Ancona ribalta Macerata: nessuna assoluzione per la violenza sessuale sulla 17enne
La Corte d’Appello di Ancona condanna a tre anni il 31enne assolto in primo grado a Macerata per la violenza in auto del 2019.
La Corte d’Appello di Ancona ha ribaltato la sentenza di assoluzione disposta in primo grado dal Tribunale di Macerata, condannando a tre anni di reclusione per violenza sessuale l’uomo oggi trentunenne, accusato di aver costretto nel 2019 una ragazza allora diciassettenne a un rapporto completo in auto. La difesa ha già annunciato il ricorso in Cassazione.
Nella prima sentenza, i giudici di Macerata avevano assolto l’imputato in virtù di un argomento molto controverso: aveva sostenuto che la giovane «aveva già avuto rapporti» e si trovava «in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione». In altre parole, aveva sostenuto che salendo in macchina la giovane poteva immaginarsi come sarebbe andata a finire. Una motivazione che aveva suscitato una forte reazione pubblica, perché mescolava pericolosamente la disponibilità a salire su una macchina con quella ad un rapporto sessuale completo.
All’uscita dall’aula di Ancona, l’avvocato della parte offesa, Fabio Maria Galiani, ha parlato di un segnale importante: «Dopo essere sprofondati nel Medioevo, ci siamo riavvicinati al 2025. È stato confermato il diritto della donna di decidere liberamente quale e quanta intimità concedere, senza diventare oggetto per aver dato un bacio». Il consenso è in effetti il principio cardine della normativa e della giurisprudenza italiane.
L’aggiornamento giudiziario si inserisce in un contesto in cui, nelle ultime settimane, il tema dell’educazione sessuo-affettiva è tornato al centro del dibattito pubblico, con proposte normative che ne limitano l’introduzione a scuola. In questo quadro, la decisione di Ancona viene letta da molte realtà sociali come un passo che chiarisce la distinzione fra affettività e consenso, rafforzando il messaggio che un “no” — espresso prima, durante o dopo le effusioni — resta un no, e che la credibilità della parola della persona offesa va valutata con attenzione e senza stereotipi.
La condanna espressa in appello dal Tribunale di Ancona non chiude automaticamente la vicenda, perché l’imputato ha facoltà di rivolgersi alla Cassazione per questioni di diritto; allo stesso tempo, la riforma della sentenza di primo grado ha un valore culturale e giuridico immediato, poiché riafferma che il consenso non si presume e non si deduce dall’aver accettato un passaggio, un bacio o abbracci.
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