17 Luglio 2025 | Tempo lettura: 6 minuti
Ispirazioni / World in progress

L’educazione alimentare secondo Pietro Paganini: scegliere bene il cibo che mangiamo ci cambia la vita

Con l’analista e divulgatore esperto in politiche alimentari Pietro Paganini parliamo di quanto sia importante fare la spesa in modo consapevole, non guardando solo al prezzo ma al valore del prodotto, nonché al suo impatto sulla nostra salute e sull’ambiente.

Autore: Fabrizio Corgnati
pietro paganini

Per scrivere di intelligenza artificiale, solo per citare un argomento tra i tanti, si consumano ogni giorno fiumi d’inchiostro. Ma quand’è invece l’ultima volta che avete letto sulla prima pagina di un giornale o sulla home page di un sito d’informazione un articolo che tratta di cibo – non per promuovere l’ultimo programma televisivo di uno chef superstar, beninteso, ma per diffondere l’educazione alimentare, quella vera?

Eppure è del bene primario di tutti i beni primari che stiamo parlando. Come ebbe a dire un ministro indiano qualche anno fa, «tutti fanno a gara per produrre i nuovi software; già, ma il pane chi lo fa?». Negli ultimi decenni, complice per fortuna il benessere economico, ci siamo abituati a dare per scontato che ci sia cibo in abbondanza a disposizione per tutti e a basso costo. Oggi finalmente si sta iniziando a diffondere anche una maggiore consapevolezza del fatto che mangiare bene ha un’importanza prioritaria, che incide sulla nostra salute, sulla sostenibilità ambientale, su quella del lavoro.

Su questo tema ho voluto stuzzicare Pietro Paganini, analista e divulgatore, un tempo impegnato nel ricco business farmaceutico, ma che da qualche anno ormai si è dedicato anima e corpo alla delicata questione delle politiche alimentari. Nel 2023 ha dato alle stampe un interessante libro che si chiama iFood: un titolo che, per associazione d’idee, mi ha subito richiamato alla mente un dato che lessi nell’agosto scorso e che non ho più dimenticato. La fonte è l’ufficio studi di Confcommercio: negli ultimi 30 anni la spesa delle famiglie italiane per acquisti di cibo e bevande si è ridotta del 10,6%; parallelamente, nello stesso periodo, la spesa per i telefoni è aumentata del 6500%.

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La presenza del cibo sui social diventa spesso un modo per promuovere locali o marchi. Credits: SeventyFour via Motion Array

Il ragionamento che propongo a Pietro Paganini dunque è semplice: ha ragione chi dice che non abbiamo abbastanza soldi per mangiare bene o è piuttosto un discorso di priorità di spesa? «Spesso si ritiene che, siccome il cibo è un bene di prima necessità, debba costare poco. Non siamo disposti a spenderci tanto, al contrario di altre merci, perché gli attribuiamo meno valore di quanto ne ha realmente», mi spiega durante la nostra chiacchierata per la rubrica World in progress.

«Questo è il grande paradosso culturale, per un paese che pretende di promuoversi all’estero grazie al pregio dei prodotti alimentari made in Italy», prosegue Pietro Paganini. «Mangiare non significa solo soddisfare il bisogno di riempire lo stomaco per sopravvivere: è soprattutto un investimento in qualità della vita. Se io metto cattiva benzina nel mio corpo, questa condizionerà tutta la mia salute».

Indubbiamente nell’abbassamento del valore del cibo percepito dal consumatore una grossa responsabilità ce l’hanno le industrie e il mondo della grande distribuzione, che ci hanno convinti che un pacco di pasta o una bottiglia di passata di pomodoro non debbano costare più di 50 centesimi. «L’approccio industriale è fornirci il maggior numero di calorie al minor prezzo possibile, un enorme vantaggio per chi altrimenti non potrebbe permettersele», ammette Pietro Paganini. «Però le multinazionali seguono anche un modello di scalabilità: come se fosse un iPhone o una Nike, propongono lo stesso cibo a un italiano, uno statunitense o un giapponese».

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C’è però un punto molto importante che spesso dimentichiamo: il cibo che ingurgitiamo non è paragonabile a un paio di scarpe. Queste me le metto addosso, quello lo metto dentro di me: diventa la materia di cui sono costituito e, se mi si permette una divagazione poetica, diventa un po’ anche il mio spirito.

«Se vuoi vivere più a lungo, a maggior ragione nella società moderna, devi mangiar bene e ciò ha dei costi inevitabili, necessari. L’olio extravergine d’oliva, ad esempio, non può valere tre euro al litro, perché questo prezzo non copre nemmeno i costi di produzione. Come mai, allora, ci sono persone che non sono disposte a spendere 18 euro per una bottiglia di olio, che dura un mese, ma li spendono volentieri per l’abbonamento a Dazn o Sky?».

Ed ecco che torniamo al punto di partenza: al contrario di quanto si tende a pensare semplicisticamente, prima che una questione di portafogli è una questione di cultura o piuttosto della sua mancanza. «Non ho mai sentito nessuno che sia morto perché non ha studiato Dante o la fotosintesi clorofilliana; ma esiste eccome chi muore ogni giorno perché mangia male», è la provocazione di Pietro Paganini.

«Lo si dovrebbe insegnare a scuola: quanto costa produrre gli alimenti, che impatto hanno sull’ambiente, come funziona il nostro corpo e cosa dobbiamo mangiare per mantenere l’equilibrio nutrizionale. Invece da noi non esiste un’educazione alimentare. Tramandiamo l’aspetto della convivialità, dello stare insieme, dell’abbondanza, ma stiamo perdendo la dieta mediterranea, intesa come stile di vita bilanciato. Se nessuno ce lo insegna, non possiamo scegliere in modo consapevole».

Mangiare non significa solo soddisfare il bisogno di riempire lo stomaco per sopravvivere: è soprattutto un investimento in qualità della vita

In mancanza di un’informazione degna di questo nome, restano le pillole premasticate e predigerite che ci imboccano Instagram o Tik Tok, che nella maggior parte dei casi hanno l’unico obiettivo di venderci l’ultima novità di chissà quale grande marchio: «Oggi il massimo che riceviamo sono i messaggi che ci vengono serviti dai media o dai social, dominati dal marketing e dal narcisismo, confusi e senza alcuna rielaborazione critica. Così non resta che andare avanti per mode: il digiuno intermittente, la chetogenica, lo stop al consumo di carne, l’inseguimento della magrezza a tutti i costi».

La buona notizia è che, seppur nel quadro di un panorama informativo inquinato da comunicazioni discutibili, il mondo contemporaneo ci offre anche l’opportunità di saperne molto di più di quanto avremmo potuto fare in passato. Basta prendere coscienza del fatto che il cibo che mangiamo è una priorità fondamentale, dunque merita qualche euro speso in più o qualche minuto di attenzione supplementare, magari per selezionare le fonti giuste da cui approvvigionarsi o per leggere l’etichetta fino in fondo.

«La curiosità è innata in tutti noi, ma chi ce l’ha sopita la deve risvegliare», conclude Pietro Paganini. Potenzialmente è un compito alla portata di tutti. Curarsi di cosa mettiamo nel carrello ha un impatto più profondo di quanto pensiamo, sulle vite nostre e su quelle degli altri. È un atto di politica praticata e concreta, una scelta che siamo chiamati a compiere ogni giorno, in verità molto più importante di quella che ci tocca una volta ogni quattro anni, quando mettiamo una crocetta su una scheda che finirà in un’urna.

Informazioni chiave

Dispercezione

Mediamente la gente non considera il cibo un bene su cui vale la pena investire, al contrario ad esempio dei telefoni.

Le responsabilità

Secondo l’analista Pietro Paganini, una grossa fetta di responsabilità va attribuita alle politiche commerciali della grande distribuzione.

Costi nascosti

Consumare cibo economico e di scarsa qualità però spesso non comporta un risparmio reale perché ci sono molti costi nascosti, ad esempio quelli sanitari.

La scelta è nostra

Grazie anche alle sempre maggiori possibilità disponibili oggi, è possibile alimentarsi in maniera consapevole prestando attenzione al cibo che mangiamo e magari dedicandogli qualche euro in più.