Le megattere tornano in massa sulla costa est dell’Australia
Sono passate da poche centinaia a 50.000 esemplari: una delle storie di conservazione più riuscite di sempre.
La popolazione di megattere dell’Australia orientale ha superato quota 50.000 esemplari, ben oltre i livelli pre-caccia: un recupero attribuito a decenni di protezioni e monitoraggi scientifici.
Negli anni Cinquanta le megattere dell’Australia orientale erano quasi scomparse. La causa principale fu la caccia industriale: flotte di baleniere a vapore e armi a razzo operarono senza controllo per decenni lungo la rotta che dalle acque antartiche porta ai tropici. In pochi anni, la popolazione — che un tempo contava oltre 20.000 individui — crollò a poco più di un centinaio.
A peggiorare la situazione arrivò anche la caccia illegale sovietica, condotta fra il 1959 e il 1961, che sterminò decine di migliaia di balene nel sud dell’oceano Pacifico. Quando l’Australia decise di fermare le proprie baleniere nel 1963, le megattere erano sull’orlo dell’estinzione locale.
Il punto di svolta arrivò proprio da lì in poi. Il divieto di caccia internazionale imposto dalla Commissione baleniera (IWC) nel 1965, seguito dalla chiusura definitiva della caccia commerciale in Australia nel 1978, diede respiro alle popolazioni residue. Negli anni successivi furono istituite aree marine protette lungo la cosiddetta humpback highway — la rotta migratoria tra l’Antartide e il Queensland — e avviati monitoraggi scientifici costanti.
Grazie a queste misure e a un contesto ecologico ancora favorevole, le megattere hanno registrato un tasso di crescita medio del 10–11% l’anno per diversi decenni. Nel 2006 se ne contavano circa 8.000, nel 2015 oltre 30.000, e oggi, secondo le stime più recenti, più di 50.000.
Oggi la megattera è considerata uno dei più grandi successi di conservazione marina al mondo: una specie passata dall’essere quasi estinta al tornare protagonista dell’oceano australe.
Il trend positivo convive anche con nuove criticità: recentemente un giovane esemplare è stato trovato morto impigliato in una rete anti-squalo al largo di Coledale (NSW), il 15° episodio di intrappolamento registrato lungo la costa est nel 2025 e il primo con esito fatale, riaccendendo le richieste di sostituire le reti con soluzioni non letali (droni, barriere “eco”, gestione dinamica).







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