28 Novembre 2025 | Tempo lettura: 8 minuti
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Housing Giulia: l’abitare temporaneo che accompagna la mobilità del lavoro e della vita. Ecco il video reportage

Housing Giulia di Torino propone un nuovo modo di abitare: flessibile, condiviso, inclusivo, meticcio e accessibile. Ma soprattutto fondato su una concezione moderna dell’housing.

Autore: Daniel Tarozzi
Riprese di: Andrea Boretti
Montaggio di: Daniel Tarozzi
Regia di: Daniel Tarozzi
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Il cortile di Housing Giulia si apre all’improvviso, dietro un portone a metà strada tra Porta Palazzo e il centro storico di Torino. Quarantotto appartamenti affacciati su uno spazio comune, porticati, due grandi saloni condivisi. È un luogo che sembra pensato per far incontrare le persone: «Housing Giulia è un luogo dove, in un quarto d’ora, entri in contatto con tutto il mondo», sintetizza Guido Geninatti, direttore di CoAbitare – impresa sociale che si occupa di progettare, realizzare e gestire progetti di housing sociale –, mentre ci mostra la struttura da lui gestita.

Ampie sale colorate, tavoli, un pianoforte, il cortile con gli alberi, appartamenti piccoli ma confortevoli. La conversazione si accende subito in compagnia dello stesso Giulio e di Lucio Massardo e Natalia Ardoino, dello studio MEWE, specializzato in abitare collaborativo. Mentre il mondo del lavoro chiede a studenti, giovani professionisti, famiglie in transizione e persone con diversi gradi di fragilità di spostarsi spesso, cambiare città, reinventarsi, accettare contratti a tempo, i luoghi dell’abitare sono rimasti in gran parte fermi al modello del dopoguerra: affitti rigidi, garanzie difficili, barriere d’accesso alte.

Siamo abituati a pensare a un unico modo di “abitare”, ma la realtà è molto più complessa e stimolante e Housing Giulia è un perfetto esempio di quanto appena affermato: un luogo dove si può vivere fino a 18 mesi, con appartamenti semplici, spazi comuni, accompagnamento sociale e un’idea di comunità che prova a trasformare la flessibilità in opportunità, incontro, relazione, scambio.

Un abitare diverso da quello familiare

L’abitare temporaneo ha logiche diverse da quelle di un nucleo familiare stabile. Ha tempi brevi, equilibri mobili, bisogni che cambiano in fretta. Richiede spazi agili, servizi accessibili, relazioni informali, la possibilità di costruire reti rapidamente. A Housing Giulia convivono studenti e city users, giovani lavoratori in trasferta, persone che arrivano dopo uno sfratto o una separazione, famiglie monogenitoriali in ripartenza, residenti nella fascia sociale sostenuta dalla città. Ci sono anche cinque appartamenti dedicati al turismo di breve permanenza. È una comunità fluida e “meticcia”, che riflette la frammentazione del lavoro e delle migrazioni interne contemporanee.

«Noi siamo molto affezionati all’idea di contesto ibrido, meticcio», racconta Guido. «In poco tempo qui entri in contatto con diversità di lavoro, provenienza, reddito, cultura. È faticoso da gestire, ma è anche la nostra ricchezza». Ogni persona ha il proprio appartamento – mono, bi o trilocale – con il suo angolo cottura, i suoi ritmi, la propria privacy. Ma l’isolamento tipico dei condomini qui è meno scontato. Basta aprire la porta per imbattersi in un vicino, in un operatore, in un bambino che corre nel cortile. I saloni comuni e il porticato funzionano come un prolungamento naturale della casa: ci si studia, si chiacchiera, si organizzano cene, si guardano le partite all’aperto.

Questa socialità non è lasciata al caso. «Le relazioni, perché siano collaborative e positive, vanno un po’ stimolate», spiega Guido. Gli operatori si definiscono “enzimi”: propongono attività, invitano le persone a partecipare, a mettere a disposizione competenze e passioni. Succede così che un residente della Scuola Holden organizzi serate di letture, che una mamma proponga un laboratorio per bambini, che qualcuno si offra per dare una mano ai nuovi arrivati con la lingua o con le pratiche burocratiche.

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Con il tempo si creano piccole reti di mutuo aiuto: genitori che si alternano per andare a prendere i figli a scuola, studenti che condividono spese e informazioni sulla città, lavoratori in trasferta che si scambiano consigli e contatti. L’appartamento resta uno spazio privato, ma «l’appartarsi viene un po’ “sporcato” dal fatto che puoi uscire e trovare altre persone», dice Guido. È questo che qui chiamano abitare collaborativo.

Vivere su due luoghi

Sempre più spesso l’abitare cittadino non sostituisce la casa d’origine, ma la affianca. Si vive su due piani: da una parte la famiglia, i legami, il paese o il quartiere di partenza; dall’altra una seconda residenza essenziale, condivisa, vicina a università, ospedali, luoghi di lavoro. Housing Giulia è pensato per questo tipo di vita “a due poli”. La permanenza massima è di 18 mesi: un tempo sufficiente per costruire competenze, ricostruire un reddito, riorientarsi, accumulare un po’ di risparmi e ripartire. «La nostra sfida – spiegano – è far vivere un percorso temporaneo che non sia precario. In questi mesi ti devi sentire davvero a casa, con tutto quello che comporta».

Si crea quindi una “situazione ponte” che permette alle persone di muoversi senza perdersi, di abitare temporaneamente senza vivere nell’incertezza continua. In alcuni casi, l’esperienza in struttura diventa perfino una sorta di curriculum abitativo: poter dire “ho sempre pagato l’affitto, ecco le mie referenze” può aprire la porta a un nuovo contratto di locazione. Per chi arriva da una situazione di vulnerabilità, l’ingresso in struttura segna spesso una svolta. Famiglie con bambini che hanno perso la casa dopo la perdita del lavoro o una separazione vengono inviate dai servizi sociali.

Housing Giulia

I primi giorni si fa uno screening dei bisogni: iscrizione all’asilo per i figli, aggiornamento del curriculum, orientamento ai servizi per il lavoro, attivazione di tirocini per rimettersi alla prova. In parallelo parte un percorso di accompagnamento abitativo: si verifica se ci siano i requisiti per la casa popolare, si costruiscono connessioni con altri enti, si prova a immaginare già il “dopo” Housing Giulia. L’obiettivo è chiaro: fare in modo che questi 18 mesi diventino un pezzo di strada verso un alloggio stabile. Dal 2023, per chi è sostenuto interamente dalla Città, è previsto anche un piano di accantonamento obbligatorio: un piccolo risparmio, mese dopo mese, per preparare con gradualità il passaggio alla vita autonoma.

Accanto a questa dimensione sociale, la struttura accoglie studenti, giovani lavoratori e lavoratrici, artisti e professionisti in transito. Tra loro c’è un gruppo di ballerine e ballerini che ha scelto di diventare socio della realtà che gestisce l’housing. «Nel momento in cui una comunità mette a disposizione alloggi a canoni calmierati – riflette Natalia Ardoino – è giusto che nasca anche un clima di restituzione».

«Tu hai messo a disposizione pensieri, professionalità, senso sociale a mio vantaggio; io metto a disposizione la mia risorsa, la mia attitudine, in forma gratuita, nell’ottica della reciprocità», conclude Natalia. Per questi ragazzi la restituzione si traduce in spettacoli gratuiti per gli abitanti e il quartiere. Non è solo un gesto simbolico: è un modo concreto per dire che non si è semplici “utenti”, ma parte attiva di una comunità.

Spazi essenziali e servizi condivisi

Gli appartamenti del Housing Giulia sono volutamente essenziali e offrono lo spazio che serve per vivere bene un periodo di transizione senza sentirsi parcheggiati. Il cuore della vita collettiva però sono gli spazi comuni e i servizi di supporto. Il programma culturale è diventato, negli anni, uno dei tratti distintivi del progetto.

Housing Giulia

Concerti, danza, teatro, cinema all’aperto, letture, seminari, laboratori: la cultura viene portata nei cortili e nelle sale come strumento di vicinanza. Alcune iniziative nascono da artisti e realtà del territorio, altre direttamente dagli abitanti, che chiedono uno spazio per condividere una passione o creare momenti per i bambini. Succede anche che una partita degli Europei proiettata all’aperto diventi occasione per far scendere in cortile vicini che non si erano mai parlati.

«Amiamo parlare di welfare culturale», racconta Claudio Errico, che cura la programmazione. Cultura accessibile e popolare che non si limita all’intrattenimento, ma diventa occasione di protagonismo: chi vive qui non è solo spettatore, può proporre, organizzare, mettersi in gioco. Accanto alla dimensione culturale c’è la portineria sociale: una presenza discreta ma fondamentale. La reception è presidiata per molte ore al giorno; in ogni struttura di CoAbitare c’è un portiere sociale residente, con una reperibilità organizzata in turni. Non è un “tuttofare h24”, ma una figura di riferimento per orientarsi, chiedere aiuto, sbloccare situazioni: «per chi arriva da lontano – racconta Guido – la possibilità di avere un orientamento umano, oltre che pratico, fa la differenza».

Per i genitori di studentesse e studenti che si trasferiscono a Torino, sapere che esiste una struttura con portineria sociale, reperibilità, orientamento, videosorveglianza esterna è un elemento di rassicurazione forte. «È una risposta molto concreta a quel misto di ansia e responsabilità che provi quando tuo figlio o tua figlia vanno a vivere lontano», sintetizza Natalia. Il risultato è un modello di abitare più leggero e umano, che sostiene la mobilità contemporanea e ricostruisce legami. L’esperienza di Housing Giulia mostra che l’abitare flessibile può dare continuità e dignità alle fasi di transizione. Un modello che potrebbe – e forse dovrebbe – trovare casa in molte altre città italiane.

Informazioni chiave

Un abitare che non si evolve

Mentre la società e il mondo del lavoro chiedono sempre più flessibilità, i luoghi dell’abitare sono rimasti in gran parte fermi al modello del dopoguerra: affitti rigidi, garanzie difficili, barriere d’accesso alte.

Solo per famiglie convenzionali

Gli spazi abitativi sono anche rimasti tarati sulla conformazione del nucleo familiare classico, che oggi però è stato affiancato da molte nuove forme, dal nucleo monogenitoriale al professionista singolo, fino ai gruppi di persone che condividono la casa.

La piccola rivoluzione di Housing Giulia

Questo progetto, lanciato a Torino dalla rete CoAbitare, propone soluzioni abitative transitorie a prezzi accessibili, con particolare attenzione alla cura delle relazioni di vicinato.

Abitare, ma non solo

In questa struttura ci sono gli appartamenti privati ma anche molti spazi comuni, animati da una collettività che ama incontrarsi, che sia per ascoltare un concerto, per organizzare momenti di gioco condiviso fra i bambini o per guardare una partita di calcio.