Usa-Ue, cosa c’è nell’accordo quadro commerciale: la tregua sui dazi sarà pagata in fonti fossili, armamenti e tecnologia
In cambio della sospensione dei dazi USA, l’Europa si impegna ad acquistare fino a 750 miliardi di dollari in energia fossile americana e ad allentare normative su deforestazione, carbon border tax e due diligence aziendale.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno firmato il 21 agosto un nuovo “Framework Agreement” per regolare i rapporti commerciali transatlantici, con l’obiettivo dichiarato di garantire uno scambio “reciproco, equo e bilanciato”. Ma è veramente così?
L’accordo arriva dopo mesi di tensioni seguite al ritorno di Donald Trump alla presidenza americana, culminate con l’annuncio di dazi globali che minacciavano di colpire duramente anche l’Europa. È stato necessario un incontro d’emergenza tra Trump e Ursula von der Leyen, lo scorso luglio, per evitare l’escalation e negoziare una tregua commerciale.
Un Framework Agreement (o accordo quadro) è un tipo di intesa generale e non vincolante che stabilisce principi, obiettivi e linee guida per una futura cooperazione più dettagliata tra le parti. In pratica, è una cornice politica o tecnica dentro la quale si potranno poi negoziare accordi specifici e vincolanti.
Al centro dell’intesa c’è l’impegno dell’Unione Europea ad acquistare fino a 750 miliardi di dollari in gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti nucleari americani entro il 2028, a cui si aggiungono almeno 40 miliardi di dollari in chip per intelligenza artificiale destinati ai centri di calcolo europei. Si tratta di una mossa che garantisce agli Stati Uniti una posizione dominante nei flussi energetici e tecnologici dell’Europa post-crisi ucraina, ma che solleva interrogativi pesanti sulle ambizioni climatiche dell’UE.
Nel testo dell’accordo si afferma che la produzione statunitense presenta “un rischio trascurabile di deforestazione globale”, un passaggio che sembra costruito ad hoc per aggirare le nuove normative europee contro l’importazione di prodotti legati alla deforestazione. Forse, persino una retromarcia nascosta, che rischia di svuotare ulteriormente di contenuto gli impegni assunti con il Green Deal.
Oltre all’energia, l’accordo prevede una significativa espansione della cooperazione militare. L’UE si impegna ad aumentare l’acquisto di armamenti e tecnologie di difesa statunitensi, con l’obiettivo di rafforzare la compatibilità operativa tra le forze NATO. Una scelta strategica che segna un rafforzamento del legame transatlantico, ma che potrebbe innescare nuove tensioni tra i Paesi europei più legati alla difesa industriale comune.
Un altro punto chiave riguarda la sicurezza economica e tecnologica. Sebbene non venga mai citata esplicitamente, la Cina è l’elefante nella stanza. Il testo fa riferimento a misure per prevenire la “fuga di tecnologie verso destinazioni di preoccupazione” e alla necessità di coordinarsi su investimenti, controlli all’export e catene di approvvigionamento.
Gli Stati Uniti chiedono all’Europa di allinearsi agli standard di sicurezza tecnologica americani, in particolare per l’intelligenza artificiale, e spingono per una politica commerciale comune più aggressiva verso i Paesi con economie non di mercato.
Sul fronte climatico, invece, il linguaggio è molto più vago. Non si fa menzione di limiti alle emissioni, né di vincoli ambientali legati all’aumento delle importazioni fossili. Al contrario, l’Unione Europea si impegna a “rivedere” alcune delle sue normative più stringenti, come il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) e la direttiva sulla due diligence aziendale. Secondo Bruxelles, l’obiettivo è evitare impatti sproporzionati sulle piccole e medie imprese statunitensi; secondo molti osservatori, è un prezzo politico pagato per evitare l’imposizione di nuovi dazi.
Il Framework Agreement rappresenta una tregua strategica in un momento di forte incertezza globale. Ma mostra anche un’Europa disposta a sacrificare parte della propria autonomia normativa, climatica e industriale per difendere la stabilità commerciale con gli Stati Uniti. Il commercio internazionale torna a essere terreno di negoziazione geopolitica, e il clima, per ora, resta fuori dall’accordo.







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