve concentrarsi nel riprodurre il tipo di comando che il cervello impartisce, ad esempio, al braccio o alla mano per muovere un cursore del mouse. Il video mostra lui che gioca a scacchi e spiega il meccanismo mentale con cui riesce a muovere le pedine. Devo dire che è affascinante.

Come ricorda l’articolo, “Neuralink esiste dal 2016 e ha come obiettivo quello di sviluppare nuove interfacce neurali, cioè sistemi per mettere in comunicazione diretta il cervello con un dispositivo esterno, come un computer. Le interfacce neurali sono viste come un’importante opportunità per consentire ai pazienti con paralisi e altre malattie debilitanti di recuperare le loro funzionalità, tornando per esempio a muovere gli arti.

Neuralink non è la prima azienda a sperimentare queste soluzioni, ma i suoi ricercatori sono riusciti a realizzare elettrodi di minuscole dimensioni, che possono essere impiantati con un’operazione che secondo l’azienda è meno invasiva, inoltre gli elettrodi di Neuralink sono molto flessibili e questo dovrebbe ridurre il rischio di microtraumi e danni nelle aree del cervello in cui viene effettuato l’impianto.

In tutto ciò, anche qui vediamo come ci siano vari livelli della notizia. Le interfacce neurali sono spesso raccontate dalle aziende e dai media come un modo per aiutare persone con disabilità fisiche, ma altrettanto spesso ambiscono ad altro. Che intendiamoci, non è che per altro intendo per forza cose oscure e malvagie eh. Semplicemente altro, magari un po’ più controverso ecco. 

Ad esempio lo stesso Musk ha sempre detto esplicitamente che il motivo principale per cui ha investito in Neuralink è che è terrorizzato dall’idea che le AI prendano il sopravvento sull’umanità e a suo dire l’unico modo per far sì che ciò non accada è stabilire una connessione rapida e diretta con esse, diventare dei simbionti, una nuova specie.

Anche qui, ipotesi affascinante, ma viene da chiedersi, come ad esempio fa harari: partendo dal presupposto che non tutti gli esseri umani faranno questa sorta di salto evolutivo, o di hack evolutivo, cosa succederà quando avremo una umanità con pochi superSapiens con capacità semidivine, e tanti Sapiens comuni? Visto come trattiamo mediamente le altre specie animali, che consideriamo inferiori, i presupposti non sono dei migliori.

E quindi a questo proposito, forse la cosa più importante e urgente da fare è stabilire una relazione più sana e orizzontale con le altre forme di vita. Perché magari fra qualche anno potremmo essere noi quelli subalterni. E allora – poi dite che non vi pensiamo – se passate da Milano questo weekend vi ricordo che ci sarà il nostro direttore che presenterà la nostra nuova guida sul benessere animale a FLCG. Vi lascio sotto Fonti e articoli i riferimenti.

Oggi, 22 marzo, è la giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite dal 1992, e allora vi voglio leggere, in conclusione, una lettera aperta del Forum Italiano dei movimento per l’acqua che ci ricorda alcune cose importanti:

“Elemento naturale al centro di situazioni ormai non più definibili come emergenziali ma strutturali poste agli antipodi una rispetto all’altra, con i quali dobbiamo abituarci a convivere. Se da un lato abbiamo alluvioni e inondazioni che causano ingenti danni materiali (il più delle volte con perdita di vite umane) dall’altro abbiamo sempre più territori colpiti da siccità dove la mancanza d’acqua renderà la sopravvivenza umana sempre più difficile e complicata. 

Ma di fronte a questa evidenza da anni non più sottovalutabile, le istituzioni, a partire dall’ultima vetrina mondiale che risponde al nome di COP 28, decidono di posticipare ulteriormente la decisione di prendere seri provvedimenti per invertire la rotta attuale che continuerà a proseguire integerrima a favore di energie fossili, prima causa di inquinamento e cambiamenti climatici.

Acqua utilizzata anche come strumento di guerra, come dimostra la drammatica situazione del popolo palestinese, privato nell’accesso, non solo per mano militare nell’attuale massacro quotidiano ma anche per ragioni di sfruttamento e appropriazione illegittima da parte di soggetti gestori presenti illegalmente sul suolo palestinese. 

Acqua sempre più “privata” per il profitto economico perché sempre più “privata” del controllo e della partecipazione di tutt* noi. Dopo 13 anni dall’esito referendario del 2011 che ha rappresentato un ostacolo alla deriva privatistica che ha intrapreso il nostro Paese. Oggi quel referendum e l’esito conseguito, con la legislazione nazionale attuale verrebbe totalmente delegittimato in quanto non è più possibile affidare la gestione dell’acqua ad un Ente di diritto pubblico nonostante in tutta Europa sia ancora una forma gestionale normativamente prevista. Una seria violazione dei nostri diritti.  

Audio disponibile nel video / podcast

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