Nuovi treni in Sicilia, ma i binari non li reggono
Una nuova fornitura di treni Hitachi destinati alle ferrovie siciliane è inutilizzabile a causa di binari troppo usurati e incapaci di reggere il peso delle vetture. L’ennesima contraddizione delle infrastrutture di trasporto pubblico in Italia.
Gli HTR 412, detti “Blues”, sono fra gli ultimi modelli di treno sviluppati da Hitachi in risposta a un bando delle Ferrovie italiane. Sono ibridi e realizzati al 95% con materiale riciclato e possono trasportare fino a 300 passeggeri. Ma c’è un problema che va avanti da diversi mesi e che non si è risolto neanche in questi ultimi giorni, quando alcuni servizi sarebbero dovuti essere riattivati.
I Blues infatti sono troppo pesanti e hanno un passo troppo lungo fra un carrello e l’altro e questo li rende incompatibili con una rete ferroviaria obsoleta, soprattutto quella di alcune tratte meno servite. È il caso della Siracusa-Ragusa-Gela – la cui riapertura prevista per settembre, poi rinviata a ottobre, poi a dicembre, è slittata ulteriormente –, ma anche della Caltagirone-Catania e di alcuni tratti nella provincia di Trapani. Attualmente molti treni sono stati fermati e sono parcheggiati nei depositi e il servizio viene offerto con delle navette su gomma, decisamente meno efficienti.
Rimane anche il tema economico: sono circa 300 i milioni spesi per l’acquisto dei nuovi mezzi Hitachi. Parallelamente fra l’altro sono state dismesse le vecchie motrici e quindi non c’è alcuna vettura che possa sostituire i Blues, incompatibili con i binari siciliani. Fra l’altro va sottolineato che l’85% della rete ferroviaria siciliana è a binario unico – cioè consente il passaggio di un solo treno alla volta, con notevoli complessità in termini di gestione delle corse – e il 43% non è elettrificato e può quindi essere utilizzato solo da mezzi con motori endotermici.
Pur toccando picchi di inefficienza notevoli, il caso siciliano è in linea con una politica nazionale fortemente penalizzante nei confronti del trasporto pubblico su rotaia. Il fondo nazionale per i trasporti è stato ridotto del 36% al netto dell’inflazione nel giro di 15 anni – dal 2009 al 2024. In più, per tornare al contesto isolano, come fa notare il rapporto Pendolaria di Legambiente, “l’aspetto drammatico è che oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali fino al 2038 sono dedicati al Ponte sullo Stretto di Messina e questo distoglie l’attenzione dai veri problemi di chi viaggia in treno ogni giorno”.
“Investire nel ferro nelle città è una scelta necessaria sul piano ambientale, economico e sociale», sottolinea Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “Metropolitane, tranvie e ferrovie urbane migliorano la qualità della vita, riducono traffico, inquinamento e costi sanitari e garantiscono un accesso più equo alla mobilità. Continuare a rinviare o definanziare questi interventi, come sta avvenendo con le scelte più recenti sulla legge di bilancio, significa scaricare i costi della mobilità sulle persone, non solo quelli economici ma anche ambientali e sanitari. È una questione di scelte, non di risorse disponibili, visto che si continua, intanto, a investire sul Ponte sullo Stretto di Messina”.
Vuoi approfondire?
Guarda la nostra intervista al professor Domenico Gattuso sugli esempi virtuosi di trasporto pubblico in Calabria.







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