Ocean Film Festival Italia, quando il cinema insegna ad amare il mare
Fino a metà novembre l’Ocean Film Festival Italia porta sul grande schermo, in giro per il Paese, storie e immagini dagli oceani per ispirare azioni concrete a tutela del mare.
Un’onda di storie, immagini ed emozioni sta attraversando l’Italia a ottobre con l’Ocean Film Festival Italia, una rassegna cinematografica che racconta il mare e la nostra relazione con esso. Non è soltanto cinema: è un invito a conoscere (e riconoscere) come l’oceano sia parte della nostra vita, anche quando viviamo lontano dalla costa, e come i nostri gesti quotidiani possano avere conseguenze molto concrete sul suo stato di salute.
Nata come versione italiana dell’Ocean Film Festival World Tour, ideato in Australia e oggi diffuso in oltre quattordici Paesi, la rassegna seleziona ogni anno i migliori film dedicati agli oceani e a chi li vive e li protegge. È curata da ITACA – The Outdoor Community, realtà che in Italia ha già portato format come Banff Mountain Film Festival e Reel Rock, con un’attenzione costante al legame tra ambiente e cultura outdoor.
Il festival ha una forte impronta educativa: l’idea alla base è di usare il linguaggio universale del cinema per ispirare, educare e unire. I corti e i documentari raccontano esploratori, biologi marini, surfisti, artisti e comunità costiere. Storie che oscillano tra meraviglia e allarme, mostrando la bellezza dell’oceano e la fragilità dei suoi equilibri.
Oltre alle proiezioni, il programma è ricco di incontri con esperti, atleti, ricercatori e divulgatori che mettono in fila dati e vissuti, aiutando a collegare il locale al globale: dall’inquinamento da plastiche alle microfibre, dalla perdita di biodiversità al riscaldamento delle acque, fino al tema della sicurezza alimentare.
A ricordarlo sono anche i protagonisti dei film: c’è chi scende negli abissi come la speleosub canadese Jill Heinerth in Diving Into the Darkness, chi segue le rotte delle balene come Warren Ngarrae Foster, anziano aborigeno, in Whale Dreaming. C’è chi denuncia l’inquinamento come l’artista e regista Max Romey in Footprints on Katmai, che svela l’impatto dei rifiuti marini sulle spiagge remote dell’Alaska e chi racconta la magia del muoversi sull’acqua come la kiter Michaela Pilkenton in Rugged Roots.
Il progetto è candidato al Premio Non Sprecare 2025 nella sezione “Associazioni”: un riconoscimento che mette in luce il valore di iniziative capaci di unire qualità culturale e impatto sociale.
L’Ocean Film Festival Italia ci ricorda che il mare non è solo sinonimo di vacanza, ma una bussola per orientare scelte individuali e pubbliche. L’invito è semplice: guardare il mare con occhi nuovi, capaci di legare la bellezza delle immagini e il piacere dell’avventura alla responsabilità. Il motto “ispirare e condividere” è il motto del festival, il suo lascito è una comunità che sa riconoscere la meraviglia, misurarne la fragilità e scegliere, ogni giorno, da che parte stare.







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