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10:26 18 Dicembre 2025 | Tempo lettura: 3 minuti

Nuovi treni in Sicilia, ma i binari non li reggono

Una nuova fornitura di treni Hitachi destinati alle ferrovie siciliane è inutilizzabile a causa di binari troppo usurati e incapaci di reggere il peso delle vetture. L’ennesima contraddizione delle infrastrutture di trasporto pubblico in Italia.

Autore: Redazione
treni hitachi blues
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Gli HTR 412, detti “Blues”, sono fra gli ultimi modelli di treno sviluppati da Hitachi in risposta a un bando delle Ferrovie italiane. Sono ibridi e realizzati al 95% con materiale riciclato e possono trasportare fino a 300 passeggeri. Ma c’è un problema che va avanti da diversi mesi e che non si è risolto neanche in questi ultimi giorni, quando alcuni servizi sarebbero dovuti essere riattivati.

I Blues infatti sono troppo pesanti e hanno un passo troppo lungo fra un carrello e l’altro e questo li rende incompatibili con una rete ferroviaria obsoleta, soprattutto quella di alcune tratte meno servite. È il caso della Siracusa-Ragusa-Gela – la cui riapertura prevista per settembre, poi rinviata a ottobre, poi a dicembre, è slittata ulteriormente –, ma anche della Caltagirone-Catania e di alcuni tratti nella provincia di Trapani. Attualmente molti treni sono stati fermati e sono parcheggiati nei depositi e il servizio viene offerto con delle navette su gomma, decisamente meno efficienti.

Rimane anche il tema economico: sono circa 300 i milioni spesi per l’acquisto dei nuovi mezzi Hitachi. Parallelamente fra l’altro sono state dismesse le vecchie motrici e quindi non c’è alcuna vettura che possa sostituire i Blues, incompatibili con i binari siciliani. Fra l’altro va sottolineato che l’85% della rete ferroviaria siciliana è a binario unico – cioè consente il passaggio di un solo treno alla volta, con notevoli complessità in termini di gestione delle corse – e il 43% non è elettrificato e può quindi essere utilizzato solo da mezzi con motori endotermici.

Pur toccando picchi di inefficienza notevoli, il caso siciliano è in linea con una politica nazionale fortemente penalizzante nei confronti del trasporto pubblico su rotaia. Il fondo nazionale per i trasporti è stato ridotto del 36% al netto dell’inflazione nel giro di 15 anni – dal 2009 al 2024. In più, per tornare al contesto isolano, come fa notare il rapporto Pendolaria di Legambiente, “l’aspetto drammatico è che oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali fino al 2038 sono dedicati al Ponte sullo Stretto di Messina e questo distoglie l’attenzione dai veri problemi di chi viaggia in treno ogni giorno”.

“Investire nel ferro nelle città è una scelta necessaria sul piano ambientale, economico e sociale», sottolinea Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “Metropolitane, tranvie e ferrovie urbane migliorano la qualità della vita, riducono traffico, inquinamento e costi sanitari e garantiscono un accesso più equo alla mobilità. Continuare a rinviare o definanziare questi interventi, come sta avvenendo con le scelte più recenti sulla legge di bilancio, significa scaricare i costi della mobilità sulle persone, non solo quelli economici ma anche ambientali e sanitari. È una questione di scelte, non di risorse disponibili, visto che si continua, intanto, a investire sul Ponte sullo Stretto di Messina”.

Vuoi approfondire?

Guarda la nostra intervista al professor Domenico Gattuso sugli esempi virtuosi di trasporto pubblico in Calabria.

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