L’uso delle buste di plastica risale per la prima volta in 10 anni nel Regno Unito. È l'”effetto Ocado” degli acquisti online
Consegne lampo, più clienti, e il prezzo dell’ambiente torna a crescere: i sacchetti monouso tornano protagonisti, e Ocado è in prima fila.
Nel Regno Unito, il 2024 segna un brutto ritorno al passato: dopo un decennio di calo, le vendite di sacchetti di plastica monouso sono aumentate per la prima volta. A guidare questa inversione di tendenza c’è quello che ormai viene chiamato l’“effetto Ocado” – la spinta delle consegne online e della spesa ultra-rapida, spesso confezionata in buste usa-e-getta.
Secondo i dati del Department for Environment, Food and Rural Affairs (Defra), l’anno scorso in Inghilterra sono stati venduti 437 milioni di sacchetti, contro i 407 milioni dell’anno precedente: un aumento del 7%. Un numero che suona ancora più stonato se si pensa che nel 2015 il governo aveva introdotto la tassa sui sacchetti proprio per arginare l’abuso della plastica.
A brillare – si fa per dire – nella classifica dei peggiori ci pensa Ocado, il colosso delle consegne a domicilio: 221 milioni di sacchetti venduti nel 2024, con un balzo di 30 milioni rispetto al 2023. La società attribuisce l’aumento alla crescita del numero di clienti, ma l’impatto ambientale rimane.
Al secondo posto troviamo Co-op con 94 milioni di sacchetti, anche se l’azienda sottolinea che i suoi sono 100% compostabili. Morrisons (58 milioni) e Sainsbury’s (11 milioni) completano il podio.
Va detto che Ocado e Morrisons offrono il servizio di ritiro e rimborso dei sacchetti alla consegna – con un tasso di restituzione vicino all’89% – ma resta il problema della produzione e della circolazione massiva di plastica.
Questa inversione di rotta arriva in un contesto già preoccupante sul fronte della lotta alla plastica, sia a livello locale che globale. Secondo la Marine Conservation Society, la quantità di rifiuti plastici raccolti sulle spiagge britanniche è aumentata del 9,5% nel 2024. Quasi la metà dei rifiuti arriva da fonti domestiche, trascinati verso mari e fiumi da scarichi, vento o negligenza.
E a livello internazionale, le prospettive non sono migliori: il Trattato globale contro l’inquinamento da plastica, promosso dalle Nazioni Unite, ha fallito nel raggiungere un accordo vincolante. Negoziati bloccati, interessi divergenti e pressioni delle lobby dell’industria hanno lasciato l’ambizioso progetto in stand-by, mentre la produzione globale di plastica continua a crescere.
Nel frattempo, servizi come Just Eat e le app di consegna “on-demand” stanno cambiando il modo in cui gli inglesi fanno la spesa: meno visite ai supermercati, più ordini a casa – e quindi più packaging, più plastica, più problemi. Sainsbury’s, che ha registrato un piccolo aumento nei numeri (2,5 milioni di sacchetti in più), ha dichiarato che sta passando definitivamente ai sacchetti di carta, auspicando un calo futuro nelle vendite di monouso.
Dal canto suo, il governo insiste: la tassa funziona, e il trend decennale di riduzione lo dimostra. Tuttavia questa inversione di marcia è un segnale da non sottovalutare.
Al di là dei numeri e dei nomi delle grandi catene, la questione tocca anche le scelte individuali. Ordinare online è comodo, veloce e pratico. Ma è proprio questa praticità che rischia di diluire la percezione dell’impatto ambientale: non vediamo la pila di sacchetti, non trasciniamo carrelli carichi di plastica, non facciamo la fila al supermercato. Basta un click, e tutto sparisce. O almeno così sembra.
Il problema è che l’impatto non scompare, si sposta soltanto. E nella comodità del “me lo portano loro” si annida anche una forma sottile di deresponsabilizzazione. In un momento in cui le soluzioni globali arrancano, la leva del cambiamento torna – inevitabilmente – anche nelle mani di chi compra. Ogni busta è una scelta. E ogni scelta, anche invisibile, fa rumore da qualche parte.







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