Benessere animale, dietrofront a Bruxelles: il programma 2026 non prevede nuove leggi
La Commissione UE ha presentato il Programma di lavoro 2026 senza riforme legislative sul benessere animale. Le ONG parlano di promessa tradita e richiamano gli impegni presi dopo l’ICE “End the Cage Age”.
La Commissione europea ha pubblicato il Programma di lavoro per il 2026 e, come temevano molte organizzazioni, non include nuove proposte legislative organiche sul benessere animale. Nelle carte ufficiali circolate il 21 ottobre 2025 non compaiono i testi attesi per aggiornare le norme su allevamenti, trasporto e macellazione, rimandati da anni e più volte annunciati per il prossimo ciclo politico. Questa assenza viene letta da associazioni e attivisti come un dietrofront rispetto agli impegni presi nella scorsa legislatura.
A mobilitarsi è innanzitutto la rete che sostiene l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) “End the Cage Age”, che chiede di vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti. La campagna, sostenuta da oltre 1,4 milioni di firme certificate, aveva ottenuto dalla Commissione la promessa di una proposta entro questa legislatura; promessa che oggi appare evaporata. L’ong Compassion in World Farming e altre sigle accusano l’Esecutivo di “rimettere nel cassetto” il pacchetto, sollecitando l’inserimento delle misure nel calendario 2026.
Sul versante scientifico, gli atti preparatori non mancano. Su mandato della Commissione, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha prodotto pareri su galline ovaiole, conigli, suini, bovini e sul trasporto degli animali vivi, indicando le aree dove intervenire (spazio minimo, temperature, tempi di viaggio, uso di gabbie e gabbioni). Per le ONG il mancato approdo normativo di tali evidenze è “incomprensibile”. Per la Commissione, invece, quei materiali restano una base tecnica che potrà essere utilizzata “quando matureranno le condizioni politiche e operative”.
La contesa si sposta anche sul terreno giuridico. Dopo il mancato rispetto della tabella annunciata, i promotori di End the Cage Age hanno avviato un’azione davanti alla Corte di Giustizia per contestare l’inerzia della Commissione; a inizio 2025 alcuni gruppi sono stati ammessi a intervenire nel procedimento. L’esito del caso potrebbe incidere sulla futura agenda legislativa, rafforzando o indebolendo la posizione della società civile.
Vuoi approfondire?
Leggi la guida di Italia che Cambia sul Benessere animale.
L’ICE infatti è uno strumento ufficiale con cui almeno un milione di cittadini UE può chiedere alla Commissione di proporre una legge La Commissione deve esaminare la richiesta e motivare la sua decisione: non è obbligata a legiferare, ma se non mantiene gli impegni presi i promotori possono agire davanti al Tribunale dell’UE con un ricorso per carenza (quando la Commissione non agisce) o per annullamento (quando adotta una decisione negativa). In parallelo possono rivolgersi al Mediatore europeo o al Parlamento UE con una petizione: strumenti che non impongono leggi, ma servono a fare pressione politica e tenere viva la questione.
Dal punto di vista politico, il quadro è in chiaroscuro. Da una parte, organizzazioni come Eurogroup for Animals e la rete CIWF chiedono date certe e un cronoprogramma pubblico; dall’altra, in un Parlamento e in un Consiglio più sensibili alle istanze di competitività agricola, la priorità viene spostata su strumenti non legislativi (strategie, linee guida, piattaforme di confronto) e su dossier economici percepiti come più urgenti. La Commissione difende la scelta come realistica e graduale; le ONG replicano che senza norme cogenti il cambiamento resterà volontario e disomogeneo.
Le 22 associazioni italiane della coalizione “End the Cage Age” chiedono dunque a eurodeputati e governo di farsi parte attiva: riportare in agenda il superamento delle gabbie, definire criteri minimi vincolanti lungo la filiera, garantire sostegni per la transizione degli allevamenti, e allineare le importazioni agli standard UE. In parallelo, invitano i cittadini a continuare a vigilare: seguire l’iter del Programma 2026, partecipare alle consultazioni pubbliche, sostenere con gli acquisti produzioni “cage-free” e filiere trasparenti. In assenza di nuove leggi immediate, la pressione dell’opinione pubblica e la domanda di mercato restano gli strumenti più efficaci per tenere il tema al centro dell’agenda.
Resta un dato di fondo: la domanda sociale di più alti standard è ampia e documentata, e la base tecnico-scientifica è già disponibile. La scelta di non legiferare nel 2026 pone un problema di credibilità, ma non chiude la partita. La finestra politica può riaprirsi con un mandato chiaro del Parlamento e un confronto negoziale serio con gli Stati membri. Per arrivarci, serviranno obiettivi misurabili, scadenze verificabili e sostegni mirati alla riconversione degli allevamenti, evitando che il tema scivoli in uno scontro ideologico.







Commenta l'articolo
Per commentare gli articoli registrati a Italia che Cambia oppure accedi
RegistratiSei già registrato?
Accedi