Angola: 22 morti per lo sciopero dei tassisti, specchio del malcontento della popolazione
In Angola a causa dell’aumento dei prezzi del carburante, sono stati giorni di sciopero e proteste. Ma il malcontento nasconde altri motivi.
Malcontento popolare, brogli elettorali, repressione da parte della polizia e una società civile sempre più cosciente e combattiva. È questa la fotografia dell’Angola, paese dell’Africa animato in questi giorni da forte proteste contro l’aumento delle tariffe dei taxi collettivi e del costo della benzina, a loro volta generate dalla progressiva rimozione dei sussidi sui carburanti che il governo ha avviato nel 2023 in linea con i suggerimenti del Fondo monetario internazionale (FMI).
In realtà, non si tratta di veri e propri tassisti, sono conducenti privati chiamati “candongueiros” che guidano minibus. Nella capitale Luanda quasi il 90 per cento delle persone si sposta con i candongueiros. Il prezzo medio al litro del gasolio è salito da 300 a più di 400 kwanza, la valuta locale, ovvero da 0,28 a 0,38 euro. In Angola lo stipendio medio mensile è di 70mila kwanza, 66 euro, e l’aumento ha avuto conseguenze molto concrete. Trasportare le merci è diventato più costoso, sono aumentati i prezzi dei generi alimentari e degli altri beni essenziali.
Gli scioperi organizzati dai “candongueiros” sono degenerati in scontri nella capitale Luanda e in diverse altre province. Al momento si contano 22 morti, quasi 200 feriti e oltre 1.200 arresti tra le file dei manifestanti. I motivi sono diversi e per comprenderli bisogna guardare al passato. Il presidente João Lourenço è succeduto a sua maestà José Eduardo dos Santo che ha governato l’Angola per 38 anni consecutivi senza mai essere eletto direttamente dal suo popolo. Ha messo in piedi un sistema repressivo molto efficace, creando una rete di privilegi fra le élite politiche e militari.
Fasti e ricchezze da un lato e povertà estrema dall’altro. L’Angola è sempre stato uno dei paesi più poveri dell’Africa nonostante, insieme alla Nigeria, sia il primo produttore di petrolio del continente, oltre a possedere diamanti e oro. Oggi circa metà della popolazione angolana vive in povertà, in otto anni la miseria è cresciuta di oltre l’80% secondo alcune stime e in alcune zone del paese, specialmente nel sud, la fame è una realtà consolidata a causa della siccità estrema.
Il nuovo governo di Lourenço, eletto per la prima volta nel 2017 e poi confermato nel 2022, non ha saputo rispettare le promesse iniziali. Le politiche di lotta alla povertà sono state inesistenti aumentando la diseguaglianza sociale. Non è quindi solo questione di povertà. Le mobilitazioni economiche e di settore sono un pretesto per opporsi al regime di Lourenço. Il governo dell’Angola è espresso dallo stesso partito, il Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (di centrosinistra), da cinquant’anni, da quando nel 1975 il paese ottenne l’indipendenza dal Portogallo.
Le ragione delle proteste dunque sono da ricercarsi nel peggioramento delle condizioni di vita nel paese e nell’ostilità verso il partito di governo che in questi anni non ha mantenuto gli impegni annunciati. Gli angolani non tollerano più il sistema di potere in atto da decenni, vedremo quale sarà l’esito delle prossime elezioni previste per il 2027.







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