29 Apr 2021

Il modello finlandese per la scuola del futuro… in Italia! – Io faccio così #326

Scritto da: Daniel Tarozzi
Montaggio di: PAOLO CIGNINI

Oggi vi portiamo nelle Marche, dove incontriamo le protagoniste di una vera Scuola che Cambia, l'Istituto Comprensivo Jesi “Lorenzo Lotto”. Attraverso le parole delle sue docenti, scopriamo come già oggi esistano scuole in cui si mettono in discussione molti dei dogmi della didattica novecentesca, con risultati sorprendenti che vanno oltre le vecchie ore statiche, con il coinvolgimento attivo di ragazze e ragazzi e con un attenzione costante alle esigenze di ogni persona presente nell'Istituto.

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Quante ore passate sui banchi di scuola ad annoiarsi, osservando su quel muro grigio un orologio che sembrava stregato da quanto lentamente lasciava scorrere le sue lancette. Tono monotono, richieste monotone, adrenalina per eventuali interrogazioni o compiti in classe, noia, attesa, ricreazione, noia, attesa, noia, uscita, corsa sfrenata, pranzo, compiti, compiti, compiti, tv, cena, nanna.

Ecco, tutto questo non può più accadere ai futuri adulti che in questi anni stanno frequentando scuole primarie e secondarie. Per fortuna, esiste una Scuola che Cambia e l’esperienza che vi presentiamo oggi è davvero un’eccellenza assoluta, innestata nella scuola pubblica marchigiana e replicata in altri cento istituti. Mi riferisco al Modello Organizzativo Finlandese (come vedremo in parte italicamente montessoriano) che si è affermato – grazie alla Preside Sabrina Valentini e alle sue insegnanti – a Jesi, una cittadina di quarantamila abitanti delle Marche, nell’Istituto Comprensivo Lorenzo Lotto. Ho quindi intervistato Sabrina Valentini e l’insegnante Maria Chiara Barchi per capire meglio come funzioni questo metodo straordinario che scardina l’orario classico, che coinvolge gli studenti, che combatte le discriminazioni sociali e che costruisce un futuro a modello di bambina e bambino.

L’istituto comprende due scuole dell’infanzia, due primarie e una secondaria e da sempre si è contraddistinto per una vocazione all’inclusività a cui è stato aggiunto un tocco d’innovazione grazie al corpo docenti altamente qualificato e in continua formazione. Per questo motivo, quando nel settembre 2019 Sabrina Valentini è arrivata nella scuola di Jesi, ha potuto intraprendere con gli insegnanti presenti un cammino nuovo verso l’innovazione didattica.

«Sappiamo di essere – come diceva Bauman – una società liquida, globale, basata sempre più sulla necessità di lavorare in gruppo, avere le competenze per affrontare una conoscenza che cambia continuamente, quindi non abbiamo più bisogno di abilità e nozioni valide fino al ‘900. Cercavamo quindi qualcosa di diverso per affrontare le sfide di questa modernità, cercando anche di ridurre il gap tra gli alunni con difficoltà di qualunque tipo per garantire inclusività», mi racconta la Preside.

modello finlandese 1

I ragazzi hanno una capacità di attenzione ridotta a causa delle tecnologie, che sono una grande risorsa ma hanno cambiato il modo di agire, reagire e riflettere. I nostri bambini sono nativi digitali, hanno un pensiero veloce, irriflessivo che li ha portati ad avere difficoltà nello stare fermi e attenti per lunghi periodi. «I problemi di attenzione causano poi problemi di concentrazione e studio. Per rispondere a queste problematiche abbiamo cercato di orientarci verso una didattica della lentezza e per farlo abbiamo scelto il Modello Organizzativo Finlandese, che prevede la programmazione degli orari e un tempo disteso di apprendimento».

Il modello finlandese si è diffuso in circa cento scuole in tutta Italia grazie anche al supporto delle università Cattolica e Bicocca di Milano e l’università politecnica delle Marche. La rete, nata nel giugno 2018, ha come capofila l’Istituto omnicomprensivo “Della Rovere” di Urbania (PU). Il modello prevede una compattazione oraria per cui nell’arco della settimana il “tempo scuola” è cambiato. La didattica è prevista dal lunedì al venerdì (escludendo quindi il sabato come richiesto da molti genitori). Gli orari vanno dalle 8 alle 13 per la primaria e dalle 8 alle 14 per la secondaria. Le discipline umanistiche vengono trattate nella prima parte della settimana, le discipline scientifiche nella seconda parte e ogni mattina i ragazzi seguono almeno due ore di lezione per materia.

È previsto e organizzato un tempo “più disteso” per affrontare le materie, non in modalità frontale, ma secondo un modello di 20, 20, 20: 20 minuti di lezione frontale, 20 minuti di lavoro a coppie o gruppo sulla parte cooperativa, laboratoriale e costruttiva così che i ragazzi si sperimentino nell’apprendimento attivo e poi – nell’ultima parte della lezione – 20 minuti dedicati alla meta-cognizione, così che tutto il ciclo di apprendimento sia sviluppato per tutta la lezione.

modello finlandese 2

«Noi crediamo che per avere saperi profondi e competenze più radicate i ragazzi e le ragazze abbiano bisogno di un tempo più lungo, per approfondire, sviluppare il pensieri critico, creativo e divergente attraverso l’apprendimento attivo», continua la preside. «La maggior parte dell’attività didattica deve essere fatta a scuola, i compiti a casa ricoprono un tempo veramente limitato e di ripasso di alcune cose. Spesso in classe il lavoro si svolge a coppie, anche se con il Covid-19 abbiamo un po’ modificato questo metodo. Non vogliamo delegare alla famiglia parte dell’apprendimento. Non ci si rende conto, ma spesso i compiti a casa instaurano dei meccanismi involontariamente elitari. Se c’è una famiglia che può aiutare il bambino bene, ma cosa succede a quelli che hanno una famiglia che lavora o a quegli alunni che non hanno gli strumenti per portare avanti una parte del lavoro da soli? Si crea un gap grandissimo e noi non possiamo permetterlo. Il nostro obiettivo è eliminare il divario».

Maria Chiara insiste sull’importanza della laboratorialità: «La coooperazione è quotidiana e la laboratorialità, “l’imparare facendo”, diventa qualcosa di naturale. Cerchiamo di far passare concetti anche attraverso la manipolazione, la manualità. Ad esempio, quando abbiamo studiato le lettere, per ogni lettera siamo andati a costruire qualcosa che le connettesse con qualcosa di fisico. Con la meta-cognizione, riflessione e autovalutazione invitiamo poi i bambini e le bambine di cinque o sei anni a pensare ed elaborare. A quell’età i bimbi sono abituati a parlare, ripetere, dialogare tra loro e costruire un pensiero profondo. Aumenta quindi la loro motivazione perché ottengono risultati e stanno bene a scuola. Questo modello fa sì che tutti arrivino all’obiettivo, anche i bambini con difficoltà».

Altri aspetti fondamentali del MOF sono lo spazio e il tempo, elementi necessari per creare empatia. Lavorando a coppie si crea empatia e supporto verso l’altro. In questo momento di pandemia che ci ha costretto a isolarci e essere diffidenti diventa ancora più necessario riscoprire questa qualità. Come sottolinea Maria Chiara, «lo stare bene a scuola è globale, i nostri bambini non sono in stress. Lo stress deriva dalla sensazione di non essere compreso. Quando il bambino è frustrato e non riesce a fare una cosa crea disturbo in classe, chiede aiuto, magari non lo sa esternare a parole. Se l’insegnante impara ad accoglierelo e gli da un compito che lui sia in grado di svolgere, magari anche con l’aiuto del compagno di coppia, la frustrazione diminuisce, il bambino è più calmo e aumentano la concentrazione e il pensiero riflessivo. Se il bambino è rilassato e riflette, si attiva la memoria a lungo termine».

modello finlandese 3

Le due insegnanti tengono a sottolineare la necessità di creare un modello che non sia esterofilo, anzi, al contrario molto italiano perché fondato sul metodo Montessori. Non si parla di programmi svolti, ma di percorso per competenze. La Finlandia è il paese che ottiene i punteggi più alti nelle rilevazioni internazionali e per questo da anni è considerato un modello di scuola di eccellenza, dove tutti ottengono ottimi risultati. Ma i presupposti sono quelli di una scuola montessoriana, dell’imparare facendo e di un uso del tempo e dello spazio moderno. A questi due presupposti la preside e gli insegnanti della scuola di Jesi hanno aggiunto un corso sulla didattica cooperativa metodo Rossi (LINK), basato sulla creazione dell’empatia, di un modello cooperativo.

Le parole della preside Sabrina Valentini sono molto chiare e danno un’idea di un futuro in cui la scuola è al centro di tutto. «Solo la scuola può garantire un domani migliore e solo la formazione di tutti i cittadini può rendere l’Italia un paese migliore, abitato da persone consapevoli e capaci di vivere in armonia gli uni con gli altri senza conflitti e divisioni. Un’Italia che scommette sulla cultura, sulla scuola e sull’educazione».

Non ci credete? Guardate il video incluso in questo articolo e sentirete dissolversi la vostra incredulità.

Oltre al video sopra, se desiderate approfondire, trovate il video integrale qui.

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