Denunciato un sito di deepfake in cui l’intelligenza artificiale “spoglia” le donne
SocialMediaGirls è un sito per adulti in cui decine di donne famose sono state vittime di deepfake, ovvero immagini di nudo generate con l’intelligenza artificiale.
AI undress any girl ovvero “l’intelligenza artificiale spoglia qualsiasi ragazza“. È questo ciò che promette sulla sua home page il sito SocialMediaGirls, che ha recentemente pubblicato decine di deepfake che ritraggono donne famose – dalla giornalista Francesca Barra, che ha denunciato il fatto, alla showgirl Diletta Leotta – senza veli. Ma non per davvero: il deepfake è infatti una tecnica usata dall’intelligenza artificiale che sovrappone immagini pre-esistenti per crearne di nuove, in questo caso con i volti delle donne in questione e i corpi nudi di altre donne.
«Ho provato imbarazzo e paura pensando ai miei figli», ha dichiarato Francesca Barra all’Espresso, di cui è collaboratrice, denunciando pubblicamente il fatto. «Ho pensato alle figlie e ai figli di tutti, alle ragazze che subiscono la stessa violenza digitale e che forse non hanno i miei stessi strumenti per difendersi o la mia forza per reagire. È una violenza e un abuso che marchia la dignità, la reputazione, la fiducia».
Questa nuova frontiera della violazione del consenso supera il livello raggiunto dai siti Phica.net e Miamoglie, scoperti dai mass media pochi mesi fa, sui quali venivano pubblicate senza consenso foto di donne nude. Secondo il magazine indipendente femminista The Period “nelle mani di una società patriarcale la tecnologia non è neutra, è uno strumento di oppressione. Non si può e non si deve pretendere che il lavoro – di denuncia, sensibilizzazione, proposta di regolamenteazione – lo facciano le vittime”.
Ma cosa dice la legge? In Italia da poche settimane il deefake è reato. A settembre scorso è stata approvata la legge quadro sull’intelligenza artificiale e in particolare è stato introdotto un articolo nel codice penale – il 612-quater – che introduce il reato di “illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale”, punendo con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque “cagioni un danno ingiusto a una persona cedendo, pubblicando o diffondendo senza il suo consenso immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a trarre in inganno sulla loro genuinità”.
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