Equal pay day: dal 15 novembre le donne lavorano gratis
Sabato scorso è stato l’equal pay day. Da quel giorno le donne hanno iniziato a “lavorare gratis” fino a fine anno per effetto del divario salariale di genere.
Secondo il Rendiconto di genere 2024 pubblicato dall’INPS, in Italia la differenza media di retribuzione fra i salari femminili e quelli maschili è del 20% a favore di questi ultimi. Questo vuol dire che per lo stesso ruolo un uomo viene pagato 1200 euro e una donna solo 1000 euro, con il genere come unica causa di questa differenza. Questo gap è particolarmente elevato anche rispetto alla media europea, che è del 12% circa.
Per porre l’attenzione su questa grave discriminazione si è iniziato a “celebrare” l’equal pay day, che quest’anno è caduto il 15 novembre. Da quel giorno infatti è come se le donne lavorassero gratis fino al 31 dicembre poiché il loro salario annuale è, come visto, inferiore a quello degli uomini. Se il gap dovesse aumentare, l’equal pay day verrà anticipato. Tale divario raggiunge picchi davvero allarmanti in settori come quello immobiliare e quello scientifico, dove i lavoratori percepiscono in media il 39,9% e il 35,1% in più delle lavoratrici.
Come sottolinea anche il Sole24Ore, il divario è elevatissimo soprattutto nel mondo accademico e nella retribuzione delle persone laureate. “Il rendimento del titolo di studio in termini di salario è dunque diverso per uomini e donne, soprattutto se si tratta di laureati”, fa notare il quotidiano. “Inoltre dai dati emerge che le retribuzioni annue crescono all’aumentare dell’età del lavoratore, in misura maggiore per i dipendenti uomini, che possiamo leggere come un segnale del fatto che le donne hanno avuto meno aumenti nel corso della loro carriera. Rispetto alla retribuzione degli under 29, quella degli over 50 tra gli uomini è superiore del 65,5%, differenza che si ferma al 38,6% tra le donne”.
Secondo il periodico The Wom, che si occupa di tematiche di genere, “le cause di questa disparità sono molteplici e interconnesse. La maggiore presenza femminile nei lavori part-time, spesso scelta obbligata per conciliare casa e figli, contribuisce ad ampliare la forbice. Anche la segregazione professionale incide: meno donne accedono a ruoli tecnico-scientifici o posizioni dirigenziali, notoriamente più remunerati. A questo si aggiungono ostacoli culturali e strutturali che rallentano la progressione di carriera e la partecipazione paritaria al mercato del lavoro”.
Anche la CIGL è intervenuta sul tema il giorno dell’equal pay day, individuando tre priorità per colmare il divario salariale di genere: sollecitare lo Stato a recepire rapidamente la Direttiva europea sulla trasparenza salariale, che contrasta il divario retributivo di genere; coinvolgere i padri nel lavoro di cura, ad esempio attraverso congedi di paternità paritari e obbligatori; dare forza al sindacato per contrattare misure che favoriscano la parità di genere e retributiva nelle aziende.
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