India e Pakistan: come siamo arrivati al conflitto attuale?
Dalla partizione britannica alla disputa sul Kashmir, ripercorriamo le tappe che hanno portato la regione fra India e Pakistan a essere una delle più instabili e militarizzate al mondo.

Da decenni India e Pakistan sono ai ferri corti, protagoniste di un conflitto a bassa intensità che periodicamente si infiamma. Per andare alla radice di queste ostilità – fra le diverse ragioni una delle principali è il controllo della regione himalayana del Kashmir – è necessario sapere cos’è successo dal dopoguerra a oggi. Partiamo dall’8 luglio del 1947, quando Lord Cyril Radcliffe, gentiluomo del Dengbingshire, nel Regno Unito, mette piede in India per la prima volta in vita sua, con l’arduo compito di produrre una partizione dell’immenso Impero Britannico del subcontinente indiano – “il gioiello più brillante della corona”, come veniva chiamato – in vista del suo smantellamento.
Avvocato ed ex militare, Radcliffe viene identificato dal Governo di Sua Maestà come il tecnico adatto a effettuare la sopracitata divisione – immaginata su base essenzialmente religiosa – e a tracciare un confine che separi i due futuri stati in base alla cosiddetta Radcliffe line, che divide tuttora India e Pakistan. I due principali territori del Governatorato erano sostanzialmente il Punjab e il Bengala e l’intenzione della Corona era quella di creare uno Stato per i musulmani e uno per gli induisti, con la licenza per ognuno della moltitudine dei principati esistenti di aderire all’una o all’altra formazione.
Nascono Pakistan e Bangladesh
Da questi ragionamenti deriva la nascita, fra il 14 e il 15 agosto del 1947, dei due Stati come li conosciamo oggi: il Pakistan, caratterizzato da una larghissima preponderanza di musulmani, e l’India, a prevalente maggioranza induista. La consistenza del Pakistan si modificherà in maniera sostanziale nel 1972, quando nel corso della Terza guerra indo-pakistana il Pakistan orientale verrà scorporato dal suo corrispettivo occidentale, diventando indipendente con il nome di Bangladesh.

La soluzione attuata dagli inglesi ha però un drammatico strascico di violenza, in quanto nel corso della ricollocazione della popolazione nel rispettivo stato di riferimento religioso avviene una inconcepibile quantità di feroci scontri, genericamente classificati come “guerre indo-pakistane”, nel corso delle quali innominabili atrocità vengono commesse da entrambe le parti.
Il Kashmir
Il principale oggetto di disputa fra i due Paesi e simbolo della loro rivalità è il Kashmir, un vasto e popoloso territorio montano contenuto fra la catena dell’Himalaya e l’avancatena del Pir Panjal. La posizione del Kashmir è controversa fin da subito: il territorio è a preponderante maggioranza islamica, ma governato da un marajà indù il quale, sopiti momentaneamente i propositi indipendentisti, sceglie di afferire all’India.
Le tensioni e le violenze tuttavia ricorrono e si rende necessario il pronunciamento delle Nazioni Unite, che nel 1949 suddividono la regione in un territorio di appartenenza pakistana – Azad Kashmir e Gilgit-Baltistan – e uno di appartenenza indiana – Jammu Kashmir – e incoraggiano l’organizzazione di elezioni popolari per l’autodeterminazione della regione. A quel punto l’India decide di formalizzare la peculiarità del Kashmir – o sopire astutamente il suo irredentismo… – e nello stesso anno introduce nella propria Costituzione il celebre articolo 370, in base al quale lo Jammu Kashmir viene dotato di un proprio parlamento, autorizzato a legiferare su tutto con l’eccezione di difesa, politica estera e comunicazioni, prerogative avocate al Governo centrale.

Il Kashmir è una regione storica contesa fra India e Pakistan e divisa in due aree, ciascuna controllata da uno dei due Stati confinanti, più una terza zona sotto il controllo cinese. La popolazione complessiva della regione è di circa 18 milioni di abitanti – anche se si stima che almeno il 20% dei kashmiri sia emigrato – mentre la sua superficie è di poco più della metà di quella italiana.
India e Pakistan: una questione geopolitica
I rapporti fra Pakistan e India rimangono permanentemente instabili – saranno quattro, fra il 1947 e il 1999, le guerre fra i due confinanti – e l’ingerenza della Cina crea ulteriore tensione: il gigante asiatico riesce infatti a sottrarre, nel corso della guerra sino-indiana del 1962, un frammento di territorio kashmiro alla stessa India – l’Aksai Chin è tuttora a sovranità cinese, benché vista la scarsa ricchezza naturale del luogo gli indiani non eccepiscano più di tanto sul fatto.
Da quel momento il Kashmir custodisce al suo interno una peculiare e potenzialmente devastante triangolazione, ovvero ospitare il potere sovrano di tre potenze nucleari in complessi rapporti fra loro, ovvero Cina, India e Pakistan. Fa parzialmente eccezione la stretta e interessata amicizia che lega Cina e Pakistan, partner strategici, logistici e commerciali con grande ambizione.
Rientrando sulle questioni kashmire, un determinante punto di svolta si verifica nel 1987, in occasione delle tanto attese elezioni, quando una evidente manipolazione delle operazioni di voto a proprio favore da parte del Governo di Nuova Delhi rende evidente che il diritto all’autodeterminazione del popolo kashmiro non fa parte dell’agenda indiana. Così la lotta irredentista si estremizza, il radicalismo islamico trova terreno fertile nell’animo frustrato e disilluso della popolazione e la situazione precipita.
L’escalation degli ultimi anni
Dopo anni di tensioni, ecco un ulteriore peggioramento: nel 2019 l’India decide di revocare l’articolo 370 e richiama su di sé ogni prerogativa di governo sul territorio, il quale viene inoltre diviso dal punto di vista amministrativo in Jammu Kashmir e Ladakh. Nuova Delhi comincia ad ammassare truppe in tutto il Kashmir indiano, arrivando a collocare sul suo territorio quasi 600.000 soldati – più di un terzo del personale militare attivo.

Il Kashmir indiano diventa il territorio più militarizzato del mondo. Gli attentati terroristici dei gruppi irredentisti e fortemente islamizzati si susseguono e le truppe di stanza indiane reagiscono con una violenta repressione. Ad alimentare la gravità di una situazione già totalmente estrema contribuisce anche un fattore di natura strategica: il fiume Indo e i suoi affluenti costituiscono una determinante fonte di approvvigionamento idrico per il Pakistan, territorio altrimenti piuttosto arido; ma il corso pakistano dell’Indo è separato dalle sue fonti tibetane da un decisivo passaggio proprio per lo Jammu Kashmir e il Ladakh, dunque territori indiani.
E proprio le prerogative di controllo dell’India sul corso del fiume allarmano e innervosiscono il Governo pakistano, preoccupato di vedersi sottratta parte di questa importantissima risorsa dal rivale regionale. Eccoci dunque giunti a oggi: i recenti attentati hanno ricondotto lo sguardo del mondo sul conflitto del Kashmir, una sorta di guerra costante per troppe volte e per troppo tempo ignorata dai players internazionali e pagata a caro prezzo da una popolazione esausta e tuttavia orgogliosa, che coltiva il sogno di vivere in un Paese libero e indipendente, ma viene quotidianamente a patti con la necessità di sopravvivere alla stritolante morsa della rivalità senza tempo fra India e Pakistan.
Informazioni chiave
La partizione dell’Impero Britannico
Nel 1947 l’avvocato inglese Cyril Radcliffe viene incaricato di creare due Stati, uno induista e uno musulmano. Nascono così India e Pakistan.
Una soluzione inefficace
La partizione non risolve i conflitti fra induisti e musulmani, che da allora perpetrano violenze gli uni ai danni degli altri: sono state ben quattro le guerre indo-pakistane.
Il nodo del Kashmir
Uno dei principali oggetti di disputa è il Kashmir, stato molto popoloso e di grande importanza strategica collocato fra India e Pakistan.
La militarizzazione
Il Kashmir e tutto il confine indo-pakistano sono la zona al mondo con la più elevata presenza di soldati e la tensione spesso sfocia in attentati e conseguenti ritorsioni.
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