Il fondatore di Sea Shepherd Paul Watson potrà restare in Francia e viaggiare liberamente
Dopo il rifiuto della domanda di asilo politico, il fondatore del movimento a difesa dei mari, su cui il Giappone ha emesso un mandato d’arresto, ha ottenuto un visto per restare in Francia.
Il celebre difensore delle balene Paul Watson riceverà venerdì 28 novembre un visto “visiteur” che gli consentirà di restare legalmente in Francia e di viaggiare liberamente, secondo quanto anticipato da Libération e rilanciato da diversi canali di informazione francesi. Il provvedimento arriva poche settimane dopo il rifiuto della sua domanda di asilo politico e viene presentato come una decisione politica assunta ai massimi livelli dello Stato francese, con il coinvolgimento diretto del presidente Emmanuel Macron.
Watson, canadese-statunitense, è uno dei più noti attivisti per la difesa degli oceani: cofondatore di Greenpeace e, in seguito, fondatore della Sea Shepherd Conservation Society, è famoso per le azioni dirette contro la caccia alle balene e altre forme di pesca ritenute distruttive. Le sue campagne gli hanno guadagnato grande sostegno nell’opinione pubblica ma anche accuse di “eco-pirateria” e numerosi contenziosi giudiziari, in particolare con il governo giapponese. La vicenda che lo riguarda è diventata, negli anni, un caso emblematico di scontro tra attivismo ambientale radicale e reazione degli Stati che difendono interessi economici e industriali legati allo sfruttamento del mare.
Nel luglio 2024 Watson era stato arrestato in Groenlandia, su richiesta del Giappone, mentre la sua nave faceva scalo a Nuuk. Dopo cinque mesi di detenzione, a dicembre 2024 il governo danese ha rifiutato la richiesta di estradizione verso il Giappone, ritenendo sproporzionata la procedura rispetto a fatti risalenti al 2010, e ha disposto la sua liberazione; Watson è così potuto tornare in Francia, dove vive con la famiglia.
Nonostante la fine della detenzione, il capitano continuava a essere formalmente ricercato tramite una “red notice” dell’Interpol emessa su richiesta di Tokyo. Si tratta di una segnalazione di ricerca internazionale con cui un Paese chiede a tutti gli altri Stati di arrestare provvisoriamente una persona in vista di una possibile estradizione, tramite il sistema Interpol.
Nel luglio 2025 però l’organizzazione di polizia internazionale ha cancellato l’avviso, giudicandolo “sproporzionato” alla luce degli sviluppi del caso, compreso il rifiuto danese di estradizione. L’eliminazione della red notice ha ridotto il rischio di arresto durante i viaggi, pur lasciando formalmente in piedi il mandato giapponese. In questo contesto, il nodo successivo è diventato il suo status giuridico in Francia.
A febbraio 2025 Watson ha richiesto l’asilo politico, sostenendo di non potersi sentire al sicuro né negli Stati Uniti né in Canada per il rischio di estradizione verso il Giappone. L’Ofpra, l’agenzia francese che si occupa delle domande di asilo, ha però respinto la richiesta a settembre, ritenendo “non fondati” i timori dell’attivista e ricordando che Stati Uniti e Canada sono “democrazie rette dallo Stato di diritto”. La decisione lo ha lasciato in una sorta di limbo: figura pubblica molto sostenuta da una parte del movimento ambientalista, ma priva di uno status protetto sul piano del diritto internazionale dei rifugiati.
Il visto “visiteur” che gli sarà ora concesso è uno strumento previsto dalla normativa francese per persone straniere che intendono soggiornare in Francia per più di tre mesi senza svolgere attività lavorativa. Si tratta di un titolo di lungo soggiorno, normalmente valido un anno e rinnovabile, che richiede la prova di risorse economiche sufficienti e l’impegno formale a non lavorare sul territorio francese. Non è dunque uno status di rifugiato né una cittadinanza, ma un permesso che consente di vivere e spostarsi legalmente, con la possibilità – nel tempo – di chiedere altre forme di titolo di soggiorno o di residenza.
Negli ultimi mesi la Francia ha più volte manifestato un sostegno politico e simbolico a Watson. La città di Parigi gli ha conferito la cittadinanza onoraria, definendo la capitale una “città rifugio per i difensori dell’ambiente” e inviando un segnale alla comunità internazionale sulla necessità di proteggere chi denuncia crimini ambientali.







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