2 Ottobre 2025 | Tempo lettura: 8 minuti
Guide / Animali come noi: guida al benessere animale

Dalla strage al volo: la rinascita degli avvoltoi sudafricani

In Sudafrica decine di avvoltoi sono stati avvelenati. Ma perché questo accanimento contro un animale che ha un ruolo importantissimo nell’ecosistema?

Autore: Elisabeth Zoja
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In breve

Gli avvoltoi del Kruger Park in Sudafrica sono sotto attacco. Perché?

  • Lo scorso maggio decine di avvoltoi sono stati avvelenati e 116 di loro – la maggioranza appartenenti a una specie in via d’estinzione – sono morti.
  • Grazie all’intervento di un centro specializzato molti altri sono stati recuperati, curati e nel giro di un paio di mesi rilasciati in natura.
  • Gli avvoltoi sono fra le vittime più colpite dai bracconieri, sia perché interferiscono con le loro attività di caccia illegale sia perché le loro teste vengono pagate bene.
  • Questo è un grosso problema perché il loro ruolo in natura è fondamentale e influisce anche sul benessere della popolazione umana, come alcuni studi dimostrano.

Alle 6:05 del 6 maggio 2025, grazie al trasmettitore GPS attaccato alla zampa di un avvoltoio, l’Endangered Wildlife Trust – EWT, l’ente per la fauna selvatica a rischio – riceve un segnale di allarme: gli avvoltoi sono in pericolo e potrebbero non essere gli unici. Si trova nella Mahlangeni Section, una zona difficilmente raggiungibile nel cuore del Kruger Park, la più grande riserva naturale del Sudafrica.

Per le 8:20 un team di due ufficiali dell’EWT e sei rangers di South African National Parks (SANParks) giunge su quello che potremmo definire il luogo del delitto. Una carcassa di elefante era stata cosparsa di sostanze agrochimiche per avvelenare gli avvoltoi in massa. Per quale motivo? Gli avvoltoi non forniscono né carne commestibile – soprattutto se avvelenati – né avorio, né corna né pelli maculate.

Ma un bracconiere ha almeno due motivi per sterminarli, entrambi legati alla loro ottima vista: dipende dalle sottospecie, ma mediamente un avvoltoio è in grado di riconoscere oggetti medio-grandi fino a 7 chilometri di distanza. “Oggetti” come una zebra morta oppure – soprattutto – un altro avvoltoio. Così, se un animale muore e non vi sono predatori in zona – che ucciderebbero gli avvoltoi –, nell’arco di dieci minuti la carcassa può essere circondata da un centinaio di questi grossi volatili. Per il bracconiere questo significa rischiare che mangino l’animale colto nella sua trappola a laccio prima che possa andarselo a prendere.

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Gli avvoltoi avvelenati (EWT/SANParks)

Il secondo movente per ucciderli è il loro valore sul mercato nero: 2000 rand sudafricani – circa 100 euro – per ogni testa di avvoltoio. In diverse tradizioni sciamaniche infatti si crede che l’avvoltoio conferisca capacità predittive. A causa della sua potentissima vista, si pensa che veda cose che altri non vedono, quindi che possa vedere persino il futuro. Un nesso con l’avvenire effettivamente c’è, ma non così alla lettera: l’avvoltoio preserva il nostro futuro proteggendoci dalle malattie. Ma essiccare e successivamente inalare il suo cervello non ci aiuterà a prevederlo.

Dalla strage al recupero

Torniamo alla scena del delitto: cos’ha trovato il team di soccorritori? 116 avvoltoi morti, di cui 102 grifoni africani che sono considerati critically endangered, ovvero in pericolo critico di estinzione, la categoria più grave della lista rossa dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN). Altri 7 esemplari erano in fin di vita e 84 avvelenati. Come curarli? Nei decenni il Moholoholo Wildlife Rehabilitation Center, che si trova presso il confine ovest del Greater Kruger, ha sviluppato e diffuso un protocollo di cura degli avvoltoi che funziona nel 97% dei casi.

Trattandosi di un avvelenamento di massa, è stata la prima volta dall’esistenza del Moholoholo – fondato nel 1993 – che la direzione del Kruger National Park ha dato via libera all’uso di elicotteri per recuperare gli avvoltoi e ricoverarli. Altrimenti i circa 300 chilometri da percorrere in jeep e in parte a piedi, avrebbero allungato troppo i tempi. I primi trattamenti sono dunque iniziati in loco. In seguito gli 84 avvoltoi sono stati ricoverati presso la clinica di Moholoholo.

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Il momento della liberazione

Nei primi giorni dopo l’avvelenamento, un avvoltoio deve essere trattato ogni due ore. Un team di 9 veterinari dei Wildscapes Veterinary Services e Briner Veterinary Services e una ventina di membri del Moholoholo-team, tra cui i volontari, ha lavorato ininterrottamente per 48 ore.  In seguito i ritmi sono gradualmente rallentati, ma le cure complessive sono durate quasi due mesi. Degli 84 avvoltoi recuperati vivi, tre non ce l’hanno fatta, ma 81 sono completamente guariti e sono stati rilasciati nel corso del mese di giugno. Il rilascio dell’ultimo gruppo, a fine giugno, è stato un evento per la popolazione locale, riunitasi con danze e musica. 

Una vacanza “tracciata”

Uno di essi attualmente sta facendo una “vacanza” presso il  Delta dell’Okavango, in Botswana, che ha raggiunto passando per l’Angola, ovvero percorrendo 3.896 chilometri. Come lo sappiamo? Grazie a un trasmettitore GPS analogo a quello che aveva dato l’allarme. Questi 81 avvoltoi, ora tracciabili, si uniscono agli altri 230 trattati e rilasciati in Sudafrica negli ultimi cinque anni. L’uso di questi apparecchi di tracciamento ci può sembrare “innaturale”, tuttavia essi non sono invasivi – ad esempio possono essere attaccati alla zampa grazie a un anellino – e sono regolamentati: il loro peso non deve superare il 3-5% di quello dell’animale.

Si auto-ricaricano grazie a un mini pannello solare e forniscono informazioni preziose: oltre alla geolocalizzazione esatta dell’uccello, danno indicazioni sui suoi movimenti, sulla posizione del corpo e sulla temperatura, consentendo di capire quando l’uccello sta mangiando, riposando, se è coinvolto in un combattimento o appunto se è in pericolo di vita. Trasmettitori analoghi vengono usati sui rinoceronti per proteggerli dal bracconaggio.

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Un ruolo cruciale

Di 11 sottospecie africane, 7 sono attualmente classificate come a rischio. Principalmente a causa degli avvelenamenti secondari da bracconaggio, le popolazioni africane sono diminuite mediamente del 7% ogni anno dal 2015 al 2025. Per questo si parla di african vulture crisis, ovvero “crisi degli avvoltoi africani”.

Pur rappresentando la principale minaccia per gli avvoltoi, gli avvelenamenti secondari non sono però l’unica causa di morte non naturale. Le forme di caccia illecita sono molteplici: talvolta vengono colti nelle trappole a laccio – dispositivi usati dai bracconieri per catturare erbivori, di cui vendono la carne, o leopardi dal bel pelo. Se un’ala è rotta in un punto cruciale, la guarigione può essere molto lenta e impedire il ritorno al volo e dunque il rilascio in natura.

In quel caso entrano a far parte del santuario di Moholoholo. Significa che, invece di essere rilasciati, rimangono permanentemente all’interno della grande voliera in cui transitano tutti gli esemplari, dove rivestono due ruoli: da un lato fungono da base durante le visite guidate, dall’altro insegnano “i trucchi del mestiere” – in sostanza a sapersi imporre durante i pasti – ai compagni più giovani che da adulti potranno essere rilasciati. Attualmente gli apprendisti sono tre giovani grifoni africani. Alcune ferite però non permettono nemmeno l’entrata nel santuario: nella notte tra il 24 e il 25 luglio è stato ricoverato un grifone africano trovato in una trappola a laccio. Nonostante le massime cure, non ce l’ha fatta. 

Eppure gli avvoltoi hanno un ruolo importantissimo anche per la salute degli esseri umani, preservandoli dalle malattie. Ne abbiamo avuto conferma, a spese della nostra specie, dopo la morte di massa di milioni di avvoltoi a partire dagli anni Novanta in India. Nelle zone del paese dove prima vivevano gli avvoltoi, tra il 2000 e il 2005 i casi di mortalità sono aumentati del 4,7%, che vuol dire 100.000 di morti in più all’anno, complessivamente mezzo milione. È quanto emerge da uno studio condotto da Anant Sudarshan dell’Università di Warwick e Eyal Frank dell’Università di Chicago. 

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Il ristorante degli avvoltoi

In Sudafrica eliminare il bracconaggio sembra impossibile, ridurlo difficile: molte guardie di parchi come il Kruger, soprattutto se non corrompibili, vengono esposte a minacce. Quello che si può fare per gli avvoltoi, oltre a curare gli individui avvelenati, è sostenere gli individui sani. Il metodo praticato da numerose istituzioni sudafricane – incluso il Kruger e Moholoholo – si chiama “ristorante degli avvoltoi”. È semplicissimo: consiste nel portare i propri avanzi di carne in un punto raggiungibile dagli avvoltoi e lasciarli mangiare indisturbati. Basta farlo ogni giorno alla stessa ora e loro arrivano addirittura con anticipo.

Questo sostegno ha dato vita a un fenomeno finora inedito per gli avvoltoi africani, cioè un upgrade significativo di una sottospecie: i grifoni del capo, precedentemente considerati endangered, sono aumentati a tal punto da essere stati riclassificati come near threatened, cioè “prossimi alla minaccia”. Preservare gli avvoltoi significa preservare un equilibrio invisibile ma essenziale. Il loro aspetto, che a noi umani appare sgraziato, può essere un deterrente per la loro tutela. Inoltre svolgono un ruolo importantissimo e sono fra i pochi animali che mangiano carne senza uccidere quasi mai.

Ed è proprio nella loro “brutta” calvizie che risiede uno dei segreti degli avvoltoi: è questa che permette loro di penetrare la carogna, senza che il sangue – potenzialmente colmo di batteri – vi resti incollato. Senza gli avvoltoi la savana – e con essa le comunità umane che vi abitano – sarebbe esposta a malattie e squilibri ecologici. Proteggere questi animali dall’aspetto insolito significa tentare di “prevedere” il nostro futuro, preservandolo..

Vuoi approfondire?

Consulta anche la nostra guida al benessere animale.