L’Unesco ha aggiunto 26 nuove Riserve della Biosfera: è la più grande espansione di sempre
Nel 2025 l’Unesco amplia la rete mondiale del programma MAB con 26 nuove Riserve della Biosfera in 21 Paesi, la crescita più massiccia degli ultimi vent’anni.
Nel 2025 l’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, ha compiuto un salto di scala: sono state designate 26 nuove Riserve della Biosfera in 21 Paesi, un’espansione record. La rete mondiale del programma Man and the Biosphere (Mab) raggiunge ora 785 siti, distribuiti in 142 nazioni. È il più grande balzo in avanti registrato in un singolo anno.
Questo incremento si traduce in quasi un milione di chilometri quadrati di territorio tutelato (una superficie pari allo stato della Bolivia). Tra le novità più simboliche figura il piccolo Stato di São Tomé e Príncipe, il primo al mondo ad avere l’intero territorio dichiarato Riserva della Biosfera.
Tra le nuove designazioni si segnalano Paesi come Islanda, Oman, Tagikistan, Gibuti, Guinea Equatoriale, Angola — alcuni dei quali per la prima volta entrano nella rete Mab con territori riconosciuti. In Islanda, ad esempio, è stata riconosciuta la riserva di Snæfellsnes, che coniuga paesaggi vulcanici, zone costiere, ghiacciai, campi lavici e comunità umane locali.
In Cina sono state riconosciute due nuove riserve: Daqingshan, nella Mongolia interna, e Zhouzhi, nella provincia dello Shaanxi. La prima ospita circa 1.200 specie di piante superiori e numerosi vertebrati; la seconda, il 96 % del suo territorio è coperto da foreste e ospita alcune specie chiave della fauna della regione.
Le Riserve della Biosfera sono pensate come “laboratori viventi”: non solo aree protette, ma spazi in cui sperimentare pratiche concilianti fra conservazione, uso sostenibile del territorio e ricerca / educazione ambientale. L’obiettivo è integrare gli esseri umani con gli ecosistemi piuttosto che isolarli.
Tuttavia, dietro il prestigio delle nuove designazioni si nascondono questioni complesse e controverse. Una criticità centrale concerne il rapporto fra conservazione e diritti delle popolazioni locali o indigene. Secondo report e campagne di Survival International, il modello di “conservazione fortezza” — quello che separa natura e presenze umane — ha spesso condotto a sfratti forzati, discriminazioni culturali e violazioni dei diritti territoriali.
L’espansione giunge in un momento cruciale. Il mondo si trova a un bivio ambientale: raggiungere l’obiettivo globale Kunming‑Montreal (conservare il 30 % di terra e mare entro il 2030) richiede strategie ambiziose.
Le Riserve della Biosfera sono concepite come “laboratori viventi”: non solo aree sottoposte a tutela, ma spazi nei quali sperimentare modelli di co‑esistenza tra società umane ed ecosistemi naturali.
In queste riserve si intrecciano tre funzioni: conservazione della biodiversità, uso sostenibile delle risorse e attività logistica (ricerca, educazione, sperimentazione). Il loro successo dipende fortemente dal coinvolgimento delle comunità locali e dei popoli indigeni.
Ma non mancano le sfide: qual è il livello di “controllo” istituzionale per garantire che gli usi delle risorse non compromettano la biodiversità? In quali economie locali sarà possibile conciliare sviluppo e tutela ambientale? Come garantire che non diventino “parchi etichettati” senza reali benefici per chi abita quei territori?
A livello internazionale, l’ingresso in vigore, nel gennaio 2026, del Trattato BBNJ (per la biodiversità negli oceani) potrà favorire la progettazione di riserve marine in alto mare, collegate alle Riserve della Biosfera e ai Geoparchi globali già esistenti.







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