15 Dic 2022

Cosa ha detto l’Europa all’Italia sulla legge di bilancio – #638

Salva nei preferiti

Seguici su:

La legge di bilancio ha appena passato il vaglio della Commissione europea, che all’interno del suo parere ha però stroncato alcuni aspetti centrali, almeno a livello di immagine, per il governo. Intanto continua a tenere banco la questione del Qatargate, e sembrano emergere tre aspetti concentrici della questione, che riguardano l’Europarlamento, l’Italia, e la sinistra italiana. Parliamo anche di come stanno andando le proteste in Iran, e concludiamo commentando un articolo molto interessante su come di fronte ai problemi potremmo unirci, invece di dividerci.

LEGGE DI BILANCIO: L’UE PROMUOVE L’ITALIA A META’

Fin qui abbiamo abbastanza ignorato la cosa, ma visto che siamo in dirittura d’arrivo forse è il momento di iniziare a parlarne. Mi riferisco alla legge di bilancio, che in questo momento è al centro di una sorta di mediazione fra il governo e la Commissione europea.

Vi faccio un po’ di cornice. In pratica le varie leggi di bilancio dei paesi membri vengono, prima della definitiva approvazione da parte del parlamento nazionale, inviate alla Commissione europea che fornisce un parere, in cui dice se la legge in questione è in linea con gli obiettivi e le linee guida dell’Unione in materia economica, di prospettive di crescita, di debito pubblico e così via.

Non si tratta di un parere vincolante, ma gli stati sono caldamente invitati a tenerne conto. Insomma, ignorare il parere della Commissione è una mossa non tanto furba dal punto di vista delle relazioni internazionali di un governo.

Fine della premessa, vediamo cosa ha detto la Commissione sulla legge di bilancio italiana per il 2023. Vediamolo da un articolo a cura della redazione del Fatto Quotidiano.it. “È una promozione con diversi brutti voti quella arrivata da Bruxelles sulla prima legge di Bilancio del governo Meloni. Il parere della Commissione si conclude con un giudizio generale positivo – “Nel complesso” il documento programmatico di bilancio dell’Italia è “in linea con gli orientamenti di bilancio contenuti nella raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 2022″ – che sconta però diversi rilievi critici molto pesanti. 

“In particolare su misure legate ai pagamenti digitali e all’evasione fiscale“, come ha riassunto il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. Quelle “insufficienze” fanno male perché riguardano tutte le misure bandiera della maggioranza di centrodestra, che hanno suscitato polemiche anche in Italia perché in evidente contrasto con gli impegni contro l’evasione fiscale presi nel Pnrr: il condono, l’aumento del tetto al contante e lo stop all’obbligo di accettare pagamenti elettronici sotto i 60 euro. In più nel mirino c’è anche il rinnovo dei pensionamenti anticipati con quota 103. 

Più avanti l’articolo spiega più nel dettaglio quali sarebbero i dubbi sollevati dalla Commissione:

  • la disposizione che aumenta il massimale per le operazioni in contanti dagli attuali 2.000 euro a 5.000 euro nel 2023; 
  • la misura, equiparata al condono fiscale, che consente la cancellazione di debiti tributari (tasse, bollette, ecc) pregressi relativi al periodo 2000-2015 e non superiori a 1.000 euro; 
  • la possibilità per i commercianti di rifiutare pagamenti elettronici inferiori a 60 euro senza incorrere in sanzioni
  • il rinnovo, con criteri di età più stringenti, nel 2023 dei piani di prepensionamento scaduti a fine 2022 (la cosiddetta quota 103). 

Le preoccupazioni della Commissione sono soprattutto legate – come viene spiegato nel documento – ai passi indietro che queste misure farebbero fare al nostro paese nel contrasto all’evasione fiscale.

Il governo italiano, dal canto suo, ha evidenziato il bicchiere mezzo pieno, dicendosi molto soddisfatto del fatto che il giudizio complessivo sia positivo. E in definitiva sarebbe bene. Il problema, per la maggioranza, è che le misure criticate dall’Europa non sono nemmeno così sostanziali, ma sono perlopiù simboliche. Non sono quelle più importanti in senso assoluto, o che avranno un impatto maggiore sulla vita delle persone: pensiamo al limite sui pagamenti in contanti, per quanti farà differenza se il limite è 5000 o 10000 o 3000 euro? Quanti, che non siano narcotrafficanti, oligarchi o emiri, girano con 10mila euro in contanti per pagare le cose di tutti i giorni? Però sono state le più dibattute, soprattutto quella del limite ai contanti e quella dei pagamenti col pos, diventando bandiere politiche. E rinunciare a una bandiera è sempre difficile, perché è su queste misure più che sui cambiamenti sostanziali, che si costruisce spesso il consenso politico.

Resta da vedere se la maggioranza, alla luce del parere Ue, confermerà o modificherà la legge e quanto verrà incontro alle richieste dell’Europa.

Va bene, visto che siamo in tema, mi piacerebbe estendere il discorso brevemente al tema del reddito di cittadinanza, che la legge di bilancio di fatto abolisce. È un tema anche questo molto dibattuto, anche questo trasformato in una bandiera dal M5S e per questo, probabilmente, osteggiato dal governo Meloni che vede al momento proprio nei 5 Stelle l’avversario politico più temibile al momento. 

Ma non voglio parlare di questo, e nemmeno del reddito in sé, di come era fatto se era una misura ottima, buona, così così, quanto era migliorabile ecc. No, vorrei concentrarmi sulla principale obiezione che viene fatta al reddito di cittadinanza e aggiungere un tassello alla riflessione comune, che mi pare che manchi. 

La critica più comune riguarda il fatto che le persone, con il reddito di cittadinanza, non sarebbero spinte a impegnarsi, a lavorare, a produrre, e rimarrebbero inattive, passive. Secondo me c’è un grande mito da sfatare qui, proprio a livello culturale, antropologico, che è quello della produttività. Non siamo persone degne, rispettabili, se non lavoriamo, se non produciamo. Solo che viviamo in una società in cui:

  • gran parte del lavoro è già stato automatizzato e sempre di più lo sarà
  • sono pochi i lavori realmente utili per la società. La maggior parte dei lavori non producono qualcosa di realmente utile, alcuni sono anzi decisamente dannosi, e servono solo a chi li fa per avere uno stipendio e a qualcun altro per accumulare profitto
  • gran parte dei danni che facciamo agli ecosistemi, e di conseguenza alla nostra specie, derivano proprio dal fatto che facciamo troppe cose. Siamo troppo indaffarati e operosi. Se facessimo tutti meno, faremo anche molti meno danni, consumeremo meno cose e così via.

Alla luce di tutto questo, ecco, penso che non sia un problema pagare persone per non fare niente. Poi è vero, in una società della produttività, oziare spesso si riduce a bivaccare sul divano, al bar o davanti alla Tv tutto il giorno. Ma allora impegniamoci a riscoprire il valore culturale dell’ozio, a riscoprire passioni, a riattivare la fantasia e le relazioni sociali. Insomma, se dobbiamo puntare il dito, scegliamo con cura il bersaglio. 

I TRE “LIVELLI” DEL QATARGATE

Il Qatargate continua ad occupare le prime pagine dei giornali. In realtà non ci sono moltissime novità, ma la notizia è talmente rilevante, grossa, centrale, che non si può non parlarne. E allora i giornali da un lato cercano dei retroscena. Dall’altro si concentrano sulle analisi.

Mi pare che emergano soprattutto tre tematiche da questa vicenda, che riassunta in brevissimo vede il coinvolgimento di alcune figure molto importanti nel Parlamento Europeo in una rete di corruzione con cui il Qatar, e in misura minore il Marocco, pagava personaggi influenti per indirizzare politicamente e culturalmente il Parlamento e fargli chiudere un occhio sugli aspetti più critici della monarchia qatarina (ad esempio i diritti dei lavoratori, le condizioni assurde in cui hanno lavorato ai cantieri dei mondiali, i diritti della comunità Lgbtq+ e così via).

Quali sono queste tre tematiche evidenziate dai giornali? Sono tematiche concentriche, per cui possiamo partire da quella più generale. La prima è la figuraccia e la perdita di credibilità del Parlamento Europeo come istituzione. Durante l’apertura della sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo la presidente del parlamento Roberta Metsola ha tenuto un discorso molto accorato in cui ha detto:

“– Il Parlamento europeo, cari colleghi, è sotto attacco.

– La democrazia europea è sotto attacco.

– E il nostro modo di essere società aperte, libere e democratiche è sotto attacco.”

Il discorso è stato ripreso da molti giornali e tende a presentare una versione secondo cui ci sarebbe un nemico esterno che vuole sabotare l’Istituzione Parlamento europeo, ma la verità è che buona parte dei soggetti coinvolti in questa rete fa parte o faceva parte del Parlamento, con ruoli importanti. Lo stesso  Pier Antonio Panzeri, considerato la mente di tutto questo network di corruzione, era un ex europarlamentare del PD, e uno di quelli che contano, è stato Vice presidente della commissione occupazione e affari sociali; membro supplente della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori; membro della Delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti; membro della Delegazione per le relazioni con il Giappone.

Eva Kaili era fino a due giorni fa Vicepresidente del Parlamento Ue. Non parliamo di ruoli marginali. E quindi il Parlamento, che è fra l’altro l’organo più democratico dell’infrastruttura europea, quello eletto direttamente dai cittadini, ne esce abbastanza maltrattato. 

Poi c’è la seconda questione, che è la questione “italiana”. Nel senso che al netto del fatto che via via emergono i ruoli di parlamentari di altri paesi, per quello che sappiamo fin qui la cabina di regia di questo grosso scandalo è principalmente italiana. Il che non è il massimo per un paese che è già caratterizzato da tanti stereotipi su pizza, mafia e mandolino e cose di questo genere, e che stava provando a emanciparsi da questi stessi stereotipi a livello europeo guadagnandosi un ruolo credibile. 

Infine la terza questione, ancora più ristretta e tutta italiana, è quella della sinistra. È uno scandalo che coinvolge soprattutto figure istituzionali che fanno riferimento all’area Pd. Questo fatto non è un caso in realtà, nel senso che il Qatar ha cercato proprio la sponda di qualcuno che venisse da quella parte politica e a cui almeno sulla carta, stessero a cuore le tematiche dei diritti sociali e civili, perché la sua voce sarebbe stata molto più autorevole sulla questione. Ciò però non toglie che il Pd ne esca anch’esso malconcio e stia cercando di mettere le pezze come può. 

Ad esempio in una nota il Pd si è definito “parte lesa” e ha annunciato la volontà di costituirsi “parte civile nel procedimento giudiziario in corso”, avvertendo che verranno adottati “atteggiamenti inflessibili in linea con il nostro Statuto nei confronti di eventuali esponenti del Pd coinvolti”.

Tutto ciò sta prestando il fianco alla stampa soprattutto di destra per sferrare un attacco su un tema, quello della corruzione, su cui la destra è stata – giustamente – attaccata negli ultimi trent’anni, perlomeno dall’ingresso di Berlusconi in politica. Ad esempio il giornale titola: “Ci costituiremo parte civile”. Ora il Pd frigna sul Qatargate”. E cose di questo genere.

Detto ciò, e al netto delle esagerazioni, credo che tutti e tre questi livelli esistano e coesistano, e che sia interessante – perlomeno giornalisticamente – vedere come si evolveranno e come le varie parti in causa riusciranno a sanare le problematiche e ripulire la propria immagine o finiranno travolte dallo scandalo. 

LE ESECUZIONI DEI MANIFESTANTI IN IRAN

Torniamo a parlare di Iran, perché ci sono un po’ di novità. Uno degli aspetti più terribili e anche in realtà non così discussi delle rivolte in Iran è che molti manifestanti arrestati rischiano la pena di morte per aver protestato. 

Scrive Antonella Alba su Rai News: “Secondo gli attivisti sono circa una dozzina i condannati alla pena capitale. Dal 16 settembre, quando sono scoppiate le proteste, 18.000 persone sono state arrestate e oltre 448 uccise nella repressione, compresi una sessantina di minori. Lo affermano le ong per i diritti umani che operano all’estero.

Finora sono stati giustiziati due giovani: Mohsen Shekari è stato impiccato l’8 dicembre e lunedì Majidreza Rahnavard: entrambi di 23 anni, sono stati giustiziati con l’accusa di “moharebeh”, “inimicizia contro Dio” secondo la Sharia islamica iraniana. Due esecuzioni che riguardano le attuali proteste, ma sono molte altre le impiccagioni avvenute negli ultimi mesi.

Ora però qualcosina sembra iniziare a scricchiolare. Diciamolo piano e prendiamo tutto con le pinze, perché sappiamo come è andata con la questione dell’abolizione della polizia morale e del velo obbligatorio e sappiamo che le autorità iraniane non sono nuove a rilasciare dichiarazioni che servono a calmare gli animi, lasciando la situazione invariata.

Premesso ciò, le novità su questo fronte sono due: la prima è che, come scrive ancora Alba “un gruppo di noti ecclesiastici ha criticato duramente le recenti esecuzioni. “Chiunque sia accusato di muharebeh ovvero di guerra contro Dio o ‘corruzione sulla terra’ non dovrebbe essere necessariamente giustiziato”, ha dichiarato all’Ilna un membro dell’assemblea degli esperti ed ex capo della Corte suprema, l’ayatollah Morteza Moghtadai, aggiungendo che secondo l’Islam tali accuse sono legate alla guerra, non agli scontri tra una o due persone. Critiche dello stesso tenore sono state mosse da altri due ayatollah.

Altre critiche arrivano dalla città santa di Qom: un membro dell’assemblea del seminario, l’ayatollah Mohammadali Ayazi, ha dichiarato che la muharebeh viene usata in tempo di guerra, non per le proteste o gli scontri di piazza, soprattutto quando i manifestanti si difendono dagli attacchi delle forze di sicurezza. E ancora “la partecipazione a qualsiasi cerimonia organizzata da questo regime tirannico è haram (religiosamente proibita) fino a quando non sospenderanno le esecuzioni”, ha annunciato un altro ayatollah, Mahmoud Amjad, che è istruttore al seminario di Qom”.

L’altra novità la riporta invece direttamente l’agenzia stampa AdnKronos e riguarda il fatto che un terzo ragazzo che doveva essere giustiziato forse non lo sarà: “Le autorità di Teheran hanno accolto la richiesta di revisione del processo di Mahan Sadrat, 23 anni”.

“Le autorità di Teheran hanno sospeso l’esecuzione di Mahan Sadrat, manifestante di 23 anni arrestato nell’ambito delle proteste in corso in Iran, accogliendo la richiesta di revisione del processo. Lo ha dichiarato all’agenzia di stampa Isna il suo avvocato, Seyyed Abbas Mousavi, spiegando che la Corte suprema esaminerà nuovamente il suo caso”.

Possiamo interpretare questi come lievi segnali di apertura? Non saprei. Nel frattempo il pugno duro del regime iraniano continua a battere forte su altri fronti. Ad esempio, scrive il Sole 24 ore riprendendo un’Ansa, “Le Guardie Rivoluzionarie iraniane – i cosiddetti pasdaran – hanno arrestato alcuni membri di media occidentali che avevano ripreso video e immagini di «diverse situazioni» in Iran e li avevano inviati alle loro redazioni: lo hanno reso noto le forze di polizia dell’Iran in un comunicato. Le persone arrestate, che si trovano a Pardis, una città a est di Teheran, avevano il sostegno finanziario e di intelligence dei media occidentali, si legge nella nota, citata dall’Irna. Durante le proteste in corso da tre mesi nel Paese, sono state inviate immagini e video ai social media e alle tv dissidenti in lingua persiana all’estero”.

Nel frattempo fa discutere – ne parla ad esempio il Fatto Quotidiano – anche il caso di un operatore umanitario belga, Olivier Vandecasteele, 41 anni, che è stato condannato a 28 anni di carcere in Iran e la cui famiglia ha dichiarato di non sapere per quale motivo sia stato arrestato. 

Ecco, questa è la situazione, al momento. E visto che non è semplice capire bene come funziona tutto il sistema iraniano e all’interno di quale cornice si muovono queste proteste, ho pensato di farvi ascoltare un piccolo estratto della puntata di questo mese di INMR+ in cui Paola Rivetti, ricercatrice e professore associato dell’Università di Dublino, spiega alcuni aspetti interessanti. 

Sarebbe solo per abbonati, eh, ma voi non lo dite a nessuno.

Se la cosa vi ha incuriosito, vi ricordo che trovate la versione integrale, bella lunga, del podcast (circa un’ora e mezzo, super approfondita, nella sezione podcast sul sito. Ma è solo per abbonati, quindi ecco, sì, insomma, lo sapete.

LE DIVISIONI CHE CI UNISCONO

Voglio concludere questa puntata con un articolo che non è legato a un fatto di attualità ma è una riflessione sul sistema sociale e politico in cui viviamo. L’articolo è scritto da un economista olandese che si chiama Hans Stegeman, che ho scoperto oggi pomeriggio grazie a Silvia Ricci, che oltre ad essere una grandissima esperta di economia circolare è anche una fonte inesauribile di cose interessanti, in generale, non solo sull’economia circolare. Visto che non è molto lungo, ve lo leggo in versione semi-integrale, come la farina. Ah, anche la traduzione è opera di Silvia Ricci.

“La divisione è un fenomeno tipico del nostro tempo. Ci si divide non solamente sul cosa fare, ma anche sulla natura dei problemi e fenomeni di cui stiamo effettivamente parlando.

Basta prendere un elenco di questioni e problemi di grande rilevanza sociale e ambientale del momento per avere chiaro che per la maggior parte delle persone che si esprimono in merito acquisiscano  maggiore importanza  le problematiche che li riguardano qui e ora ( sia che si tratti di politica, convivenza sociale, reddito, scelte di vita, ecc).

I principali problemi per la sopravvivenza dell’umanità – il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità – sono per molti un’astrazione, o una preoccupazione per il futuro o per altri.

I problemi che abbiamo di fronte dividono la politica e la comunità. Ognuno sviluppa la migliore visione per il futuro dal proprio punto di vista. E questa è la battaglia in cui ci troviamo ora, perché queste diverse visioni del futuro sono ovviamente fortemente connotate dall’interesse personale.

Quando sarà possibile sviluppare una visione comune per intraprendere azioni comuni? La storia ci fornisce risposte  abbastanza inequivocabili su questo punto. Tanto i disastri quanto le difficoltà che sono state affrontate insieme contribuisce a dare un’identità ad una società e a renderla una società più resiliente.

Nella storia dell’Olanda si è verificato una condizione come il  disastro delle inondazioni: è stato un trauma collettivo, che ha dato vita a decenni di politiche efficaci e ampiamente sostenute. Questo chiaramente non è valso per la pandemia di Covid e la crisi energetica: l’influenza di queste due crisi sulla vita quotidiana della maggior parte delle persone non colpisce infatti tutti allo stesso modo  e pertanto non è sufficiente per farci cambiare rotta in modo permanente come società.

Ora io vorrei che non avessimo bisogno di aspettare a vivere disastri di proporzioni epiche.

Sono convinto che anche senza un evento catastrofico  possiamo lavorare per definire il nostro interesse collettivo, il nostro futuro. Dovremmo preoccuparci meno del presente e accettare che non possiamo sempre mantenere tutto, ma che il progresso significa anche che, a volte, si deve accettare di perdere qualcosa.

La soluzione sta anche nell’essere capaci di collegare i problemi del futuro con quanto sta accadendo e ci preoccupa dell’oggi. Le attuali emissioni di azoto causano già oggi gravi danni alla salute e questo è già un problema dell’oggi e non di futuro astratto”.

L’aspetto più interessante che mi sembra emerga dall’articolo è il fatto che i problemi sono tanto più difficili da risolvere e tanto più divisivi quanto più investono e affliggono in maniera diversa parti diverse della società. Se più o meno siamo tutti uguali e vicini di fronte a un evento specifico e locale come un terremoto, siamo molto investiti in maniera molto diversa da fenomeni globali come una pandemia o il cambiamento climatico, e questo contribuisce alla difficoltà nel prendere buone decisioni.

Ma questo avviene anche perché, o soprattutto perché, non abbiamo forme di governance adatte a gestire la complessità, che in un  sistema democratico basato sul voto e sui concetti di maggioranza e minoranza diventa solo una gran seccatura. Se il tema vi stuzzica, vi segnalo che anche qui abbiamo pubblicato proprio da poco una puntata dell’altro format per abbonati che abbiamo, A Tu per Tu, in cui si parla proprio dei limiti della democrazia attuale e dei modelli migliorativi o alternativi che abbiamo a disposizione, con anche tanti esempi concreti. 

FONTI E ARTICOLI

#legge di bilancio
Il Fatto Quotidiano – Manovra, ok dell’Ue. Ma boccia le misure bandiera, dal tetto al contante a condono, stop all’obbligo di pos e quota 103. Meloni ignora le critiche https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/12/14/manovra-la-ue-boccia-aumento-del-tetto-al-contante-condono-e-stop-allobbligo-di-accettare-pagamenti-elettronici/6905245/

#Qatargate
il Post – Roberta Metsola dice che il Parlamento europeo «è sotto attacco» https://www.ilpost.it/2022/12/12/roberta-metsola-parlamento-europeo-qatar/
Il Fatto Quotidiano – Qatargate, Panzeri, Kaili e Giorgi rimangono in carcere. Sorveglianza elettronica per Figà-Talamanca. I media greci: “60 deputati nel mirino” https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/12/14/qatargate-panzeri-kaili-e-giorgi-rimangono-in-carcere-sorveglianza-elettronica-per-figa-talamanca/6905122/
il Giornale – “Ci costituiremo parte civile”. Ora il Pd frigna sul Qatargate https://www.ilgiornale.it/news/interni/siamo-danneggiati-ora-pd-frigna-sul-qatargate-2095352.html

#Iran
AdnKronos – Proteste Iran, sospesa esecuzione terzo manifestante condannato a morte https://www.adnkronos.com/proteste-iran-sospesa-esecuzione-terzo-manifestante-condannato-a-morte_1WKY4pW7OPdkqVewa7qR6n?refresh_ce
Il Sole 24 Ore – Iran, arrestati membri dei media occidentali https://www.ilsole24ore.com/art/iran-arrestati-membri-media-occidentali-AEzRw6OC
Il Fatto Quotidiano – Iran, operatore umanitario belga condannato a 28 anni: ma la famiglia non sa perché. Pena di morte sospesa per 23enne
Rai News – Iran, la magistratura: 11 manifestanti condannati a morte, tre ayatollah criticano le esecuzioni
Italia che Cambia – Tutto quello che devi sapere sulle rivolte in Iran

#democrazia
fd – Laten we niet gaan zitten wachten op een grote ramp
Italia che Cambia – Sopravvivere alla crisi della democrazia (e creare alternative) – A tu per tu + #1

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace


La Grecia vieterà la pesca a strascico, primo paese in Europa – #920

|

L’assalto eolico è ingiustizia climatica: le conseguenze sul patrimonio culturale sardo

|

Franco D’Eusanio e i vini di Chiusa Grande: “È un equilibrio naturale, noi non interveniamo”

|

L’arte collettiva del sognare: il social dreaming arriva in Liguria

|

Quanto inquinano gli aerei? Ecco cosa dicono i dati e le leggi

|

No border books, un kit di benvenuto per i piccoli migranti che approdano a Lampedusa

|

Intelligenza artificiale in azienda: ci sostituirà o ci renderà il lavoro più facile?

|

HandiCREA e il sogno di Graziella Anesi di un turismo accessibile e inclusivo

string(9) "nazionale"