6 Agosto 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

L’ecomuseo di Scampia: ecco come si trasforma la periferia che ha vinto degrado e criminalità

Vi portiamo a passeggio per Scampia lungo gli itinerari dell’ecomuseo MOSS che racconta il cambiamento in atto nel quartiere attraverso le voci dei suoi protagonisti.

Autore: Fulvio Mesolella
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In breve

Il Museo Organico Sostenibile di Scampia è un ecomuseo diffuso che racconta i luoghi simbolo del quartiere.

  • Il MOSS è uno dei quattro ecomusei campani finanziati dalla legge regionale dedicata.
  • Si tratta di un ecomuseo diffuso che consente di scoprire il patrimonio materiale e immateriale di Scampia.
  • I percorsi proposti portano il visitatore a scoprire i luoghi, i progetti e le persone che stanno trasformando il quartiere da luogo simbolo di degrado e criminalità a fucina di innovative pratiche sociali.
  • Questi percorsi possono essere compiuti in autonomia oppure con gli operatori dell’ecomuseo.

Nel mese di luglio, con amici abbonati e lettori di Italia Che Cambia abbiamo visitato – e ve ne abbiamo parlato qui – gli ecomusei della Campania, finanziati con legge regionale e presentati nel mese di aprile. Fra i quattro ecomusei visitati c’era anche il MOSS – Museo Organico Sostenibile di Scampia. La visita a Scampia ci regala un vero sguardo da ecomuseo, perché siamo davanti a un patrimonio materiale e immateriale che possiamo vedere con gli occhi di persone che ci sono nate, come Mario, o che hanno scelto di impegnarcisi facendone anche il proprio lavoro, come Claudia.

Claudia è architetta e progettista dell’associazione Chi rom e chi no, è una delle ideatrici dell’ecomuseo e, forse non a caso, è stata anche tra le progettiste dell’ecomuseo cilentano di Transluoghi, selezionato fra i primi quattro della legge regionale. Mario è un designer e, diremmo oggi, anche un performer, per i suoi coloriti racconti: confinato dal Covid durante la preparazione della propria tesi, scoprì su internet che viveva nel quartiere con la densità di verde più alta d’Europa, ma soprattutto con il più grande numero di associazioni che operavano, sul territorio, proprio sotto casa sua. 

Non aveva avuto modo di saperlo e di accorgersene, forse perché, come lui stesso racconta, come molti abitanti di Scampia ammette di aver vissuto nella paura, per anni rinchiuso in casa. Una volta conosciuto questo mondo ci si è legato diventando parte dei giovani e delle persone che prendono coraggio ed escono da caseggiati che ospitano circa diecimila persone per incontrarsi e vivere tutto il quartiere – che di abitanti ne conta quarantamila – adottandone gli spazi abbandonati e familiarizzando in zone che erano discariche e ora sono diventate parchi. 

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Fulvio Mesolella (a destra) con un gruppo di abbonati e lettori di Italia Che Cambia in visita al MOSS di Scampia

Qui sono le persone del luogo che hanno dato un nome alle strade e ai giardini, raccogliendo firme e liberando tutto dall’immondizia, spesso con le proprie mani. Per esempio hanno creato e mantengono spazi per far giocare i bambini, i giovani, gli anziani, con campi gratuiti di padel, di bocce e di calcio, riparati dal traffico e adatti a passeggiare. E poi, grazie a un “professore di strada” operatore di Legambiente, Aldo Bifulco, si sta creando un “corridoio di verde per le farfalle” che attraversa l’intero quartiere.

E ancora: si è già creato un giardino chiamato Pangea, che rappresenta i continenti riuniti, con gli alberi e le essenze che provengono realmente dai luoghi rappresentati, con sullo sfondo del muro dello stadio i murales che rappresentano gli eroi mondiali della nonviolenza come Gandhi, Mandela, Luther King, ma anche quelli italiani come Danilo Dolci insieme ai napoletani Claudio Miccoli, Marco Mascagna e recentemente anche Pio Russo Krauss, tutti militanti napoletani della pace. 

Il MOSS di Scampia ha già tre anni di attività e le visite hanno coinvolto circa cinquemila ragazzi e alcune centinaia di adulti, provenienti non solo dallo stesso territorio, ma anche dal nord Italia. Gli itinerari spesso sono personalizzati a seconda degli interessi dei visitatori o delle attività in corso nel quartiere, ma in ogni caso iniziano sempre da Felimetrò, la fermata di Scampia-Piscinola, costruita sul confine tra il quartiere nuovo e un borgo antico. La fermata è dedicata a chi quel confine l’ha varcato per provare a dare un segno di presenza della società civile, proprio dove nasceva un quartiere in cerca d’identità e dove lo Stato era pericolosamente assente, lasciando spazio ai clan: Felice Pignataro. 

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Le vele di Scampia, transennate dopo lo sgombero

Scampia, che un tempo era l’orto e il frutteto a chilometro zero di Napoli, dagli anni ‘80 è stata resa fertile dalle tante idee che arrivavano dalla città, insieme agli sfollati del terremoto, ai deportati dei quartieri popolari del centro storico, alla mancanza di servizi. E quindi parliamo del Gridas, Gruppo risveglio dal sonno, creatura di Felice e di Mirella La Magna, sua moglie, e oggi di tanti altri volontari tra cui le stesse figlie di questa formidabile coppia. Sono entrati nel quartiere animandolo con i laboratori che per tutto l’anno preparano il carnevale, attività che oggi si è estesa a tutti i quartieri popolari di Napoli diventando carnevale sociale. 

Poi abbiamo L’Uomo e il legno, il laboratorio creato dal falegname e militante Vincenzo Vanacore, recentemente scomparso, che dà lavoro anche a diversi ex detenuti e tossicodipendenti. E come non accorgersi della grande quantità di installazioni d’arte disseminate dal Centro di salute mentale La Gatta Blu, fondato dallo psichiatra Sergio Piro per liberarci dai manicomi e curare davvero le persone nei loro quartieri e nelle loro famiglie, realtà che l’Azienda Sanitaria tra poco purtroppo chiuderà.

Sono le strade, le piazze, i palazzi di Scampia e ospitare questo ecomuseo diffuso: le architetture del quartiere richiamano il sogno della città ideale di Le Corbusier, a cui pure si ispiravano le sfortunate e ormai maledette vele o lo stesso “fortino” costruito in forma circolare per i dipartimenti infermieristici dell’Università degli Studi di Napoli e, non certo ultime, le attività pratiche rivolte ai ragazzi presso il Mammut da Giovanni Zoppoli e altri psicologi e pedagogisti. 

E poi ci sono le case editrici Voci di Scampia, che hanno pubblicato tanti testi dedicati al quartiere, e Coppola, l’editore dei “pizzini della legalità”. I gruppi teatrali come Arrevuoto e quelli sportivi, tra cui l’Arci, che coinvolgono i ragazzi “fisicamente”. E ancora si progettano comunità energetiche che saranno attivate fra il 2026 e il 2027. Le strade e le piazze portano i nomi di ragazzi del quartiere, vittime innocenti di camorra, come Antonio Landieri, cui è intitolato lo stadio, o Ciro Esposito, tifoso ucciso da un romanista estremista di destra, cui è dedicato l’enorme polmone verde – purtroppo chiuso in attesa di “messa in sicurezza” – detto il “Central Park” di Scampia. 

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L’ecomuseo ha la sua sede presso il ristorante Chikù, dove si cucina napoletano-romanì e si trova anche la sede dell’associazione Chi rom e chi no, originariamente fondata nelle baracche dall’avvocato Barbara Pierro. Il nome del progetto gioca non solo sull’integrazione dell’etnia rom, ma che sulla parlata napoletana – chi rom significa “chi dorme” – di una frase di Felice, resa celebre dal titolo di un libro di Giovanna Pignataro, sua figlia, pedagogista che scrive favole per bambini. 

Questa sede non solo è animata da installazioni video e mostre fotografiche che documentano quanto già descritto passeggiando per il quartiere, ma è anche attrezzata per conservare e presentare le attività “di restituzione” delle emozioni provate soprattutto dai ragazzi che vi transitano. Il MOSS è un sistema vivente, in continua evoluzione, integrato nel tessuto urbano e sociale di Scampia: ha messo insieme tutte le realtà che fanno sì che Scampia sia sempre in movimento.

Crearlo è stata una “mossa” rivolta a raccontare con presenze vive, di persone e manufatti che, nel quartiere che divenne famoso per la guerra legata al controllo delle piazze di spaccio, è in corso l’esperimento sociale decisivo che ne sta cambiando la vita in meglio, grazie a una forte affermazione della società civile. L’ecomuseo è visitabile in autonomia grazie alla cartellonistica e alle mappe diffuse sul territorio o, ancora meglio, con i suoi operatori in ogni momento dell’anno prenotandosi sul sito.